mercoledì 23 settembre 2020

Miss Austen - Gill Hornby (o dell'infelice condizione delle donne nel XIX secolo)

Incipit: "Prendiamo quel sentiero". Lui chiuse il cancello del giardino dietro di lei e indicò l'Elm Walk.
Avvolgendosi nello scialle, lei inspirò profondamente l'aria fresca della nuova stagione che si accingeva a rinverdire la campagna. Era l'anno 1795, e il giorno sembrava credersi il primo della primavera. In alto, sulla quercia, gli uccelli cinguettavano di gioia e i ramoscelli luccicavano di resina novella. Insieme, i due giovani salirono il pendio dietro la canonica e proseguirono per il varco nella siepe. 

Questo libro possedeva fin dall'inizio caratteristiche tali da renderlo per me desiderabile: l'impatto di una bellissima copertina, un titolo appropriato e la scoperta che trattasi del racconto di Cassandra, sorella di Jane Austen
Non ho mai dedicato un articolo alla celebre scrittrice inglese, l'ho solo citata in diversi post. Pur avendola amata durante gli anni dell'adolescenza, quando una lettrice accanita non può non apprezzare le rocambolesche vicende di Lizzie Bennet, Emma Woodhouse, Elinor Dashwood o Fanny Price, ne conservo comunque un ricordo non proprio esaltante.
Leggere i romanzi di Jane Austen è divertente, sono ben scritti, non è un caso che fra i maggiori estimatori del suo repertorio si annoverino nomi come Virginia Woolf, che la definisce "perfetta e immortale". L'aspetto che non riuscii ad apprezzare appieno fu il reiterato tema della strenua ricerca di un uomo da sposare, leit motiv di tutto - o quasi - il repertorio austeniano, motore dell'azione e obiettivo di ogni intendimento.
Quanto abbiamo amato il carattere e la levatura intellettuale e morale di Elisabeth Bennet, eroina di Orgoglio e Pregiudizio? Eppure, che delusione quando le movenze di Lizzie cominciano a mutare dinanzi alla vista della tenuta di Darcy, la splendida Pemberley, della quale comincia a congetturare di poter diventare padrona. E poi, in Ragione e Sentimento, possiamo credere che Marianne Dashwood sia realmente innamorata del colonnello Brandon dopo essersi letteralmente ammalata d'amore per il seduttore Willoughby? Per non dire di tutti i giochi di Emma nel romanzo omonimo, il cui unico passatempo è quello di fare da paraninfo per amici e conoscenti. 

Cassandra e Jane Austen nel film "Miss Austen regrets", 2008


Letteratura rosa? Giammai.
Sarà perché il rosa nella sua sfumatura più comune non mi piace, ma ritenere di genere "rosa" il repertorio austeniano, nonostante queste premesse, è davvero un errore fra i più banali. 
Sì, certo, i romanzi di Jane Austen erano e sono letti in gran parte da lettrici, vi si racconta di cacce a un buon partito, di innamoramenti e schermaglie, eccetera, eppure ridurli alla stregua di romanzi chick lit è riduttivo e fuorviante. E qui veniamo al punto.
Il successo dei romanzi austeniani sta in alcuni elementi a favore molto interessanti: 
  • la Austen narra un mondo che conosce perfettamente, quello a lei contemporaneo, da qui la possibilità di osservare usi e costumi dell'epoca, in particolare della borghesia di campagna;
  • lo stile di questa autrice è brillante, poiché la Austen è una donna colta e possiede l'arguzia di tradurre questa prerogativa in una scrittura eccellente;
  • il nucleo dei romanzi è la traduzione in termini di intreccio dei più diffusi costumi femminili dell'epoca, della struttura della famiglia, dei rapporti fra classi sociali.
La mia idea è: se Jane Austen si diverte a intrecciare trame con l'immancabile lieto fine, emerge dai racconti tutto il suo livore per alcuni obblighi sociali e morali riservati alle donne. Obblighi che oggi raccapricciano per la loro severità e iniquità. 
Potremmo pensare che la scrittura le serva da valvola di sfogo e insieme da volano perché i posteri comprendano, sappiano, prendano le distanze. Sì, il tema è reiterato, ma dietro i dialoghi frizzanti, i balli, i dispetti e gli equivoci si cela ben altro. 

Jane Austen nel film "Becoming Jane", 2007

Un romanzo - non romanzo. 
Ed eccoci all'oggetto di questa recensione. 
Il racconto di Gill Hornby si raccoglie attorno alla figura di Cassandra Austen, sorella maggiore di Jane, che nel 1840 distrugge buona parte dell'epistolario di sua sorella - scomparsa più di vent'anni prima e scrittrice ormai celebre - nel timore che cada in mani sbagliate. 
Ciò accadde realmente, come riportato nelle biografie, e per quanto abbia comportato l'impossibilità di entrare ancora più nel profondo nella vita e le abitudini, non possiamo che concordare con la scelta. 
All'epoca, lo cambio di missive era diffusissimo, alle lettere erano affidati confidenze, segreti, aspetti intimi di chi scriveva o di chi si scriveva. 
Cassandra si prefigge il compito di trafugare le lettere inviate da sua sorella a una delle sue migliori amiche, Eliza Loyd, moglie del vicario Fulwar Craven Fowle, irrompendo senza preavviso a Kintbury. Il vicariato di Kintbury sta per essere trasmesso ad altra famiglia, come era uso quando il vicario passava a miglior vita. Eliza, morta anni prima, ha serbato le lettere di Jane, che vengono facilmente reperite da Cassandra. 
Rubarle richiede il dover risiedere qualche giorno a Kintbury, così Cassandra ha modo di solidarizzare con Isabella, una delle figlie di Eliza, che si trova nella più tipica delle condizioni: è donna ed è nubile, pertanto non le spetta nulla. L'eredità dei Fowle è passata a suoi fratelli e in quanto non maritata deve lasciare la casa per un destino ignoto
Il racconto si configura come un lungo percorso in cui si intrecciano il presente, in cui Cassandra, conoscendo perfettamente la condizione di Isabella, cerca di suggerirle una sistemazione adeguata, e il passato, in cui, leggendo le lettere di Jane, Cassandra torna a un tempo lontano, cui guarda con malinconia e tenerezza.
Nello scorrere dei due piani temporali il problema centrale diventa sempre più nitido. Anche Cassandra e Jane sono state due nubili senza eredità. In maniera ancora più estrema, se pensiamo che il loro padre, George Austen, cede il vicariato di Steventon prima della propria morte al figlio James. 
Gli Austen sono una grande famiglia costituita da genitori e otto figli. Cassandra e Jane hanno sei fratelli ai quali, per legge, vanno eredità e privilegi. Dal racconto del passato emergono gli anni felici, malgrado una condizione a tratti precaria, sempre vissuta sul filo di ciò che sarà quando il loro padre non ci sarà più. 
Le due sorelle e i loro genitori si trasferiscono nel 1800 a Bath - la nota cittadina balneare mai gradita a Jane Austen, che predilige la quieta serenità della campagna - e quando improvvisamente George Austen muore, nel 1805, madre e sorelle precipitano nella condizione precaria di non possedere né casa né rendita. I fratelli intervengono per mettere assieme una rendita annua dignitosa, ma proprio di questo si tratta: una sorta di carità che gli uomini Austen fanno a madre e sorelle.


Chawton House, ultima dimora di Cassandra, Jane e della loro madre, contea dell'Hampshire

Cassandra e Jane Austen e i loro piani per sopravvivere
Le sorelle Austen per scelta non si sposarono mai. 
Cassandra perse il suo fidanzato, Tom Fowle, morto di febbre gialla, e rimase legata alla sua memoria. Jane, dopo il legame infelice con Thomas Langlois Lefroy - per il quale fu ritenuta di rango inadeguato - ricevette una proposta che rifiutò. Le due donne sono consapevoli delle conseguenze di questa scelta e rimarranno nella ferma intenzione di restare unite e vivere una vita dignitosa. Di qualche aiuto sarà il lascito di Tom Fowle a Cassandra, che riceverà mille sterline dopo la sua morte, così come i romanzi di Jane costituiranno per un certo periodo una fonte di sicurezza. Ma questo non basta. L'autrice affida il pericolo ai pensieri di Cassandra. 
[...] sapeva per esperienza che per le zitelle con scarsi mezzi di sostentamento, ovvero quasi tutte le zitelle, almeno secondo le sue conoscenze, i momenti di transizione erano assai pericolosi. Potevano restare senza una dimora. Se erano incaute, o semplicemente sfortunate, anche senza cibo. Era questo il pericolo insito in simili situazioni. Occorrevano prontezza di spirito, coraggio, e talvolta qualcosa di così spregevole e indecoroso come il sotterfugio per riuscire semplicemente a sopravvivere. 
E proprio al sotterfugio ricorre Cassandra per ottenere il cottage di Chawton - dove madre e sorelle di fatto vivranno per molti anni - da suo fratello Edward, che ormai è un ricco proprietario terriero con decine di proprietà e molta terra da amministrare. 
La Hornby immagina che la protagonista ne faccia velata richiesta al fratello, badando di farla apparire come idea di lui (non sia mai che l'orgoglio maschile ne esca ferito), e descrive una scena in cui, quando sta per essere deciso il tutto, la cognata Elizabeth si frappone e impedisce che vada a buon fine. 
È evidente che l'autrice voglia farci sapere che con molta probabilità le donne sposate spesso diventavano ostili nei riguardi delle zitelle, commiserate e in qualche modo "punite" per la loro condizione

Jane Austen, con molta probabilità, sarà ricorsa al proprio immaginario, all'inventiva e all'abilità scrittoria per raccontarci anche questo mondo. 
Ci ha detto che Lizzie e Jane Bennet, per citare le due sorelle alter-ego del romanzo più celebre, non avrebbero fatto una buona fine senza Darcy e Bingley. Ma in quanti se ne sono accorti?
Ci piace quel "luogo della narrazione" che suscita in noi un certo struggimento, una passione, che stuzzica quella vena romantica verso cui in particolare noi donne siamo inclini. Non perdiamo però di vista il background, perché dietro la finzione letteraria c'è un dramma tutto al femminile. 
Quello che riscatta realmente le eroine austeniane è infine l'intelligenza. 
Da questo punto di vista tutte le protagoniste dei romanzi che abbiamo tanto amato spiccano volitive e con una buona abilità nel destreggiare le proprie fragilità. Penso in particolare a Elinor Dashwood e al suo paradigma della Ragione applicata a ogni gesto, mente ferma e pervasa di realismo e senso pratico. 

"Miss Austen" è un romanzo che permette di fare luce su quanto non si vede o non si coglie in quelle indimenticabili epopee regency.

Quali libri avete letto di Jane Austen? Quali protagoniste avete amato in particolare? Mi piacerebbe anche una vostra riflessione sulla condizione femminile di quella controversa epoca.

19 commenti:

  1. Della Austen ho letto in tempi diversi e distanti tra loro i tre romanzi più famosi da te citati. Un paio di anno fa ho letto Persuasione. In quest'ultimo romanzo è Anne a interpretare la figura della donna più autonoma, non spaventata dall'idea di diventare zitella. Il "lieto fine", però, le riserva la solita prospettiva, quella della coppia.
    A proposito della condizione femminile nel XIX secolo, ti consiglio di vedere Miss Marx, lo stanno proiettando in questi giorni. Siamo negli ultimi decenni dell'Ottocento ma la condizione femminile presenta delle costanti che si ripropongono in ogni tempo... Te lo suggerisco anche perché mi piacerebbe leggere una tua recensione sul film della Nicchiarelli. :-)

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    1. Ho sentito di questo film seguendo i giorni del Festival di Venezia (in particolare quest'anno perché un mio ex allievo è nel cast del nuovo film di Favino) e mi incuriosisce molto. In particolare perché dalle immagini che hanno mostrato viene fuori una regista che sa il fatto suo. Che gioia quando il cinema italiano non è banale. Lo vedrò senz'altro e leggerai la mia recensione. :)

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  2. Ah, io adoro zia Jane, proprio perché scrive storie terribili sotto patine brillanti. Ragazze in mostra come cavalli all'asta, donne costrette a usare tutta la loro intelligenza per catturare un marito per non andare sul lastrico. Devo dire, però, che spezzo una lancia per gli uomini di queste storie. Alla fine mi sembra che non vinca mai l'idea dell'uomo romantico, ma la possibilità di un dialogo paritario.Darcy, il colonnello, quello di Emma di cui ora non mi viene il nome non sono considerati belli, sono tutt'altro che perfetti, ma arrivano a stimare l'eroina di turno per costruire un'unione basata su una comunione d'intenti. Per l'epoca, raccontare un possibile rapporto di coppia paritario mi sembra dare un gran messaggio

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    1. Sì, è vero. Può darsi che tutti i protagonisti maschili di questi romanzi incarnino la visione della Austen in merito all'uomo ideale. Brillante, che sa individuare la compagna giusta per la vita. Su tutti vince Darcy, perché impara da Elisabeth a guardare oltre le comunissime apparenze e a fare un atto di umiltà quando torna sui propri passi dopo averla profondamente offesa.
      Il maschio in questi romanzi per altro fa il "salvatore" di giovani fanciulle sprovvedute dallo scandalo di fughe e compromissioni della reputazione. Insomma è un supereroe, al quale poi la femmina si inchina colma di gratitudine. Sì, sono storie in realtà terribili.

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  3. Il titolo "Miss Austen", purtroppo, non riesce ad avere su un italiano lo stesso effetto chiarificante che ha su un parlante di lingua inglese. Il cognome dopo il titolo di Miss, infatti, è sempre usato esclusivamente per la figlia maggiore non sposata in lingua inglese. Le sorelle Austen, quindi, sono sempre state Miss Austen (Cassandra) e Miss Jane.

    Devo essere sincera, Cassandra non mi ha mai estremamente incuriosita anche perché l'ho sempre vista sì come una donna straordinaria, ma anche piuttosto severa. Probabilmente quasi lo stesso si poteva dire di Jane Austen, specialmente negli ultimi anni, ma di lei basta leggere i romanzi.

    A proposito, tra i compiuti, il mio preferito è Persuasione.

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    1. Quindi con molta precisione fa riferimento a Cassandra. Chissà in quanti crederanno invece che sia proprio Jane Austen raccontata dalla propria sorella. Indubbiamente la protagonista del romanzo è proprio la sorella maggiore.
      Ho letto Persuasione ma stranamente non ne ricordo nulla. Vero è che si tratta di letture fatte in adolescenza, sono passati più di trent'anni. :O

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  4. Ciao, buongiorno. Bel post, sebbene io sia del partito di Ginevra bompiani che quando descrive la Austen evidenzia il fatto che le sue storie vadano guardate da un altro punto di vista: in un mondo in cui tutte le donne devono essere sposate e devono cercare un buon partito, l'esaperazione di queste storie che terminano sempre a matrimonio compiuto, ci suggerisce che zia Jane vedesse, nell'istituzione del matrimonio, la morte dell'amore. Quindi che le sorelle Bennet, e tutte le altre eroine cerchino il matrimonio è naturale e la componente del "Chissà che accadrebbe se..." sia solo funzionale a muovere la storia e a rappresentare la società dell'epoca. Il libro, non so se sia ancora in circolazione, è un saggio su quattro grandi scrittrici, tra cui appunto la Austen, e si chiama "Lo spazio narrante".
    Però questo libro di cui parli oggi me lo segno volentieri perché pare essere molto interessante! Grazie!

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    1. Ma ciao, Simona, che piacere leggerti qui.
      Ho cercato il testo che citi, che mi attrae non poco, e parrebbe ancora disponibile.
      È esattamente la stessa visione che ne ho tratto rileggendo qualche romanzo della grande epopea austeniana. Milioni di estimatrici ne sostengono il lato romantico, darebbero chissà cosa per vivere in quella epoca, ma davvero si è capito di cosa parlano questi romanzi? Si è colta la condizione terribile in cui versa una donna non sposata senza eredità o anche da marito automaticamente a caccia di un buon partito? I dettagli disseminati qua e là, le parole sussurrate, l'imponente invadenza delle madri, il calcolo (!) della ricchezza del pretendente, il sotterfugio per sistemarsi più che degnamente. E il disprezzo delle donne che raggiungono una posizione nei riguardi di quelle che soccombono.
      Vero è che, come scrivevo nel post, la Austen si diverte a ordire trame e probabilmente la sua è una scrittura di evasione. Ha talento, è colta, ne vengono fuori romanzi piacevoli, oggettivamente belli perché ben scritti. Ma non si perda il vero intento, la cronaca di quanto era in uso e la blanda speranza di farcela, oltre alla totale assenza di speranza di modificare questi usi. Ecco cosa in fondo manca alle eroine austeniane. Se provano a essere diverse, sanno già di autocondannarsi a una vita difficile. Terribile, appunto.
      Grazie a te per avere apprezzato. :)

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  5. Ti seguo in questo tuo interessante viaggio nella letteratura femminile di secoli passati e mi accorgo di esserne poco informata. Non ho letto nulla di lei, forse proprio per quel pregiudizio che tu tanto precisamente distruggi all'inizio del post: scrive romanzi rosa, questa in effetti l'impressione. Dovrò ricredermi dunque, fidandomi del tuo giudizio e di quello delle tue lettrici che invece sembrano conoscere bene questo scorcio di letteratura che forse parla anche a noi, visto che a quanto pare la borghesia riproduce i suoi schemi di tempo.

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    1. L'equivoco dei "romanzi rosa" è diffusissimo, peccato.
      Tu prova a leggerne qualcuno, Orgoglio e Pregiudizio, Emma e Ragione e Sentimento sono stati i miei prediletti. Certo bisogna amare quel certo non so che dell'epoca regency, oltre alle epopee del romanzo classico.

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  6. Ammetto di non aver mai letto niente della Austen, cercherò di rimediare a breve.

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    1. Secondo me potrebbe piacerti L'abbazia di Northanger.

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  7. Di Jane Austen ho letto "Senno e sensibilità", "Persuasione", "Emma" e "Mansfield Park".
    Mi piace il modo in cui riesce a rendere i dubbi e le evoluzioni della mente dei suoi personaggi.

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    1. Beh, quattro romanzi niente male del suo repertorio.
      E da quanto hai colto, è evidente che tua sia una persona molto sensibile, Ariano. :)

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  8. Tutti, mi pare.
    Liz Bennet (per via di Keira Knightley, che l'ha portata sullo schermo molto bene) e, forse di più, Emma, che si accorge dell'amore al suo fianco solo quanto rischia di perderlo.
    La condizione femminile dell'epoca? Pessima, mi pare ovvio. L'intelligenza e l'arguzia di Miss Austen fu proprio di scrivere dei romanzi di denuncia sociale truccati da romanzi femminili (che oggi chiameremmo "rosa" senza magari denigrarli o relegarli alla sola sottocategoria del "chick-lit" nato solo agli anni '90), per assicurarsi la loro popolarità presso il pubblico, e ovviamente un discreto incasso. Se avesse scritto solo la denuncia, non ne avrebbe cavato nulla. Se avesse scritto "solo" di matrimoni d'affari, avrebbe credo odiato sé stessa. Ha saputo scrivere della difficile condizione della donna e dell'amore al suo tempo, inserendoci però la speranza che un giorno nel matrimonio la coppia arrivi ad amarsi davvero, non per denaro. Ha pure dato spazio alla volubilità dell'animo umano, ma anche di quello maschile, proprio perché desiderava evidenziare la parità di genere.
    Chissà quanto le dobbiamo noi donne moderne (pur con tutti gli inghippi ancora da risolvere...)

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    1. Come ho scritto nel post, "...eppure ridurli alla stregua di romanzi chick lit è riduttivo e fuorviante". Ed è proprio questo il grande limite dei romanzi austeniani. Credo che, malgrado la celebrità di un repertorio apprezzato in tutto il mondo, questa falsa etichetta rovini e impedisca una visione d'insieme. Peccato.
      Mi piace il tuo passaggio sul suo aver dato spazio alla volubilità umana, e di fatto personaggi maschili e femminili si eguagliano da questo punto di vista.
      Insomma, anche la Austen ha dovuto piegarsi a certe logiche di mercato...

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  9. Mi attrae molto il romanzo che hai recensito, come sempre in maniera brillante. Di Jane Austen ho letto quasi tutto, e durante il lockdown ho letto "Mansfield Park", devo ammettere con molta fatica anche se non so se la mia lentezza dipendeva dalla figura femminile che non mi piaceva molto (Fanny Price è un'eroina anomala rispetto alle figure femminili di Austen) o alla situazione contingente per cui non ero abbastanza concentrata.
    La mia preferita rimane Elizabeth Bennet perché è insuperabile per arguzia e ironia, e indipendenza. Oltretutto "Pride and Prejudice" mi è particolarmente caro perché lo associo alla figura di mio papà che lo aveva portato all'esame in lingua inglese a Cambridge quando era in Inghilterra come prigioniero di guerra.
    Al di là del fatto che la condizione delle donne era quella di mendicare se non trovavano un marito o una famiglia che continuasse a provvedere a loro, personalmente non ho colto sempre nei romanzi di Jane Austen questa caccia al buon partito, non perlomeno in "Orgoglio e Pregiudizio". Elizabeth rifiuta il cugino, l'insulso e fastidioso William Collins, suscitando la riprovazione generale con l'eccezione del padre; e poi rifiuta persino Mr Darcy, al che tutti la credono pazza! :) Mi pare tutto fuorché tentare di accaparrarsi un buon partito. Emma Woodhouse è abbastanza altolocata e ricca per non partecipare a questo gioco sociale dalla regole ferree. Ecco, in "Ragione e Sentimento" sì, e anche in "Mansfield Park" l'eroina deve vivere della carità dei parenti altolocati.

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    1. Fanny Price la ricordo come una di quelle eroine un po' "appannate", probabilmente, letto tantissimi anni fa, dovette farmi lo stesso effetto.
      Resto colpita di quel ricordo riguardante tuo padre, del fatto che abbia svolto un esame di letteratura inglese in tempo di guerra e nella condizione di prigioniero. Vorrei saperne di più, se ti capiterà di raccontarlo, mi piacerebbe aggiungerlo alla conoscenza di quei dettagli che la Storia non racconta.
      "Orgoglio e Pregiudizio", al di là delle scelte di Lizzie Bennet, nella quale è evidente si muova la stessa autrice sotto alcuni aspetti caratterizzanti in modo preciso il personaggio, è comunque un grande affresco sociale sugli usi afferenti al matrimonio. Lizzie ha l'ardire di rifiutare due ottimi partiti, ma ricordi le pagine in cui vede la grande tenuta di Darcy? Ecco, il realismo di cui è capace la Austen ci mostra una protagonista comunque attratta dal pensiero di diventarne la signora. Hai ragione, non è in Lizzie che si concretizza il tema caro alla Austen, ma in tutti i personaggi a corollario della storia centrale. Il matrimonio diventa uno strumento di emancipazione, la caccia al buon partito, il compromesso, il gioco delle parti, tutto orientato verso quel fine ultimo.
      Solo che, appunto, come abbiamo bene imparato leggendo questi romanzi, Jane Austen riesce a farne uno spettacolo letterario molto arguto, che cela una verità amarissima.

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    2. Magari sì, potrei scrivere un post sull'esperienza di mio papà con la letteratura inglese. Pensa che portò anche "Julius Caesar" di Shakespeare, e fu preparato da un obiettore di coscienza inglese - uno scrittore. Ho ancora alcuni suoi libri con le annotazioni. :) Una storia straordinaria, mi hai dato davvero un'idea.

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