sabato 8 dicembre 2018

Essere onesti coi ragazzi è sempre la mossa vincente.

Laboratorio 2015-2016 (foto di Alessandro Borgogno)
Come molti sanno, ho la fortuna e il privilegio di tenere da anni un laboratorio teatrale per ragazzi.  

Tralasciando i diversi laboratori che ho tenuto nelle scuole, sia come docente interna che esterna, ho cominciato a tenerne nelle parrocchie una quindicina di anni fa, per poi lavorare per una scuola di danza, poi per un'associazione quando ancora non avevo ancora fondato la mia. 

Fino alla nascita della mia creatura, Carpe diem. Teatro e altre arti, di cui ho parlato anche qui, che ha aperto una stagione del tutto nuova fra progetti per i ragazzi e produzioni della Compagnia. Di fatto, la mia attività nella nobile arte drammatica si è moltiplicata, gli impegni si sono fatti più gravosi, ma l'eccellenza dei risultati (ribadita dai tanti che ci seguono fedelmente) non si è fatta attendere. La fatica è tanta, ma il prodotto poi ripaga di tanto impegno. 

I laboratori di recitazione per ragazzi sono tanti, disseminati sul territorio fra Roma e i Castelli se ne contano a centinaia. Alcuni rappresentano l'eccellenza, come le accademie accreditate dalle quali escono ragazzi con diploma spendibile in ulteriori studi magari all'estero. La maggior parte invece sono laboratori di piccole e medie associazioni culturali, dalle quali, strano a dirsi, sono venuti fuori ragazzi che lavorano in produzioni televisive e/o cinematografiche. 
Questo per dire che, a dispetto di quanto comunemente si crede, non sempre frequentare una grande accademia è sinonimo di approdo nel mondo dell'arte, anzi.

Il mio metodo di insegnamento
Esercizio soprannominato "Valmont"
Non è facile individuare il metodo giusto da adoperare con un'età che va dai 14 ai 17/18 anni. Si tratta degli anni più delicati della crescita, quelli dell'adolescenza, in cui il carattere cerca un suo assestamento, il fisico si trasforma, l'umore è mutevole. 
È noto che i ragazzi a questa età siano difficili da gestire, oltretutto sono anche molto selettivi. Sviluppano il senso del gruppo, molti di essi indulgono in atteggiamenti di sfida, non prendono un impegno serio, sono "irregolari", spesso strambi. Possono adorarti come detestarti apertamente. 
Ecco, ciò detto, essere scelta è già un traguardo raggiunto. 

Si sa, ogni laboratorio termina con uno spettacolo, ogni anno quindi a un certo punto del percorso il laboratorio si trasforma in una lunga serie di prove. A poche settimane dallo spettacolo, le prove diventano una battaglia
Sono estenuanti. Bisogna correggere, limare gli errori, asciugare i gesti, far coincidere gesto e musiche. Peter Pan, per esempio, è stata un'impresa titanica, come ho raccontato qui

E durante la fase laboratoriale cosa si fa?  
Sapete qual è la cosa più difficile da ottenere dai ragazzi? Che imparino nel giro di una settimana un testo anche brevissimo. O che studino un paio di paginette di dizione e pronuncia. Mi correggo, non è impossibile ottenerlo, e non tutti sono "sfaticati" o "disorganizzati" e pertanto non metodici. 
Lo si può ottenere dal 50% del gruppo, mentre gli altri non mostreranno abbastanza interesse o esigeranno una proroga. E sì che vanno anche anche a licei piuttosto impegnativi, non potrei chiedere di più. 

Qui interviene il mio particolare "metodo". Inutile pretendere che imparino pagine intere, già lo fanno a scuola, qui si tratta di rendere loro il percorso agevole, divertente, coinvolgente, e anche edificante, costruttivo. Schiaccio il pedale dell'emotività, punto sull'espressione di sé, con esercizi o mini progetti che diventano ogni volta qualcosa di straordinario. Mi invento esercizi sempre nuovi. 
Sì, perché si tratta di metterli di fronte alla Coscienza, per dirne una. E lì si svela già un mondo interiore, anche se stanno interpretando un personaggio. 

Uno degli esercizi più amati è "L'ora d'aria". Io mi metto al centro, sono la Coscienza, mentre loro camminano in circolo. La Coscienza punta a turno uno alla volta, dice "stop", parla con lui/lei e pone due domande "perché?" e "cosa hai fatto?". Credetemi, vengono fuori storie dal nulla. Il grosso è inventato, dopotutto sono "reclusi di un carcere e in momentanea libertà", ma poi qua e là affiora la verità, uno scampolo di ricordo, un fremito. 
Sono venuti fuori momenti che non si possono raccontare semplicemente a parole. 

Un piccolo sasso si racconta
Altra prova è "Valmont". Si tratta di realizzare pari pari la scena struggente della separazione tra Valmont e Madame de Tourvel, scena tratta dal celebre (e bellissimo) film di Stephen Frears dell'88. Lì c'è poco da inventare, in realtà si giocano la credibilità. Non si può essere strutturati, patetici, melodrammatici. Si deve essere credibili, deve trasparire il dolore di Valmont dietro le sue parole implacabili, così come la struggente incredulità di lei. Ci riescono in pochi, ma è una prova efficace e ci si impegnano molto.

Ieri hanno realizzato un altro esercizio: "L'oggetto parlante". Ho detto loro di preparare un oggetto particolarmente significativo e di immaginare che possa prendere la parola e raccontarsi. 
Possono utilizzare solo la voce, devono nascondersi e rendere visibile solo l'oggetto, illuminato da una lampada. Ebbene, si è svelato un mondo interiore molto profondo, forte. La maggior parte del gruppo ha lavorato su aspetti anche dolorosi del proprio vissuto, scegliendo eventi legati all'oggetto e mettendosi letteralmente "a nudo". 
Il luogo del laboratorio, la sala in cui ci riuniamo, incastonata in un borghetto a sud della capitale, sembra diventare il centro del mondo, uno svelamento di Verità, del segreto delle cose. 

Al termine di ciascuna di queste prove, i ragazzi attendono il mio giudizio. Uno degli aspetti che caratterizza il mio metodo, il mio approccio da educatrice e insegnante, è puntare sempre sulla sincerità. Loro sanno, e apprezzano tanto questa cosa, che da me otterranno sempre la verità, mai la piaggeria, l'approvazione incondizionata. 
Quando fanno bene, e soprattutto quando fanno molto bene, lascio che traspaia la mia emozione, la mia fierezza. Quando non si impegnano, traspare la mia disapprovazione, senza sconti. 
Insomma, uno dei punti cardine del mio metodo è l'onestà, l'essere pienamente me stessa pur vestendo i panni del maestro dinanzi ad allievi di un laboratorio verso il quale hanno un impegno economico, familiare, personale. 

Non credo che potrei esercitare un metodo squisitamente "accademico" in questo ambito così particolare. I ragazzi hanno in sé uno spazio immenso al quale attingere, perché si possa dire "e-ducare", trarre da sé il meglio che possano offrire. 
Il teatro diventa occasione di crescita, confronto, condivisione, non esclusivamente di divertimento ed esibizione

Cosa pensate di questo particolare metodo di insegnamento della recitazione? E della verità a ogni costo? 

28 commenti:

  1. Credo sia giusto. Le critiche possono ferire, ma aiutano a crescere, e i ragazzi anche se sono ancora molto giovani questa cosa già la capiscono. Mia figlia quando fa dei disegni chiede sempre a me cosa ne penso perché la mamma e la nonna gli dicono sempre "bellissimo!" io invece magari trovo dei difetti e glieli faccio notare, e lei dice che i miei commenti "negativi" la aiutano a capire in cosa può migliorare.

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    1. Esattamente, Ariano. Mi capita di imbattermi in alunni che magari, usciti dalle elementari, sono abituati a sentirsi dire che sono eccezionali, bravissimi, ecc. invece hanno ancora tanto da imparare, da smussare, da capire. Il patto è immediato. Non faccio sconti, ma è bene saper anche gratificare quando fanno bene. Questo è fondamentale.

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  2. Io sono d'accordo con quello che hai scritto. Crescere con l'arte da sempre i suoi effetti positivi. Li canalizza, così evitano di perdersi nello squallore che alberga in molti loro coetanei.

    Sincerità a tutti i costi? Dipende. Non sarei così assolutista. Va da soggetto a soggetto. I ragazzi non sono tutti uguali.

    Complimenti ♡ io apprezzo quello che fai.

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    1. Grazie. È ogni volta una prova anche per me, ma è qualcosa che può dare grande soddisfazione. E i ragazzi sanno essere eccezionali.

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  3. Ancora complimenti vivissimi per il tuo progetto, ti ammiro molto.

    Hai ragione, l'onestà è fondamentale altrimenti sarebbe impossibile comprendere in cosa si sta sbagliando (poi ci sono persone come me che per testardaggine non si sentono soddisfatte se non si spaccano le corna contro un muro prima di ammettere l'errore). Sopratutto oggi dove si tende a ovattare ogni errore pur di non offendere o dare un dolore.

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    1. Dici bene, non si sa né dire "no" né esprimere un giudizio aperto, sincero, anche duro all'occorrenza. Invece, i ragazzi non chiedono altro. Sia chiaro, non apprezzerebbero essere giudicati tanto per, invece quando sono consapevoli di un patto che si instaura fin dal primo momento, allora si lasciano guidare. Hanno bisogno di mettersi alla prova, ma anche di un adulto che non faccia sconti. Credo, e l'ho capito però solo con l'esperienza, il tempo, che sia la chiave giusta, o una delle possibili, per partecipare all'educazione di questi adolescenti.
      Grazie per la tua stima.
      Sei quindi piuttosto orgoglioso, beh, i maschi del gruppo di teatro sono come te. Però sono anche di quelli che se vogliono "spaccano tutto". Li adoro.

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  4. Più che "non fare sconti" il tuo metodo consiste nel dare tutto. Tu Luana dai tutta la tua bravura, la tua grande passione, la capacità di ascolto, la critica schietta che solo chi vuole il bene dell'altro sa condividere. Spesso i ragazzi vivono situazioni in cui non ci si aspetta nulla da loro. Qui tu invece li metti di fronte a se stessi e a tutto l'enorme potenziale che possono esprimere. Gli insegni a dare tutto. Grazie!

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    1. Queste parole sono l'esatto opposto del contenuto del discorso di una madre, sentita stamattina durante il ricevimento. Una madre che non ritiene che "insegnare a dare tutto" sia così necessario, anzi, a volte può rischiare di essere una forzatura. Cara amica, questo per dirti che col tempo ho imparato a riconoscere questo metodo, questo approccio, anche come un fallimento.
      Ci sono ragazzi perfettamente in grado di afferrare un'opportunità, cogliere l'aiuto, riconoscere in un insegnante "diverso" una possibilità di crescita, almeno un aiuto nel percorso di crescita. Mi sforzo di essere l'insegnante che avrei voluto per me e che non ho mai avuto la fortuna di conoscere. Ascolto incantata chi ha avuto questa fortuna (ultimamente ho conosciuto una persona che ha avuto come professoressa perfino la Scuccimarra, pensa cosa sarà stato) e allo stesso tempo devo mettermi continuamente in discussione, perché la materia che si "maneggia" è talmente fragile... Se ragazzi che hanno scelto un percorso teatrale con me accettano il patto, può avvenire che in cattedra accada l'esatto opposto, ci sono ragazzi che percepisco vorrebbero un'insegnante più "istituzionalizzata", forse pensano si sentirebbero più al sicuro, non "pungolati", non "provocati". Io invece provoco, pungolo, stuzzico, sto addosso, faccio pressing, perché... diamine, ci tengo. Sento che il mio compito è esattamente questo, non posso venirvi meno. Ma devo stare attenta a distinguere chi, e può capitarne uno ogni tre anni, non vuole questo, vuole invece un approccio tradizionale, perché non ha il "carattere" giusto per capire, se ne vuole restare nel suo angolo, a ha diritto di farlo, altroché.
      La mia fortuna è avere incontrato persone come quelle con cui mi confronto da qualche anno in qua, aver trovato un baricentro, vedervi tutti coloro che sono disposti ad accettare il patto e hanno l'intelligenza e lo spirito di vedervi un sentiero da percorrere.
      Tutto questo non sarebbe possibile senza le persone giuste, e io ho le persone giuste con me, fra ragazzi e famiglie dei ragazzi.

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  5. il rischio è di trovarsi come quegli insegnanti di allievi poi diventati famosi che avevano detto "lascia perdere, cambia mestiere" :-)
    però è un rischio da correre, per chi è insegnante
    (io ero e sono negatissimo, sono di quelli che non si sarebbero mai nemmeno iscritti)

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    1. I ragazzi non pensano a un mestiere nella recitazione. Il laboratorio per loro è un'attività come lo sarebbe fare sport, fare danza, solo che hanno scelto di fare recitazione. Alcuni seguono un anno e poi non fanno più teatro perché è faticoso, perché non li diverte più. Alcuni la vivono come una novità e nulla di più. Poi c'è il nerbo del laboratorio, i ragazzi che hanno "bisogno" di fare teatro, perché è un luogo dove dimostrano quello che sono e sanno, dove sfogano pulsioni, frustrazioni, dove si mettono alla prova con prove difficili da affrontare. Il tutto con un "maestro" che li tiene sempre sulla corda. Ecco.
      La mia non è un'accademia di recitazione, è un laboratorio teatrale sulle emozioni.

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  6. Penso che i tuoi corsi siano meravigliosi, e sono sicura che i ragazzi, già ora consapevoli del valore dell'esperienza che proponi, lo saranno ancora di più in futuro. Stai facendo loro un dono speciale.

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    1. Lo spero. So che è un pezzetto di vita di insieme, beh, vorrei che diventasse un importante pezzetto di vita. :)

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  7. Mio dio Luz, fai una lavoro meraviglioso con questi ragazzi. Adoro l'esercizio dell'ora d'aria, mi pare così fecondo e utile per loro, sotto molti punti di vista. Quanto alla sincerità sono titubante: credo nella forza della verità ma mi chiedo a quell'età cosa possa produrre una critica negativa, specie su qualcosa di così delicato che è il materiale con cui lavori: loro stessi.

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    1. Il punto è che i ragazzi possono stupire a riguardo. Li immaginiamo come vasi di cristallo o vetro soffiato, tendiamo a proteggerli da tutto. Invece sono delle macchine da guerra quando vogliono esserlo. Il teatro è uno strumento che li avvicina alla consapevolezza di sé, ma detestano la piaggeria. Lo si per certo perché nella scuola di danza in cui lavoravo, c'erano maestri che non facevano che sorridere e applaudire, loro non si sentivano di stare crescendo, e coglievano l'ipocrisia di un atteggiamento. In sostanza, sono stati proprio loro a portarmi verso questo metodo, perché esigono la verità, e sostanziano il loro percorso esclusivamente con la verità.

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  8. Bellissimo esempio di sensibilità unita al talento e all'intelligenza. Non è facile essere autorevoli con i giovani, abili come sono a scoprire l'ipocrisia. La tua onestà è ciò che più apprezzano, senza dubbio. I metodi innovativi che metti in campo li aiutano a scoprire se stessi, innescando un percorso che li renderà consapevoli dei propri punti di forza e di debolezza. Complimenti per tutto!

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    1. È esattamente questo, giusto. Quello che spero è che valga come aiuto di natura psicologica, per capire, migliorarsi, trovare una propria identità.

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  9. Caspita è come se tu avessi in mano uno spartito bianco e stessi scrivendo le note per un bellissimo concerto su ogni ragazzo, o meglio stai dando a ognuno di loro questo grande dono. Tu insegni opportunità non solo teatro. Bravissima!

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    1. Mi piace questa metafora musicale. Grazie, Nadia. :)

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  10. Mi è piaciuto molto il tuo post. È la terza volta che tento di commentare, tra chiusure improvvise e crolli di rete, quindi alla fine non ricordo neppure più cosa volevo dire in origine...
    La recitazione è un mondo a me estraneo su cui hai aperto una bella finestra. Credo che i tuoi ragazzi apprezzino proprio la sincerità. In generale gli adolescenti hanno un grande senso di giustizia (a volte mal indirizzato) e nulla li ferisce di più di un complimento fasullo.

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    1. Tu che sei insegnante, lo sai bene, comprendi a fondo quello che intendo.
      Molta parte di quello che succede durante questo laboratorio, finisco per metterlo in pratica anche in cattedra. È inevitabile. Ma come scrivevo più sopra, lì la cosa può diventare un'arma a doppio taglio per alunni che non colgono il senso del mio messaggio.

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  11. Allora, parto dal presupposto che ti ho letta con molto molto interesse. Io ne so veramente poco di recitazione e metodi, sono cose da cui mi sono sempre tenuta alla larga persino da ragazza perché non riesco a ad espormi in questo senso - per quanto mi riguarda erano un incubo persino le recite scolastiche. Tuttavia, ti dirò, questi tuoi laboratori di cui parli, e con tanta passione, mi lasciano un fascio di suggestione e desiderio di conoscenza. Intuisco che intraprendere un tale percorso in età adolescenziale rappresenti realmente un toccasana per la crescita personale e per la consapevolezza di se stessi. E assolutamente sì, l'onestà e la necessaria e giusta critica sono elementi imprescindibili per ottenere la fiducia dei giovani: servirà loro anche in futuro, quando dovranno affrontare percorsi lavorativi o di formazione professionale. La fiducia in se stessi si conquista anche grazie alla consapevolezza delle proprie potenzialità e dei propri limiti.

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    1. In tal senso, il teatro non è solo mera esibizione, divertimento. Considera che la stragrande maggioranza dei laboratori sono molto diversi da questo. Io porto il mio essere insegnante di scuola nel mio percorso di maestro di recitazione, questo probabilmente è un valore aggiunto.
      :)

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  12. Conosco poco della recitazione,comunque si l'onestà è un elemento fondamentale nei rapporti con gli altri,sopratutto se si inizia un percorso formativo delle menti e delle persone più giovani.

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  13. A proposito di "onestà", sono stato per un po' lontano dal tuo blog, unicamente per pigrizia e mi sono perso qualcosa.
    Mi parli di un metodo similnatura che un professore di filosofia al liceo aveva provato con noi, che eravamo una classe fortunatamente ottima per certi esperimenti.
    Lo mettevamo in pratica tutti i giovedì pomeriggio rubando ore (due) allo studio, alla partita di pallone e, chi poteva, alla ragazza.
    Consisteva nel chiudersi in un'aula che non veniva usata mai per normali lezioni: si chiudevano le finestre in modo che non entrassero luci e non si accendeva quella elettrica. Al centro, sulla cattedra, appariva, illuminato da un minuscolo faretto, un qualsiasi oggetto, sempre diverso e tutti a ruota libera potevamo inventare e dire quel che volevamo. Puoi immaginare che si iniziava con frizzi e lazzi, anche le nostre ragazze, le colleghe femmine. Si rideva a sganasciarsi, per un po', ma poi pian piano entravano così come per caso delle considerazioni, dei racconti di vita vera e lì, da quel momento non ci si sarebbe voluto smettere più. Qualcuno ci si incazzava di brutto e si arrivava a piangere e a volte al silenzio totale. A quel punto il Prof accendeva la luce e avessi visto che facce.
    Ci ho ripensato tante volte.
    A proposito il nostro prof era un uomo famoso, ne saprai qualcosa anche tu. Si chiamava Tullio Vecchietti. Smise di insegnare un paio di anni dopo la nostra maturità -quindi nel 1954- e fondò un partito più a sinistra del PCI. Lo chiamò Partito Socialista Italiano Di Unità Popolare, il PSIDUP. Non vinse mai le elezioni, ma fu campione di coerenza.

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    1. Mi sono andata a leggere qualcosa riguardo a Tullio Vecchietti, che onestamente non conoscevo. Ma quanto è bello quando ci si imbatte in questi insegnanti, che smontano un sistema, inventano, fondano nelle menti dei ragazzi un senso di libertà, un senso critico, e in generale li fa sentire fuori da quella convenzionale linea che schiaccia tutto in un appiattimento?
      Mi piace questo esperimento, assomiglia vagamente al mio, ma in ambito scolastico è tanto più potente.

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  14. L'onestà credo sia il metodo migliore, i ragazzi sono dei puri e apprezzano la sincerità, una critica sincera e costruttiva vale moltissimo e li farà crescere, nel teatro e nella vita. Sei un'insegnante di grande valore e traspare molto bene in quello che racconti, i tuoi ragazzi sono molto fortunati.

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    1. Grazie, Giulia, cerco di rappresentare, per un pezzetto della loro vita, qualcosa che li porti a riflettere su se stessi. Crescere.

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