domenica 7 ottobre 2018

Sherlock Holmes - Arthur Conan Doyle

"Ho messo gli occhi su un appartamento in Baker Street - disse. - Sarebbe proprio l'ideale per noi. Spero soltanto che non le dia fastidio l'odore del tabacco forte". 

Un frammento del primo incontro fra Sherlock Holmes e John Watson basti a dare inizio a questo post, che ho deciso di scrivere al termine della lettura dei quattro romanzi di Conan Doyle - Uno studio in rosso, Il segno dei quattro, Il mastino dei Baskerville, La valle della paura - facenti parte di un "canone" ben maggiore, costituito da questi e cinquantasei racconti. 

Non so quando esattamente conobbi la figura di questo straordinario personaggio, Sherlock Holmes, il geniale indagatore di delitti con al seguito il mite amico Watson. Io ricordo di conoscerlo da sempre, da bambina devo essermi imbattuta in una delle tante serie tv e poi nel tempo in qualcuno dei 125 film che sono stati girati. 

E sì che adoravo letteralmente Ellery Queen e la "signora in giallo" prima di avventurarmi ad approfondire la figura di questo ineguagliabile segugio. 

I quattro romanzi - e l'opera omnia di Conan Doyle - sono un esempio avvincente di letteratura vittoriana che accomuna in sé i migliori elementi della narrazione del XIX secolo: lo stile pulito ed elegante, il ritratto della società borghese così come dei ceti più marginali di Londra e delle zone limitrofe, i primi importanti passi del metodo scientifico che amalgama anatomia e indagine, e su tutto il tipico aplomb dell'english man.
Piacque ai lettori dell'epoca, e continua a suscitare il plauso degli irriducibili di questa epopea, la scelta della narrazione affidata a un testimone, il John Watson che altro non è se non l'alter ego dell'autore, medico pure lui. Nel gioco di rimandi, approfondendone i retroscena, affascina anche la scelta di Conan Doyle di ispirarsi al suo mentore, il dottor Bell suo maestro all'ospedale di Edimburgo, per la costruzione del suo protagonista. 


Il ritratto di Sherlock Holmes che riceviamo dalle parole di Watson ci restituisce l'immagine di un uomo snello, alto, con un profilo aquilino che spesso il suo amico si sofferma a osservare mentre Holmes è alle prese con le sue elucubrazioni. Al di là delle sue fattezze fisiche, Holmes si concretizza nell'immaginazione del lettore in particolare con il suo gesto, le abitudini più comuni, l'entusiasmo che lo anima durante una determinata intuizione, così come la cupezza che lo coglie quando non ci sono eventi che stimolino il suo intelletto. 
Holmes è un eroe imperfetto, in ciò risiede gran parte del suo successo. Ha una particolare predilezione per l'adulazione, è superbo e consapevole della propria superiorità intellettuale, non esita a fare uso di stupefacenti che lo rianimino durante i periodi di ozio mentale. Sa essere brusco o amabile, freddo o teneramente sensibile in egual misura. È insomma umanoe pagina dopo pagina si coglie tutto il divertimento di Conan Doyle nell'aver intessuto una trama che non tradisca le aspettative. 

Ciascuno dei quattro romanzi ha, a mio avviso, un aspetto indimenticabile per il lettore. 
Dei quattro ho amato particolarmente Il mastino dei Baskerville, forse perché vira verso un registro "gotico" che mi ricorda le pagine di Edgar Allan Poe, al quale Conan Doyle deve molto, a quanto pare. 

L'autore aveva assai apprezzato il Dupin di Poe, ce lo svela in un dialogo in Uno studio in rosso, nel quale Watson dice a Holmes che i suoi modi gli ricordano Dupin, poi Conan Doyle si diverte a scrivere per Holmes una risposta perfettamente in linea col suo carattere: Dupin è decisamente inferiore, ha un modo appariscente di esprimersi e per quanto abbia una certa capacità analitica non è affatto il genio che Poe voleva che tutti credessero. 

De Il mastino dei Baskerville c'è un'immagine che si imprime nella mia mente di lettrice, la descrizione della sagoma di un uomo, la cui figura si staglia in alto, su un colle, sullo sfondo di una luna la cui luce si riverbera sul paesaggio aspro della brughiera. Si rivelerà poi essere lo stesso Holmes, che in segreto segue le indagini da più vicino di quanto Watson immagini. 
Lo stile purissimo di Conan Doyle porta il lettore esattamente lì dinanzi, lo porta a vedere la scena attraverso gli occhi di Watson, esattamente come avviene nello straordinario passaggio in Uno studio in rosso, nella parte che occupa un terzo del romanzo. 

Più nel dettaglio: nel primo dei quattro romanzi, dopo il termine dell'indagine, quando la narrazione potrebbe chiudersi, Conan Doyle catapulta il lettore dall'altra parte dell'oceano, in pieno deserto americano. Si prova un effetto straniamento che stordisce, personalmente ho pensato perfino che ci fosse un errore di stampa, magari un pezzo di un altro romanzo finito in Uno studio in rosso di Conan Doyle. E invece no, si tratta di un flashback non annunciato, un passo indietro. 

Ci addentriamo nella narrazione del colpevole, nel movente del suo assassinio, in uno scenario da far west, nella polvere e nell'afa di un luogo che doveva aver colpito l'immaginazione dell'autore. 
Lo stesso accade ne La valle della paura, ed è come se l'autore ci regalasse un "romanzo nel romanzo", tasselli che completano un puzzle e rendono la narrazione ancora una volta epica, fuori dal salotto di Holmes e dalla stanza del castello in cui avviene il presunto assassinio. 

Impossibile esaurire l'argomento Sherlock Holmes in un unico post. 
Mi piacerebbe scrivere del metodo utilizzato dal protagonista per risolvere le sue indagini, così come svelarvi il perché di questo mio "studio" del personaggio. 
Rimando il tutto a un prossimo post, in cui per altro avrò il piacere di mostrarvi alcune "chicche" concessemi da chi conosce molto meglio di me questo argomento. 
Intanto, spero di aver suscitato l'interesse dei miei lettori e stimolato qualche curiosità in più. 

Che conoscenza avete di questo straordinario personaggio? 

24 commenti:

  1. Io ho letto un solo libro della saga di Holmes, curiosamente l'ultimo "His last bow" in inglese. Mi piace Holmes come personaggio, ho visto diversi film ispirati alla sua figura, però il mio detective "vintage" preferito è il pacato Charlie Chan nato dalla penna di Earl Derr Biggers (tra i più recenti invece mi piace Pepe Carvalho di Manuel Vazquez Montalban, morto alcuni anni fa).

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    1. Adoravo Charlie Chan, lo vedevo da bambina la domenica mattina, al posto della "messa" (mio nonno contrariato, mia nonna contenta di farmi contenta) :)

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    2. Di Charlie Chan ricordo qualche film. Mi capita di guardarli quelle rare volte in cui li passano su Raitre magari in piena estate o a sera tardi.
      Montalban pare sia stato un ottimo autore di gialli, se Camilleri ha voluto omaggiarlo dando al suo celebre protagonista il nome di Montalbano.

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  2. Conoscenza dai film, dai cartoni animati e di qualche racconto, ma letto in adolescenza e chissenericordapiù! Ho tutta la serie pronta nel kobo, per quando mi verrà l'ispirazione alla lettura. In effetti se ho adorato Poirot, a volte troppo affettato nei modi, non credo avrò problemi ad adorare Holmes.

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    1. Anch'io ho adorato Poirot, ricordo che mi capitava di ridere di gusto dinanzi alle pagine della Christie quando ad esempio arrivava a svelare l'assassino. A Poirot piacciono le scene plateali, deve ogni volta riunire tutti i potenziali assassini in una sola stanza e passare in rassegna ogni movente. Sì, mi piace molto anche lui. Non quanto Holmes, eh. :)
      Quando leggerai i romanzi, fammi sapere.

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  3. Il perché del tuo studio del personaggio potrebbe essere qualcosa da portare in scena, sul palco? ;)

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    1. Ma... ma... ma come hai fatto?! :D
      Ebbene sì, il prossimo maggio i miei ragazzi del laboratorio si cimenteranno in una storia messa insieme da me (devo creare una drammaturgia apposita per il grande evento, che andrà in scena tre sere, c'è molta attesa). Non stanno nella pelle. Il copione dovrà essere consegnato entro l'ultima lezione prima delle vacanze natalizie.

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  4. Dico solo una cosa: meraviglioso!
    Ho letto parecchio e amo tutto, il personaggio, il modo di scrivere e le trame! ^_^
    Grazie per questo bell'articolo! :)

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  5. Tanto di cappello a Conan Doyle per aver creato un genere ma, quando ho tentato di passare ad Holmes, dopo essere nato e cresciuto con la Christie, mi sono trovato piuttosto male.
    La Christie aveva quella capacità di accompagnarti lentamente nelle ricerca della soluzione, spargendo in giro indizi (veri o fasulli) che ti permettevano di immergerti completamente nell'indagine. In pratica era come se ti cedesse la parte di protagonista, lasciandoti arrivare ad un passo dalla soluzione (prima di darti una spallata alla fine, facendoti sembrare un perfetto idiota).
    Sherlock Holmes è diverso: fa tutto da solo, ti presenta un caso e, volta la carta, ti presenta la soluzione. Non c'è pathos.. almeno io non l'ho trovato.

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    1. Sì, sono decisamente due visioni differenti del romanzo giallo, due personaggi molto diversi fra loro. Probabilmente molta parte del successo di Sherlock Holmes è dovuto ad aspetti che nessun personaggio possiede, d'altra parte. L'ambientazione "romantica" (nel senso più lato del termine), il carattere così controverso, dall'eccentrico al detestabile all'amabile.
      Insomma, Holmes giganteggia sulle storie narrate, mentre nella serie di Poirot la storia è decisamente in primo piano e l'approccio è questo condurre per mano il lettore dentro l'indagine come hai colto tu.

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  6. Una delle mie passioni da ragazzina. Lessi tutto lo Sherlock prodotto ed anche altri romanzi di Doyle mi pare (avventurosi?- oddio, ho un buco). Poi ho perso interesse per il personaggio ed anche per il genere. Và che forse è la volta buona per ricominciare ^_^

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    1. Comincia da dove si è risvegliato in me l'interesse per questo personaggio: la serie tv con Cumberbatch, firmata da ottimi sceneggiatori. :)

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    2. Uh!...tocca darci uno sguardo. Thanks!

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  7. Ho letto tutti i libri che menzioni, e li ho amati tutti per via di quella certa atmosfera vittoriana e colma di mistero... Proprio per questo motivo anche a me era piaciuto in modo particolare Il mastino dei Baskerville. Pensa che di Conan Doyle ho a casa anche alcuni racconti dell'orrore.

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    1. Ho scoperto solo da poco che Conan Doyle è stato un prolifico scrittore non limitandosi alla serie su Holmes. Era un medico grande appassionato di scrittura, una pratica che gli riusciva molto bene. Immagino quei racconti horror, lui che fu un estimatore di Poe.

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  8. Sherlock Holmes è stato la mia introduzione al genere giallo, quindi ci sono particolarmente affezionato. Soprattutto adoro le storie prima della presunta morte del detective nelle cascate Reichenbach, caratterizzate da storie con tematiche più varie e particolari, le successive sono meno interessanti... e si vede che Doyle era più costretto che interessato a scrivere altre storie sul suo detective.

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    1. È uno di quei casi in cui il lettori sono talmente affezionati da non poter tollerare alcuna fine del proprio beniamino, l'editore costringe lo scrittore a continuare. Non mi sono ancora addentrata in quelle storie, sospetto già che alcune appaiano come una forzatura.

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  9. Sherlock Holmes lo conosco non per i libri ma per i film visti soprattutto in passato. Attualmente Mi piacciono abbastanza i telefilm Elementary dove il protagonista è ispirato a Holmes (anche per l'uso di stupefacenti a quanto apprendo leggendo il tuo post) e il suo socio è una donna Joanne Watson.

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    1. Ho visto tutte le stagioni di Elementary, perdendomi sull'ultima, perché nel momento in cui presagisco che ci siano inutili "allungamenti" perdo totalmente interesse.
      Le prime stagioni, almeno le prime due, sono state davvero avvincenti.

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  10. Letto solo in ormai tempo circoscritto al giurassico quel che concerne Sherlock Holmes. Dovrei riprendere in mano i libri e provare a rituffarmici, lo dico sempre ma alla fine non lo faccio mai. La moltitudine che mi aspetta è sempre troppo abbondante. Ora ho pronta l'Odissea in due volumi che mi attende, però non nego che dopo il tuo articolo la voglia mi è venuta.

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    1. Leggerai l'Odissea? Bello, davvero una bella impresa, Nadia. :)

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  11. La cosa bella di Sherlock Holmes è che da quando è diventata una icona letteraria dversi autori hanno deciso di sfruttare i suoi evidenti legami col gotico per divertirsi nel creare diversi pastiche letterari forse uno più insulso dell'altro, ma decisamente divertenti all'interno dei quali il Detective -senza sfigurare-affronta minacce una più sovrannaturale dell'altra. L'americano Manly Wade Wellman,ad esempio in "Sherlock Holmes e la Guerra dei Mondi" gli fa vincere la guerra contro i marziani di Wells,più recentemente il britannico Neil Gaiman nel racconto "Uno Studio in Verde Smeraldo" fa interagire il detective con Cthulhu ed i Grandi Antichi di Lovecraft, ma sono solo due dei tantissimi esempi.
    E sai qual'è la cosa divertente?
    Che molti di questi pastiches hanno ricevuto l'approvazione del fans club ufficiale inglese di S.H.
    Ciao

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    1. Non mi sono ancora imbattuta in questi pastiches, ma già l'idea mi infastidisce, a dire il vero.
      Potrei tollerare un bravo scrittore che rispetti in toto epoca, ambiente, soprattutto personaggio, detesterei invece ogni tipo di forzatura. :(
      Ciao, Nick :)

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