mercoledì 11 marzo 2020

L'ultimo ballo di Charlot - Fabio Stassi

Incipit: E poi c'era sempre qualcuno che girava la manovella...
La macchina sfrigolava, proprio il suono di un uovo sui fornelli, la croce di malta si metteva a ruotare, insieme alle pale dell'otturatore, e la pellicola avanzava a scatti, come un ciclista sulla curva di una pista: pedalate lente, sudore, l'occhio attento, e infine il tuffo...
Una spada di luce che tagliava il buio. 

Questo blog è intitolato a una delle mie passioni, Charlie Chaplin, eppure finora, in ben cinque anni, non ho dedicato un solo post a questo genio dell'arte. 
Lo faccio recensendo questo piccolo e stuzzicante libro uscito qualche anno fa, acquistato da molto tempo e finalmente letto. 
Immaginate di assistere, seduti in platea, a una serie di divertenti scenette che mostrano il grande Charlot e la Morte, incappucciata secondo il più classico dei cliché. 
Immaginate che la Morte si presenti a ogni Natale negli ultimi anni di vita di Chaplin con l'intento di portarlo con sé, mettendo fine a una lunga e prolifica esistenza. Poi immaginate che Chaplin, indossando idealmente la maschera di Charlot, cerchi di farla ridere e la porti a desistere dal suo intento, così come recita la scommessa fatta dai due, rimandando il fatale momento all'anno successivo.
La Morte, che cerca di non farsi ammaliare da un vecchio Charlot ormai arrugginito e senza più la verve dei suoi anni migliori, casca di continuo nel tranello del più grande comico di tutti i tempi, ma del tutto casualmente. Un gesto inatteso, un inciampo, una boutade irresistibile, ed ecco che la nera signora si convince a lasciargli vivere un altro anno ancora. 

Questi incontri sono scritti come una drammaturgia, come se avessimo dinanzi un copione teatrale, poi Chaplin/Charlot entra ogni volta nel vivo del racconto, ripercorrendo gli anni difficili, quelli dei suoi esordi prima nel mondo del circo e poi dello spettacolo. 
Sarebbe impensabile narrare tutta una vita, così Stassi decide di soffermarsi sugli inizi, i momenti difficili, la fame, gli espedienti. 
Scopriamo così che Chaplin, dopo un periodo nel circo e poi nel varietà di Fred Karno, si imbarca per gli Stati Uniti, lasciando un pezzo di cuore nella natìa Inghilterra. Da lì, una serie di avventure e disavventure, le basi di un successo che diventerà in pochi anni planetario. 
Non mi dilungherò nel riassumere il testo, piuttosto mi soffermo su alcuni aspetti che ho desunto dalla lettura di questo libro. 

Quando si dice possedere le physique du rôle
Un giovane Charlie Chaplin
  • Se Chaplin è diventato il celeberrimo artista che è stato, ciò è dovuto a un mix perfetto di: doti innate, strenuo lavoro sul proprio fisico, capacità di saper cogliere in ogni esperienza un'occasione di crescita personale e artistica. 
  • Riguardo alle doti innate: Chaplin aveva il "fisico giusto", ossia era di fatto perfetto per tutti i ruoli da lui costruiti o che gli furono assegnati. Lo sguardo è stato da sempre il suo punto di forza, qualcosa di comico ma anche di struggente, malinconico. In tal senso, Chaplin e il "vagabondo" Charlot sono un tutt'uno. Chaplin è anche infaticabile, ha un fisico piccolo, nervoso, scattante. Un carattere forte, ma altresì in grado di adeguarsi a situazioni anche estreme. 
  • Chaplin ha un talento poliedrico, ma sa riconoscere le occasioni in cui possa esprimerlo. È disposto anche a fare l'impagliatore, il panettiere, lo sbrigafaccende, mestieri lontani dal mondo dell'arte performativa, non solo per sbarcare il lunario, ma vedendo in ogni segmento d'esperienza il "luogo" ideale in cui esprimere la propria straordinaria capacità di comunicare e di inventare. 
  • È sensibile. Incline anzi alla malinconia, impigliato nel pensiero per una madre vittima di crisi depressive, ma anche aggrappato al ricordo della fanciulla che gli ruba il cuore da giovanissimo. E soprattuto non dimentica. Il clown Marceline, colui che possiede la "scatola magica" nella quale si cela l'invenzione del cinematografo, è il suo pensiero costante, in certo senso il mentore involontario che gli ha svelato suo malgrado il segreto ultimo dell'arte. 

Il segreto ultimo dell'arte. 
Ma qual è questo segreto? Questo è l'aspetto che di questo libro mi è piaciuto sopra ogni cosa. 
Non siamo dinanzi a una biografia di Chaplin, piuttosto se ci aspettassimo questo, resteremmo assai delusi. La scrittura è vivace e ben congegnata ma la sensazione è che la storia sia frammentaria, monca in certo senso. 
Eppure c'è qualcosa che si desume dopo aver chiuso l'ultima pagina, in ciò l'autore non tradisce le aspettative. Offre anzi una visione particolare. 
Cercherò di spiegarmi. 
Nelle sue numerose avventure, il giovane Chaplin va delineando un quadro, uno scenario, che ci dà la misura del mondo dello spettacolo di inizio Novecento. È il ritratto di una moltitudine di artisti disposti al massimo sacrificio di sé per arrivare al successo o anche solo per conservare ciò che già possiedono. 
Quel mondo, che si tratti del circo di trapezisti, saltimbanchi e clown, oppure di quelle maestranze che pullulano attorno al grande business del cinema, palpita di vita, di sogni, di ingegno. 
Gli artisti sono immersi in un mare spesso in tempesta, che tradisce i loro sogni o regala loro approdi inattesi, ma il "sottotesto" è sempre lo stesso: c'è una nota malinconica a fare da leit motiv
L'epilogo di Chaplin/Charlot è inevitabile, pur restando aggrappato a una vita amata e vissuta fino in fondo, sotto i riflettori o nel privato di una grande famiglia. 
L'ultima nota struggente non giunge in uno scenario che ne ha conosciute solo di allegre, tutto il contrario. Chaplin/Charlot sa, ha sempre saputo, che quello scenario fittizio, di celluloide, comico tragico e indimenticabile, nasconde in sé e conserva gelosamente una caducità inevitabile
Ecco, questo secondo me è il nucleo di questo piacevole libro.

Una citazione, dal capitolo in cui il giovane Chaplin è al suo primo incarico nel cinema.
Siamo nell'epoca del muto.
Scrive la sceneggiatura di "David Copperfield" e ne trae un cortometraggio, ma in sostanza deve anche pensare alle scenografie, fare da regia a tutto il cast, insomma crearlo ex novo.
Sulla recitazione abbiamo una pagina davvero gustosissima e dal momento che questo è mio pane, ne riporto qui un passaggio, quello che è la summa della vera recitazione.
... volevo anche dall'ultimo figurante la massima economia di movimenti. Gli stavo chiedendo di essere naturali, di non mettersi in posa e di non andare mai sopra le righe. A quasi settant'anni di distanza da quella mattina, continua a infastidirmi la confusione che si fa tra recitazione ed esibizionismo. Ho speso una vita a tentare di dimostrare che un attore è un'altra cosa, una cosa silenziosa e piccola, ma piena di espressione, senza forzature e senza protagonismi o mistificazioni. 
L'indimenticabile "maschera" di Charlot 
Conoscete questo immenso artista? Cosa vi piace di questa maschera comica e malinconica insieme?

21 commenti:

  1. Conosco Chaplin come lo conosce il mondo intero, per la sua fama planetaria e per la sua figura a dir poco iconica; ma non essendo mai stata una cultrice del cinema e del teatro - pur ammirando entrambe queste forme d'arte - devo ammettere di non avere una conoscenza approfondita dei grandi nomi del settore, Chaplin compreso (ahimè). Nonostante questo (o proprio per questo), il libro di Stassi mi aveva incuriosita tanto quando se ne chiacchierava ai tempi della sua pubblicazione. Purtroppo non è ancora capitato sugli scaffali della mia libreria, ma se ne parli bene tu è un testo che senz'altro merita, anche solo per avvicinarsi un po' alla vita di questo grandissimo artista.

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    1. Ciao, Julia. Ti consiglio, per avvicinarti a questo grandissimo artista, di vedere il bel film "Chaplin" con Robert Downey Jr. nel ruolo di protagonista. Fu davvero una bella opera celebrativa.
      Poi ti consiglio di vedere l'indimenticabile "Luci della ribalta" che secondo me è il suo capolavoro.

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    2. Ti ringrazio molto per i consigli, li seguirò senz'altro :)

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  2. Leggendo la tua introduzione, ho visto me stessa a parti ribaltate: ho amato questo romanzo, eppure di Chaplin non ho mai visto nulla. Grande carenza, lo so, ma i film troppo datati non mi hanno mai attirata, quindi non ho ancora colmato questa lacuna.

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    1. Conoscendo la tua sensibilità, ti dico corri a colmarla. :)
      Perché la più grande cinematografia mondiale, per quanto datata, ha molto da raccontare. Piuttosto il più grande cinema si può dire morto negli anni Novanta, quindi abbiamo bisogno di attingere al passato.

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  3. Infatti mi sembrava strano non vedere nessun post su Chaplin su questo blog intestato a lui. ;)

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    1. Beh, ma ora mi devi scrivere cosa pensi di Chaplin, mica te la cavi così. ;)

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  4. "Ho speso una vita a tentare di dimostrare che un attore è un'altra cosa, una cosa silenziosa e piccola, ma piena di espressione, senza forzature e senza protagonismi o mistificazioni. "
    E' questa la grandezza di Chaplin, ciò che è passato in me, piccola apapssionata di quelal figura buffa e beffarda con una bombetta, i baffetti e i piedi lunghi e aperti, segno di una vita che nel suo mutismo voleva arrivare agli altri, alle persone, in silenzio, sommessamente. Chaplin è stato un gigante perché in un mondo brutale come quello in cui ha vissuto, ha saputo vedere la bellezza nella povertà, il volto mascherato dell'orrore prima degli altri (insuperabile il suo Hitler). Ho sempre pensato che avesse vissuto una grande sofferenza e che in seguito l'avesse accompagnato per sempre, come una sorta di cicatrice indelebile. Da lì credo arrivi la sua grande arte. Questa biografia accende una luce sull'uomo. Grazie per averla suggerita, era ora che parlassi di lui su quetso blog!

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    1. Bellissimo questo tuo commento. Adoro leggerti, Elena.
      Concordo sulla tua visione di questo "gigante", che dovette avvalersi del suo talento per arrivare a un pubblico di ogni epoca, senza l'uso della parola, ma attingendo a un'espressività senza eguali.
      Il monologo di Hitler - oltre alla celebre scena del gioco con il globo - è una di quelle cose che, ad ascoltarla oggi, trovi estremamente attuale. Ed è questo il nucleo del genio. L'essere trasversale a ogni epoca, saper parlare attraversando il tempo. Come può esserlo stato Shakespeare con la sua scrittura.

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  5. Questo è un libro che mi ha consigliato qualche anno fa anche Cristina e pure la tua recensione è stata molto bella, sentita, e fatta di quei "tecnicismi" che rivelano quanto tu ci sia "dentro" questo mondo, che è insomma l'altra faccia della medaglia della vita!

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    1. Mi sono divertita a guardare questo particolare aspetto della narrazione. Mi è stato inevitabile.
      Grazie per avere apprezzato, Michela. :)

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  6. Conosco Chaplin dai tempi in cui andava in onda il sabato all'ora di pranzo con dei film muti di breve durata (non so come chiamarli), avrebbero dovuto essere comici invece per me avevano un tratto molto malinconico. Mi ha sempre colpito quel suo sguardo con quella sua espressione unica che lo ha reso celebre. Mi è piaciuto molto il film Luci della ribalta anche se confesso che il ricordo non è così nitido, avrei bisogno di rivederlo.

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    1. Ah, quel tratto malinconico... lo trovo meraviglioso.
      Il Vagabondo è una maschera in fondo tragica, contiene in sé quella malinconia insita nell'uomo, si serve di un codice universale per rappresentare quel tratto inevitabile di sofferenza.

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  7. Molto bello questo tuo post. Mi pare che l'autore del libro sia riuscito nel suo intento. Non è facile dire qualcosa di nuovo su personaggi tanto famosi.

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  8. Ho visto tutti i film di Chaplin, sia quelli appartenenti all'epoca del muto sia quelli parlati, perché a mio parere era genialità pura. Ricordo alcune scene formidabili, come lui che, ne La febbre dell'oro, si trova isolato in una capanna e si mette a mangiare la scarpa con tanto di stringhe. O un'altra scena in cui pattina sul sopralzo di un saloon arrivando pericolosamente vicino al bordo, con leggerezza e incoscienza. Peraltro, mi piace molto anche Buster Keaton, dove la malinconia è assai più palpabile.
    Chaplin comunque ha avuto una vita assolutamente romanzesca.

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    1. Ricordo le scene che hai citato, e ci aggiungo quella in cui lui è un operaio di fabbrica in Tempi moderni, le tantissime scene esilaranti dietro le quali lui racconta anche altro. L'uomo asservito alla macchina, l'omologazione. Ecco, saper utilizzare il linguaggio muto del mimo per far ridere e poi per far sì che nello spettatore resti quel sapore agrodolce della riflessione.
      È geniale, sì.
      Ho amato moltissimo Buster Keaton, da bambina guardavo una trasmissione in cui presentavano una piccola delle sue comiche, verso sera.

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  9. Belissimo post, complimenti. Devo assolutamente leggere quel libro. Charlie Chaplin è un attore di grande espressività ed e abilità, capace di dare una grande prestazione anche nei piccoli gesti (cosa che nel cinema muto era fondamentale per dare al pubblico il senso della vicenda).

    Ogni tanto a notte fonda mandano qualche sua pellicola. Le guardo sempre ben volentieri assieme a quelle di Buster Keaton e del duo Stanlio e Ollio.

    HO visto diversi suoi film e il film biografico di Robert Downey Jr

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    1. Chaplin, Buster Keaton e il duo Stanlio e Ollio sono stati autentiche perle dell'epoca. Non è un caso che siano esplosi proprio negli anni del muto, dove solo i maggiori mimi e comici dell'epoca avrebbero potuto farsi un nome.
      Grazie per avere apprezzato. :)

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  10. Con Chaplin ridi duramente il film, o il corto, nelle scene comiche ben studiate, ma poi quando è finito ti rendi amaramente conto che non c'era proprio niente da ridere...
    Ho visto il film Charlot con Robert Downey Junior e l'ho trovato memorabile. Non so se ricalchi bene la vita dell'attore Chaplin, ma Robert Downey Jr. è stato magistrale, lo trovo molto somigliante a Chaplin, anche le due vite sembrano affini per alcuni trascorsi. :)

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    1. Sì, ti lascia sempre quel gusto agrodolce e quella vena di malinconia.
      Anche a me l'interpretazione di Downey Jr piacque moltissimo. Lui anzi è un attore grandissimo che si è messo a far marchette coi supereroi, peccato.

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