martedì 24 luglio 2018

Augustus - John Williams

Incipit: Lettera di Giulio Cesare ad Azia (45 a. C.)
Manda il ragazzo ad Apollonia.
Inizio bruscamente, cara nipote, così da disarmarti subito e rendere ogni tua eventuale resistenza troppo incerta e fragile per la mia forza di persuasione. 
Tuo figlio ha lasciato l'accampamento di Cartagine in buona salute: lo rivedrai a Roma entro la fine della settimana. Ho disposto che viaggiasse con comodo, affinché ricevessi questa lettera prima del suo arrivo.

John Williams non si è smentito. Dopo l'esperienza di Stoner, che trovate recensito qui, ho voluto curiosare nel resto della sua produzione e questo libro è arrivato al momento giusto. 
Qui ci troviamo dinanzi a qualcosa di nettamente diverso rispetto alla provincia americana in cui l'antieroe protagonista del romanzo più celebre di Williams si muove. Siamo dinanzi a un racconto di squisita natura storica, che non solo rivela studio delle fonti e rispetto della materia trattata, ma anche una certa passione da parte dell'autore. Mi ha sempre stupito che autori di calibro si interessassero alla storia romana al punto da produrre qualcosa che può essere definito di buon grado una biografia.

venerdì 20 luglio 2018

Il provino.

Stamattina ho fatto il primo provino della mia carriera artistica. Suppongo che potrebbe essere anche l'ultimo, anzi è probabilissimo, proprio per questo è importante fissarne il ricordo.
Ho sfiorato questa esperienza diversi anni fa, durante una masterclass con Sergio Rubini, che dapprima scelse un mio dialogo e poi me stessa per interpretarlo. Odiai stare dinanzi alla telecamera, io che sono molto più adatta al palcoscenico, ma fu indimenticabile in senso positivo. 
Per chiunque svolga attività teatrale, sottoporsi all'occhio attento di una videocamera e a quello vigile ed esperto di chi guarda e confronta, è utilissimo. Un'esperienza da fare, almeno una volta, perché ti mette dinanzi alle tue reali capacità, senza se e senza ma. 
C'è da dire che non recito da tre anni, l'ultimo ruolo fu quella Frida che mi coinvolse e sfiancò, poi mi sono limitata a qualche sostituzione in piccole parti, nulla di più. Il resto è stata regia. 
Amo fare regia, perché il regista espone sul palcoscenico la propria visione, il suo sguardo sul mondo. Il regista è come un burattinaio, un creatore che può tracciare un certo solco, un ricordo importante nello spettatore. Fare regia è straordinario, perché al pari di un artista del pennello "racconti" attraverso il tuo sguardo personale, pur rispettando alcune regole fondamentali. 
Perdere di vista la strada per il palcoscenico, però, non deve accadere
Anzitutto perché recitare è bellissimo, difficile, ogni volta una prova diversa. Poi perché è utile per chi, come me, deve continuamente impostare il lavoro interpretativo sugli attori e allo stesso tempo svolgere al meglio i laboratori di recitazione.

venerdì 13 luglio 2018

Per chi scrivere? (con una digressione su chi definire realmente "scrittore")

In queste lente giornate di luglio ho modo di tirare il fiato dopo il caotico anno vissuto (noi prof/teatranti non viviamo il classico anno solare ma l'anno scolastico/stagionale) e leggere leggere leggere. 
Sono alle prese con il bellissimo Augustus di John Williams, ma mi concedo "scappatelle" qua e là, una rilettura a qualche bel passaggio che ricordo di un determinato romanzo, o una sbirciatina a libri che aspettano. Uno di questi è Il mestiere dello scrittore, di Murakami Haruki. 
Non voglio sbirciare più di tanto, perché immagino sia un libro da gustare, ma prendo a prestito qui un bel capitolo del libro, dal quale rubacchio il titolo per questo post. 
È presto detto: secondo il nostro lo scrittore scrive per se stesso. La scrittura è un'emergenza, un bisogno, e vi si riversa la propria esperienza supportata dall'immaginazione.
Andiamo a noi "scrittori" virgolettato, secondo una bella definizione "scribacchini", forse addirittura preferibile "scriventi". Mi capita di leggere qua e là diversi nuovi autori. Mi arrivano molte email in cui mi si chiede di recensire un romanzo, per altro. Smetto dopo le prime quattro, cinque pagine. 
Perché? Andiamo per gradi.

domenica 8 luglio 2018

Tina - Pino Cacucci

Incipit: È la notte del 10 gennaio 1929. Mancano pochi minuti alle ventidue. Il cuore della capitale messicana è deserto. Sull'immenso viale del Passo de la Reforma sfilano silenziose le rare auto. Qualche passante infreddolito, un ultimo ubriaco che impreca verso una cantina chiusa. 
Un gruppo di cani randagi attraversa la Calle Abraham Gonzàles, indugiando per la luce che filtra dalla bottega del fornaio. Frugano in un cumulo di immondizia all'incrocio con Morelos. Il capobranco si irrigidisce. Annusa il vento secco, gelido. Scruta verso il fondo della via, vede tre figure che avanzano nell'oscurità.

Pino Cacucci, del quale avevo letto Viva la vida dedicato a Frida Kahlo, si conferma un fine narratore appassionato. 
Ama e conosce il Messico fin nei dettagli della sua storia, ciò lo ha portato a diverse pubblicazioni su questo controverso paese, una delle quali è la biografia di Tina Modotti, una pasionaria della vita e della politica. 
Mi ero imbattuta in questo personaggio ai tempi del mio spettacolo su Frida Kahlo, quando, ripercorrendo gli incontri importanti della celebre artista, avevo idealmente conosciuto questa italiana, nota perlopiù per essere stata fra i grandi fotografi dei fervidi anni Venti. Di fatto, Frida e Tina si conoscono nel periodo in cui Città del Messico ferve di vita culturale, accoglie intellettuali e artisti oltre confine, si determina nei circoli raccolti attorno ai salotti e nelle sere di canzoni e bevute. Saranno amiche ma la loro vicinanza è di breve durata, divise da modi diversi di intendere la rivoluzione comunista.

martedì 3 luglio 2018

Viaggio multimodale dentro me stessa.

Tornare a riprendere il filo del discorso dopo settimane di assenza dal blog non è semplice. 
La scrittura esige continuità e capita di essere come storditi nel pensare a un nuovo post, ragion per cui rispondo all'invito di costruire un post come quello di Marco Lazzara, tentando di fare un percorso simil-psicoanalitico per immagini.
L'idea è piacevole, in particolare per chi fa dell'espressione artistica una delle componenti del proprio comunicare. 
E poi semplicemente perché amo l'arte, la letteratura, il cinema e la musica e raccontarsi attraverso un esempio è intrigante.  Fuori dal mio elenco, questo dipinto di Magritte, che esprime il senso del discorso e contiene un elemento per me fondamentale: il sipario e il doppio. Usciamo però dall'ambito strettamente teatrale e avventuriamoci in altre lande.