lunedì 25 ottobre 2021

Il filo infinito - Paolo Rumiz

Incipit: Dopo le rovine dei paesi non si videro più uomini e la montagna si fece aspra e solitaria. Da una sella battuta dal vento iniziammo a scendere nella nebbia per un canalone innevato, e fu alla fine di quella discesa che il Sole squarciò il grigio, sfolgorante in un cielo pervinca, svelando sulla destra i monti immacolati della maga Sibilla e, sulla sinistra, in un mormorio di ruscelli nel disgelo, un'ampia, inattesa conca quasi mongolica, coperta da una moquette di erba rasa, disseminata di crochi, ellebori e cuscini di primule, protetta da ogni lato da un cornicione di alture.

Paolo Rumiz è un giornalista di Repubblica ed è un viaggiatore. Lo ascoltai mesi fa in una puntata di Quante storie, su Raitre, trasmissione che per me è fucina di scoperte di autori e buoni libri da leggere. 
Autore di numerosi resoconti di viaggio, questo è forse il più bello, un viaggio alla ricerca delle radici dell'Europa, ma attraverso... alcuni fra i monasteri benedettini più importanti del continente. 

Devo premettere che ho una passione per i monasteri e le abbazie.
Anzitutto mi piace la loro storia, il perché si trovino esattamente in quel luogo e perché siano baluardi di un passato che abbiamo il dovere di conoscere. L'ordine benedettino, quello più antico, che aprì la strada di una tradizione e di una "Storia nella Storia" di tale importanza e portata da imprimere un sigillo nel lungo periodo medievale, è quello che da sempre suscita in me una fascinazione. 
Finora sono riuscita a visitare tre di questi magnifici fortilizi: Montecassino, Subiaco, Praglia in Veneto. 

giovedì 14 ottobre 2021

Non è un paese per vecchi - Cormac McCarthy

IncipitUn ragazzo ho mandato alla camera a gas di Huntsville. Uno e soltanto uno. Su mio arresto e mia testimonianza. Sono andato a trovarlo due o tre volte. Tre volte. L'ultima volta il giorno dell'esecuzione. Non ero tenuto ad andarci, ma ci sono andato lo stesso. E non ne avevo certo voglia. Aveva ammazzato una ragazzina di quattordici anni e posso dirvi subito che non ho mai avuto questa gran voglia di andarlo a trovare né tantomeno di assistere all'esecuzione però ci sono andato lo stesso. I giornali scrissero che era un crimine passionale e lui mi disse che la passione non c'entrava niente. Lui con quella ragazzina ci usciva assieme, anche se era così piccola. Il ragazzo aveva diciannove anni. E mi disse che da quando si ricordava aveva sempre avuto in mente di ammazzare qualcuno. 

Quando di uno scrittore si vuole leggere tutto ciò che ha scritto ci si imbatte anche in storie come questa. Una storia terribile che il vecchio buon McCarthy sa raccontare alla sua maniera, una di quelle che non ti lasciano mollare il libro senza vedere l'ora di riprenderlo. 
Dopo La strada, recensita qui, e la mirabile Trilogia della frontiera, che trovate qui, leggere Non è un paese per vecchi è un po' ritrovare quel "campo lungo" della frontiera narrata nei precedenti, anzi McCarthy della frontiera non può fare a meno, la inserisce anche qui, in una fuga disperata, in un western postmoderno come alla fin fine risultano essere tutti i suoi romanzi, fatta eccezione per l'ucronia de La strada
Ieri sera ho guardato il film dei fratelli Cohen, molto fedele al romanzo, con una regia che sembra la versione visionaria di quella narrazione fatta di spazi sconfinati e luce accecante, il deserto, le strade che segnano in modo netto il paesaggio, la città in cui sembrano vagare solo questi fantasmi generatori di storie e di morte. Non so se abbia meritato i 4 premi Oscar che si è preso, ma è una versione dignitosa, con un Anton Chigurh (Javier Bardem) volutamente grottesco, forse fin troppo, e altri interpreti tutti all'altezza del ruolo. Non mi ha convinto il racconto di Moss, che avrei preferito meno scafato e più giovane, così come il taglio di un paio di scene che a parer mio avrebbero offerto un ritratto più completo di Moss. A beneficio di chi non conosce la storia, riferisco a grandi linee. 

venerdì 8 ottobre 2021

Un po' di semiotica: lettore empirico e lettore modello.

Vi è mai capitato per le mani un testo di semiotica? Beh, parrebbe una materia troppo specifica. 
A me è capitato di studiarne alcuni ai tempi dell'università, per due esami in cui venivano esaminati i linguaggi, la loro "semiologia". Erano gli anni in cui approfondivo in particolare alcune materie di indirizzo, ai tempi in cui mi ero incanalata in esami di arte - ne ebbi all'attivo 12 prima di essere folgorata dall'antropologia culturale e modificare in extremis il mio piano di studi.
Un grande esperto di semiotica, come saprete, è stato Umberto Eco, che completò diversi studi in merito - basti citare il noto Trattato di semiotica generale. In diversi testi, Eco teorizza la sua visione di "opera flessibile" e "scrittore empirico".
Se ne resta avvinti. Deformazione da lettori accaniti.

Quante volte facciamo sui nostri blog discorsi inerenti al successo di alcune opere di narrativa, alla ricetta perfetta per scrivere un buon libro, a come arrivare al successo o perlomeno a un minimo di popolarità, magari in una nicchia di lettori fedeli? 
Se ci inoltriamo nella semiotica applicata al "romanzo di successo", impariamo che questi studi fanno un'opera di "smontaggio". Una cosa molto particolare, rendono la scrittura un gesto privo di ogni sovrastruttura, facendola diventare un atto finalizzato al target giusto. 
Esattamente come per uno spettacolo teatrale: durante tutta la fase di costruzione del testo e poi delle prove, si individua lo spettatore ideale per quell'opera e per di più si mettono in atto alcune pratiche per acchiapparne un buon numero.