mercoledì 29 aprile 2015

Creare l'incanto dal niente

Nel suo libro "La vita del teatro", Julian Beck racconta riguardo alle origini del Living Theatre, una conversazione col famoso scenografo Robert Edmond Jones:
"Quanti soldi avete? 6000 dollari, risposi. Peccato, disse, vorrei che non aveste proprio denaro, assolutamente niente, allora forse potreste creare il nuovo teatro, costruire il vostro teatro con spaghi e cuscini di poltrone, farlo in studi... e soggiorni. Dimenticate i grandi teatri, disse, là non succede niente, niente altro che istupidimento, non verrà mai fuori niente di li. Se volete prendetevi questa stanza, disse, offrendoci il suo studio, se volete iniziare di qui potete averla." Solo quattro anni più tardi, incapaci di trovare un teatro in cui lavorare, decidemmo di dare alcuni lavori nel nostro soggiorno. Funzionò, aveva ragione".
Quando si comincia a fare teatro, si pensa di dover allestire grandi scene, si trema dinanzi ai limiti, ai costi esorbitanti, ai tanti "no" che si riceveranno. E invece questa "arte totale" possiede una prerogativa unica: può nascere dal nulla. Non è forse vero che il teatro di qualità alla fin fine è quello essenziale?
 Mi piacerebbe un giorno trovare un piccolo magazzino, dismesso, cadente, oppure un sotterraneo. E immaginarci tutto ciò che può diventare. Costruirlo pezzo a pezzo, tavola a tavola, affondando chiodi, cucendo stoffe, incollando pezzi. E creare l'incanto dal niente. E' il mio vero grande progetto. 

martedì 21 aprile 2015

Gli sdraiati - Michele Serra

Quando ho cominciato questo libro mi trovavo sulla spiaggia di Barceloneta, in Spagna. Avevo bisogno di un piccolo libro da portare con me in vacanza e da cominciare, nel caso mi fossi trovata a dover riempire il tempo.
Mi trovo dinanzi al racconto, immediato e senza fronzoli, di un padre che dinanzi al caos del figlio adolescente lascia intendere subito di non essere assolutamente capace di farvi fronte. E' un padre divorziato e questo figlio condivide la sua casa in qualche fine settimana in cui il ragazzo non ha di meglio da fare. Sulle prime, in questa lettrice in vacanza all'estero sotto sole di luglio monta un senso di fastidio.
Mi ritrovo a pensare che si tratti dell'ennesima storia di questi genitori contemporanei, inabili al loro mestiere, privi di talento, educatori mancati. Ci sono tutti gli ingredienti che occorrono per costruire la storia di un uomo di mezza età che fa i conti coi propri sensi di colpi e l'incapacità di instaurare un dialogo col proprio figlio. Ma io stimo troppo Michele Serra per credere che si tratti semplicemente di questo. E difatti, man mano che ci si addentra nella storia, si scopre che si tratta di una provocazione alla riflessione.
Sentirmi chiamare papà, e da lontano, e in quella esposta porzione del mondo, in quella incerta dimensione del tempo dove la mia infanzia ancora galleggiava, quasi mi atterrì. Come un’accusa. Un richiamo all’ordine. Io – non altri – sono quelle due sillabe.

venerdì 17 aprile 2015

Olive Kitteridge - Elisabeth Strout

Incipit: Per molti anni Henry Kitteridge era stato farmacista nella città vicina, e ogni mattina guidava attraverso strade piene di neve, oppure fradice di pioggia, oppure dove d'estate i lamponi selvatici protendevano i loro germogli novelli dai cespugli lungo l'ultimo tratto della cittadina, prima di svoltare nella strada più larga che portava alla farmacia.

Mi sono accostata a questo romanzo dopo aver visto la miniserie televisiva in due puntate, mirabilmente interpretata da Frances McDormand nel ruolo della protagonista. Un personaggio che non concede sfumature, che si ama o si detesta, fieramente spigoloso e indimenticabile. Credo che la trasposizione su pellicola abbia donato molto a questo romanzo, vincitore del Premio Pulitzer nel 2009. Lo scenario è quello della provincia del Maine, le vite narrate quelle comuni, e lo straordinario sta tutto nel punto d'osservazione di Olive. Il suo occhio mette a fuoco le interiorità della gente di questo piccolo paesino affacciato sul mare, nulla può sfuggirle, perchè Olive appartiene alla schiera dei sensibili e di coloro che sanno elargire cum grano salis la propria generosità. Ciò che la caratterizza è il disincanto più totale sulle possibilità umane, per questo spesso rischia e accoglie la forte antipatia altrui, ma questo rende prezioso ogni suo intervento in aiuto altrui. Mirabile la scena del dialogo con l'ex alunno ormai uomo e in preda alla forte depressione generata dalla solitudine; ci accorgiamo che solo Olive potrebbe salvarlo da se stesso, anche senza "entrare nel merito", solo con l'ascolto. Perchè Olive è così, lucidamente consapevole delle miserie altrui e proprie.