domenica 5 novembre 2023

La storia delle piccole cose

Arriva per tutti quel momento. Ci si rimbocca le maniche e si va a smantellare la casa, quella del nostro passato in famiglia, che abbiamo condiviso con i genitori da piccoli e poi fino alla prima giovinezza. Quella che a un certo punto abbiamo lasciato per andare a mettere su una famiglia nostra, o anche prima se siamo stati studenti fuori sede, per tornarci e non sentirla già più nostra. 
Non vuoi sentirla tua a vent'anni perché il tuo sguardo è altrove, oltre i confini che puoi vedere per immaginare il tuo futuro. Lasciarla è un passo, tornarci un'abitudine. 
C'è un segmento in cui quella casa continua a esistere con i nostri genitori dentro, ci si torna alle feste, Natale e poi Pasqua, se è vicino al mare ci si torna ad agosto. E quando si torna si rivive quel gusto un po' andato, si sentono quegli odori e sapori così familiari, ci rioccupano le stanze di un tempo, coi lettini della cameretta accostati per farla diventare stanza matrimoniale. 

Poi subentra il più delle volte un'altra fase. Alla scomparsa di uno dei genitori, solitamente prima il padre (proprio oggi sono 12 anni che è venuto a mancare il mio), cambiano nuovamente gli assetti. Se la madre è ancora abbastanza giovane allora si torna per riunirsi attorno a lei, che diventa il fulcro di tutto, riesce a rievocare gli stessi gusti e sapori, riunisce la famiglia attorno alle feste e all'estate. 
Il decadimento della vecchiaia può anche tardare, come può manifestarsi presto. Importante è che questa ultima fase duri abbastanza da essere un periodo che si impiglia nei ricordi come l'ultima coda di ciò che è stato. La fine di questa fase rappresenta il passaggio rituale vero, lo smantellamento
È raro che le case del nostro passato familiare continuino a essere vissute dalle stesse persone. Per la maggior parte subiscono il destino di essere vendute e quindi diventano del tutto "altro".
Nel migliore dei mondi possibili possiamo immaginare che quegli spazi continuino a essere il luogo per eccellenza, quello del ritrovo, perché gli spazi non smettano di possedere quella identità e quel potere.
Potrebbero essere perfino spazi trasformati, migliorati, che progrediscono verso un futuro nuovo ma per volontà di chi vi è cresciuto, per amore profondo verso quei luoghi. 
Ma dove può essere mai accaduta una cosa così bella e significativa? Se esiste un luogo di questo tipo, è uno di quelli in cui non si smetterebbe di immaginarvi valore aggiunto. 

Nei giorni appena trascorsi è accaduto per me e mia sorella proprio questo rituale: lo smantellamento. Non entrerò nel merito del chi o del perché, non è il tema di questo post. La mia riflessione è su quanto possa essere difficile ma anche rigenerante questo passaggio. 
Ci sono due aspetti della questione. La parte nostalgica e dolorosa riguarda gli oggetti personali dei nostri cari genitori (mia madre è ancora fortunatamente in vita nonostante il grave stato di salute e abita con mia sorella). Aprire cassetti mai aperti, arrivare fino in fondo agli armadi, fino a scaffali prima mai esplorati, significa vedere realmente tutto e per certi aspetti scoprire lati del loro carattere che ignoravamo. O meglio, sappiamo di averli conosciuti bene, ma nulla come gli effetti personali e gli appunti, i ritagli, i promemoria, può dirci come siano stati realmente. 
Da questo patrimonio apparentemente non di valore possiamo trarre molto, definire del tutto i contorni. 
Dobbiamo scartarlo, non possiamo conservare come hanno fatto loro, se non qualche passaggio, per non perdere il valore di quel foglio vergato, quella grafia tipica, lo svolazzo, il ghirigoro. Sembra niente ma è un tutto, è un prolungamento della persona come può esserlo un'istantanea. 
Questa parte più impegnativa dal punto di vista emotivo è molto ampia, varia. Riguarda anche indumenti intimi, oggetti per la cura della persona, una piccola Bibbia sul comodino, la piega perfetta di lenzuola e asciugamani in armadi e cassetti. 
La camera da letto è la stanza del pianto commosso, quindi. E di qualche risata fra le lacrime, perché constati come il modo di conservare fosse diverso nella generazione che ci ha preceduto. 

La cucina è la stanza del ricordo che si mescola ai sapori e agli odori. Nostra madre era una tenace ai fornelli, non amava la modernità, sapeva cucinare nelle stesse pentole del suo corredo e con gli stessi sapori rimasti intatti in decenni di vita da cuoca e governante di casa. Serbava suppellettili, canovacci, stoviglie come fosse a capo di una cucina gourmet. Aveva rituali mai traditi, uno dei motivi per cui non amava che qualcuno profanasse quegli spazi. E difatti abbiamo cucinato poco o niente io e mia sorella, lei era la sovrana di quello spazio, non ha mai sopportato che le cose fossero diverse da come lei, in tanti anni, le aveva create e perfezionate. 
Nei rituali della cucina c'è molta parte di quel passato. Al sud in modo particolare, ma vale a qualsiasi latitudine, l'amore familiare ha quel solo modo di manifestarsi: cucinare per i figli, i generi e le nuore, per i nipoti, i parenti, gli amici di famiglia. "Cosa ti faccio trovare?", "Chi vuol fare il bis?", "È rimasta ancora un po' di parmigiana?".
Mi capita di pensare spesso a quei sapori perduti. Il sapore dei finocchi al forno, delle alici in tortiera, delle "lagane e ciciari", delle melanzane ripiene e di tanto altro... chi ce li restituirà? Sono sapori appunto perduti, noi non siamo capaci di rifarli e del resto gli usi non sono quelli di una volta. 
Una cosa che possiamo salvare sono gli strumenti, anche perché oggi non ne producono di uguali. Il batticarne col manico blu, la macchina per la pasta a manovella, "u' crivu" per raffinare la farina, le cannucce per gli gnocchi, la "grattacasa" Moplen e alcune altre cose che non saprei immaginare in mani d'altri e tantomeno in discarica. 

Nella nostra cameretta da ragazze ci sono cassetti colmi di vecchi occhiali, orecchini enormi, spille tonde, cinture, guanti indossati nelle feste, diari con le pagine strappate e altri con qualche pagina da leggere e riderci su, e poi cartoline, auguri e lettere di innamorati disperati. 
Lasciamo il grande poster incorniciato con la ballerina e le stampe di opere di Vermeer, mentre nell'anta interna dell'armadio al mio lato ancora è appiccicata la pagina di giornale con una giovanissima Shannen Doherty, la mia passione ai tempi di Beverly Hills 90210. 
Ci sono disegni dei tempi del liceo, scaldamuscoli, mascherine di stoffa delle feste di Carnevale, vecchie macchinette fotografiche, cassette di musica, set di matite colorate dell'epoca in cui disegnavo fumetti, e poi le nostre pagelle delle medie, libri sottolineati, appunti. Molto altro portai via quando lasciai la casa. 
C'è tutto quel mondo lontanissimo che non portai con me quando mi sposai, che lasci nella casa dei genitori come se quella casa potesse esistere per sempre. 
È proprio quello lo snodo. Tutti crediamo che quel tempo non abbia scadenza, che quelle abitudini, la ritualità dei giorni, le amicizie di allora, sia tutto un insieme eterno e immutabile. Poi impari che la vita si trasforma, che tu stesso ti trasformi, evolvi, cambi nei gusti e nel modo di essere e quegli oggetti non sono che una parte di un viaggio in cui lo scenario non è mai lo stesso. 

C'è un aspetto rigenerante nello smantellamento. Sta appunto nella conservazione e nel salvataggio di cose appartenenti prima a questo luogo non più nostro e oggi con tutto un potenziale da sprigionare altrove. I quadri sono una parte di questo piccolo "patrimonio" da salvare. 
Mi dà gioia il pensiero di farli rivivere sulle pareti della mia casa, sono immagini guardate mille volte e che occupavano quelle determinate pareti. Oggi andranno a occupare altre pareti, consone alle loro forme, ai colori, alla consistenza della cornice e dell'immagine. 
Così come quella vecchia foto di mia madre, quella dei 15 anni, in quel bianco e nero sbiadito, lei al mare con un costume castigatissimo (anno 1957), il taglio corto e mosso, il sorriso e lo sguardo di sempre. E quella foto di lei sposa, rubata con lei da sola, la piccola tiara di madreperla con il velo, piccole piume attorno allo scollo, un sorriso aperto e il ventaglio perché era un giorno di giugno del 1965. E poi quella piccola foto di papà, un francobollo appena, lui giovanissimo e in uniforme, doveva essere una foto inviata alla fidanzata nei primi anni Sessanta. 
E poi quell'abito in voile che oggi chiameresti "vintage", bello come raramente oggi lo sono gli abiti. 
Passare in rassegna questa enorme mole di oggetti è come una lunga sequenza al cinema, vibrano di vita, raccontano, sbloccano ricordi. E senti che c'è un testimone che sta passando, un rituale inevitabile, un varco da cui passano tutti, è solo il nostro turno. 
La porta si chiude sulla mole di scatoloni e cose scartate e da gettare. Mentre la chiudiamo lentamente ci sembra che un coro di voci si mescoli tutto insieme, tutte le voci da qui passate riecheggiano fra queste mura vuote e ancora e per sempre piene di quell'ieri. 
La chiave non più nostra e sulla quale passi il polpastrello un'ultima volta e poi lo scatto della molla che chiude la porta d'ingresso in quel rumore tipico udito per decenni, uno di quei rumori con la consistenza dell'acustica perfetta. Da qui passerà l'impresa di traslochi, noi siamo altrove, lontano da questi luoghi delle origini. Non c'è dolore profondo, ma malinconia. Una sensazione di perdita che si mescola al consolidamento dell'inevitabilità. Non siamo i primi, non saremo gli ultimi. 

Fondamentale arrivarci con la certezza di aver costruito un proprio percorso altrove, con quella forza che emana dal bilancio di anni di sacrifici e impegno che oggi premiano ogni sforzo. 
Una pagina si chiude, altre sono ancora tutte da scrivere. 

Avete vissuto lo "smantellamento"? Cosa pensate di questo importante momento della vita? 

24 commenti:

  1. Hai condiviso un pezzo di vita molto bello. Io non ho ancora vissuto lo smantellamento, ma diverse volte ho pensato al fatto che anche i luoghi siano, in un certo senso, parte della famiglia. Cinque anni fa ho lasciato casa mia per vivere da solo. Come racconti anche tu, la casa dei miei è il luogo dove si torna e ci si riunisce. Ma un giorno, essendo tre fratelli, chissà cosa succederà a questo posto e a tutti i suoi significati.
    Di sicuro è importante avere, per essere sereni, anche un piano o una strada verso cui sapere di voler andare. Ecco, trovo che questo punto, non so se per motivi miei personali o se per contingenze esterne e generazionali, non sia facile da inquadrare. Lo dico anche perché vedo molti, della mia età, un po' sperduti quando si realzionano al futuro.
    Comunque sia, per me lo smantellamento deve ancora arrivare e spero di essere sereno nel viverlo.

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    1. Quell'inquadrare il futuro, sappi, è la sola sponda salvifica. Mi rendo conto, a distanza di qualche giorno, che anche il metabolizzare non è poi facile. È una separazione inevitabile, dolorosa, ma anche piena di qualcosa che senti ti sta forgiando. Traggo la mia forza dalla mia casa dell'oggi, verso cui sono andata con grandissimo lavoro e sacrificio, dagli affetti e dalle amicizie, dai valori costruiti, dal mio presente che poi è sempre orientato verso la costruzione di qualcosa. Ti devi "centrare" e allora anche le paure più profonde possono essere affrontate.

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  2. Ho assaporato tutte, tutte quante le parole di questo tuo intenso post e ti ringrazio di averlo scritto, Luz. Ogni oggetto che hai nominato, ogni tuo ricordo di vita passata ha risuonato assieme ai miei di ricordi e pur se la mia è stata un'esperienza diversa e collocata in tempi differenti, mi ci sono ritrovata molto e non sto neanche a dirti in quali punti perché scriverei davvero un papiro... Lo smantellamento è una parola densa di significato che in questo periodo sto vivendo appieno con tutte le emozioni positive e negative che mi "regala". Domani trasloco da un appartamentino in cui ho vissuto per venticinque anni (un'eternità!) per tornare nella casa dove hanno vissuto i miei fino alla loro morte avvenuta sei anni fa. Non la mia casa d'infanzia, quella che mi porterò sempre nel cuore e che è stata venduta, ma la seconda a cui non sono stata altrettanto legata, ma in cui ho continuato a fermarmi, quando c'erano i miei, tutti i giorni. E' quindi una casa, quella in cui andrò domani, frutto di vari "smantellamenti" e di oggetti-ricordi che in parte sono riuscita ad eliminare con fatica. Però ho deciso di tenere alcuni oggetti dei miei genitori, quelli trovati nei loro comodini o in altre parti della casa da loro amati, cose a cui erano affezionati e a cui io lo sono di conseguenza. Li ho sistemati in due scatole diverse che conserverò assieme in soffitta. Il papiro alla fine l'ho scritto lo stesso...

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    1. Grazie a te per averlo apprezzato e compreso nel profondo. Capisco anche quello che stai vivendo perché in vita mia ho cambiato sei case. Tre coi miei genitori e tre da quando mi feci una mia strada. Infatti la casa di cui racconto non è quella dell'infanzia né quella della prima adolescenza ma quella della giovinezza, la casa costruita da mio padre con immensi sacrifici e nella quale abitai dal '91 al '97. Non è neppure la casa nella quale ho vissuto più a lungo eppure è stata quella del cuore, dove ho vissuto gli anni più belli e significativi della mia giovinezza, la festa dei 18 anni, la festa dei 20 anni di matrimonio, ma anche la festa dei 25 anni di matrimonio dei miei, e poi anni di Natali e Pasque, prima e dopo la mia partenza. Ci ho abitato per sei anni ma in realtà l'abbiamo smantellata dopo più di trent'anni di vita. Se posso dire di avere avuto una casa del cuore è stata quella.
      Ora andrai ad abitare comunque nella casa in cui hai condiviso parte della vita con i tuoi e saprai benissimo che questo ha un valore importante. La renderai tua e la amerai ancora di più.

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  3. Hai scritto una storia, la tua vita nella famiglia. Penso che il tuo racconto possa essere condiviso da tante persone.
    La tua storia della famiglia, casa e oggetti, non mi rappresentano.
    Mio padre era affascinato dal cambiamento di abitazione e anche di città dove vivere. Non ricordo nulla di particolare di queste case e nemmeno suscitano in me qualche emozione.
    Dal punto di vista affettivo ho sempre amato mia sorella e mio fratello. Le loro attenzione per Augusto il *piccolino* nato molti anni dopo il matrimonio tra i miei genitori.
    Non ho amato mio padre, autoritario e litigioso, e nemmeno mia madre egoista e possessiva.

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    1. Le vite sono tante e tutte diverse. Comprendo bene pur non avendolo vissuto. A qualcuno di noi tocca in sorte qualcosa di completamente diverso, ci sta.

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  4. Lo smantellamento della casa dove sono cresciuto per una vita e che ancora oggi mi accoglie (ci vivono mia sorella e mia papà) è soltanto nelle ipotesi e nelle immaginazioni ancora, quando ne parliamo con mia sorella ci sembra di discutere di un'impresa epica. Mio papà è un accumulatre seriale compulsivo, e nonostante nel mio subconscio lo neghi, lo sono anche io. E di smantellamenti ne ho affrontati già in diversi miei traslochi, con la santa donna della mia consorte a sopportare di tutto. Quello della casa di mamma e papà, il più tardi possibile, assume quindi i contorni della Madre di Tutti gli Smantellamenti. E diciamo che non ci voglio pensare.. anche se ogni volta a casa adocchio un pezzo, un quadro, un bicchiere, anche uno spillino solo, e mi chiedo dove mai, e semmai, troverò posto da me.. ;)

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    1. Tu sai che avverrà e sarà la Madre di Tutti gli Smantellamenti. E sai che sarà doloroso, impegnativo. Arrivarci consapevoli è importante. Io pure l'ho sempre saputo, ma non ho mai capito fino in fondo cosa significasse davvero. Non so per quale incoscienza innata siamo ignari anche del futuro certo, ci rende immuni a un dispiacere annunciato. Siamo impermeabili a questo ed è una gran fortuna.

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  5. Quando la buonanima di mia madre morì nel 2017 con le mie sorelle abbiamo svuotato la casa dove viveva con un misto di tristezza che poi ha fatto spazio anche ad un senso liberatorio, perché nostra madre ormai non c'era più da tanti punti di vista avendo un principio di Alzheimer che definirei galoppante.

    Sono le foto, come spesso succede, che mi hanno portato tristezza e altri stati d'animo. Soprattutto i ricordi e le foto della casa precedente a quella dove viveva mia madre, la casa dove io e mia sorella maggiore abbiamo vissuto a Genova negli anni '60 e '70...la prima cosa che mi è tornata in mente erano la spensieratezza di quel periodo, i colori ed i profumi delle stagioni che, all'epoca, c'erano ancora.

    Oppure la libreria dove lavorava mio padre e quei giorni in cui doveva rifare le vetrine con le novità editoriali in uscita mentre io (bambino di 5 o 6 anni) me ne stavo seduto dietro di lui su uno sgabello. Ho ritrovato anche le foto di mio padre da giovane che aveva avuto come mentore un libraio editore che da ragazzo gli insegnò greco e latino in un periodo difficile, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando prendere un diploma era un lusso per l'epoca.

    Chissà come sarà per me...mah!
    Un salutone e alla prossima

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    1. Anche mia madre, purtroppo, ha attualmente un problema legato al cervello, la memoria. Le è capitato un pessimo destino prima degli 80 anni e si trascina in una infermità molto grave. Non sappiamo quanto altro tempo vivrà, speriamo che resti con noi il più a lungo possibile, ma non c'era altro da fare per mia sorella che vendere adesso, e ciò ha comportato il tutto narrato in questo post. Questi rituali sono inevitabili e ti mettono dinanzi a un passato dimenticato o del tutto ignorato.

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    2. Essendoci passato con mia mamma vi auguro il meglio con tutto il cuore.
      Un salutone e un abbraccio

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  6. Lo smantellamento comporta un "ne' più mai" e quindi una sensazione di estraneità a sé stessi, visto che in quel luogo dove non tornerai più ti sei formata, hai accumulato esperienze, ozii, pensieri, emozioni più o meno intense e per molto tempo. É soprattutto il luogo che hai condiviso con persone importanti per te. Sto vivendo anche io l'esperienza che tu hai cosi bene descritto. Ho pensato che questo tuo scritto è il modo che ti sei data per aiutarti a farti una ragione del distacco, dell'esilio (tornando a Foscolo). Mi ha fatto bene leggere il tuo racconto. Grazie.

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    1. Sì, Giacinta, hai centrato il senso di questo post. Scriverne mi serviva, ha aiutato a mettere in ordine i pensieri e a centrare il problema. La malinconia è forte ma raccontarla scrivendo aiuta. Il potere salvifico della scrittura. Sono contenta che in certo senso sia stato un po' utile anche a te.

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  7. Io ho vissuto lo smantellamento della casa di mia nonna, che è vero che non è come casa dove si cresce, ma io in quella casa ci ho vissuto. Era come casa mia. Quando mia nonna è venuta a mancare io e madre ci siamo occupate dello smantellamento, orribile, è stato veder morire mia nonna per la seconda volta, il suo modus vivendi, ogni sua traccia completamente cancellati. Come dici tu l’aver salvato alcuni oggetti mi ha dato l’illusione che qualcosa sopravvive ancora, in me e nella mia casa. Anche io quando ho lasciato casa dei miei genitori non ho portato tutto, è stato il mio modo di non perdere il legame con la mia realtà. Il solo pensiero dello smantellamento mi sbrana l’anima, cerco di non pensarci.

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    1. Dalle tue parole traspare l'intensità con cui hai vissuto l'esperienza. È per certi aspetti devastante, "sbrana l'anima", è proprio vero. Il modo per affrontarla e superarla è proprio la continuità possibile delle cose, l'idea che non sia del tutto finito quel passato, perché te lo porti dietro, con te. E poi il tuo presente è altrettanto importante, sono le sole risorse possibili da utilizzare, per il resto dobbiamo lasciarci attraversare dal dolore. Nelle giornate precedenti alla partenza per la casa dei miei genitori ho vissuto molta tensione, ero nervosa, in ansia. Compiuta la cosa, sono stata meglio. È il paradosso: l'attesa è stata più penosa del superamento dell'atto in sé.

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  8. Questo tuo post è molto intenso e mi ha quasi commosso, anche se per fortuna non ho ancora vissuto lo smantellamento della casa dei miei che considero un pezzo di vita. Nella casa dei miei ci vive mia sorella e ci resterà finché vorrà visto che non ha l’usufrutto a vita. Da quando non ci sono più i miei però non è più la stessa casa, manca il calore luminoso di mia madre, manca la solidità affettuosa e tenera di mio padre, ma quando ci torno varcare quella porta mi da una sensazione di familiarità e appartenenza a un luogo che poi è un luogo dell’anima, quello dell’infanzia.

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    1. Ecco, che sia rimasto qualcuno a viverci è molto importante. Questo è accaduto con la casa di mia nonna, una zia nubile restò a vivere praticamente nella casa dei suoi, al sud è molto diffuso questo uso. Ciò ha permesso di non perdere tutto il patrimonio di ricordi della piccola casa, che ancora oggi posso vedere esattamente come era un tempo, quando da piccoli trascorrevamo le domeniche e le feste assieme ai nonni.
      Grazie per aver apprezzato questo mio scritto, Giulia.

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  9. Cara Luz, ho vissuto anch'io questa esperienza diversi anni fa. Leggendoti, mi sono ritrovata in pieno in ciò che scrivi.
    A smantellare la mia casa in cui sono vissuta dai 12 ai 31 anni, ho impiegato molto più tempo del necessario. Da una parte perché è stato un lavoro materialmente impegnativo, ma dall'altra perché ho ritrovato oggetti, lettere, vestiti, ricordi sui quali è stato impossibile non soffermarsi a leggere, ricordare o solo immaginare. Hai perfettamente ragione quando dici che gli oggetti sono prolungamenti delle persone. Io penso che si carichino della nostra vita e delle nostre percezioni che, talora anche a distanza di tempo, in essi ritroviamo intatte. Ed è ricchezza che si trasmette.
    Mille grazie!!!

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    1. Avrei voluto soffermarmi di più su ogni cosa, ma non è stato possibile proprio per ragioni di tempo. Una cosa certa è che conoscevo tanto di quello che ho trovato, il resto è stato tenerezza e commozione. Grazie, Annamaria.

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  10. Ho avuto diversi smantellamenti, perché ogni trasloco fatto, anche delle mie stesse cose, un po' lo è. Abbandoni i luoghi dove hai vissuto per un lungo periodo e diventano ricordi. Il nocciolo dove mi infilavo per nascondermi, le scorribande in bici sul pendio in salita dell'orto, la parete senza finestre contro cui giocavo a pallavolo, la scala a chiocciola striminzita del seminterrato, gli scalini caldi dove mi sedevo le sere d'agosto. Non potrai tornarci più perché le case sono state vendute. Però, dopo un periodo di estraniamento, cominci a costruire nuove abitudini e si sposta anche la "casa" del cuore. Non ho invece ancora seguito uno smantellamento di altri componenti della famiglia, non fisicamente almeno. Presumo che stiano tutti bene. Ho smantellato però la mia vecchia casa mentalmente, dato che non la frequento più, per la mia pace interiore. Capiterà di doversene occupare anche fisicamente, è nell'ordine della vita, e non so come potrà essere, se una liberazione o un castigo. Non sarò la prima, e nemmeno l'ultima, hai ragione.

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    1. La tua riflessione porta a una realtà innegabile: i luoghi diventano significativi in virtù di tutto ciò che di significativo ci hai vissuto. Anche in questa mia nuova casa, è ancora troppo presto per poter dire di averla resa un luogo del cuore, solo tre anni che ci abito. Ma il fatto di averci vissuto finora cene molto belle con gli amici, la festa di 18 anni di mio nipote, cose così, me la rendono già diversa rispetto al niente. Tutta altra cosa l'appartamento dove stavo prima, perché ci vennero i miei a trascorrere il Natale e diverse altre occasioni...

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  11. Ahi, cara amica, gli smantellamenti sono importanti, impegnativi e dolorosi! Questa tua pagina è molto bella, con la citazione di tutto ciò che hai strappato ai ricordi sopiti: i poster, gli oggettini della quotidianità lasciati in quella casa per anni... Mi hai fatto ricordare a quello che ho continuato a tenere in casa dei miei quando mi sono sposata, però so che è diverso perché, vivendo a Caltanissetta, erano tutte cose che rimanevano a portata di mano. Il vero stacco è stato venire qua a Roma e, quando penso che capiterà anche a me di dovere smantellare la casa dei miei giù, in Sicilia (questo anche provando ad assecondare il progetto di farli venire a vivere a Roma, accanto a me e a mio fratello) entro in crisi. Mi sono immedesimata nel tuo racconto: credo sia un evento solo rimandato per adesso, indispensabile, quando sarà, ma estremamente difficile. E non voglio pensarci.

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    1. Purtroppo è un momento solo rimandato, attende tutti, sì. Io nel compiere il mio atto, malinconico e anche un po' impressionante, nell'affrontarlo con raziocinio mi sono detta che ero solo una delle mille mila persone che in passato, adesso o domani si trovano ad affrontare questa cosa. E proprio per il vecchio detto "mal comune..." diventa un pensiero consolante. :)

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  12. Io avrei una casa da smantellare, ma non ce la faccio. E' la grande casa di mia nonna, di mio padre, dei miei zii, che è stata la casa delle vacanze mia e anche dei miei figli . Dal 2017 è disabitata. Dei miei quattro zii solo una è viva. Io vado, prendo la posta e ogni volta è un colpo al cuore. Ragni e tarli hanno preso dimora, i vestiti sono nei cassetti e io non riesco a togliere nulla. Dico a mia sorella che dovremmo andare, dovremmo cominciare, non tanto per venderla, ma per renderla nuovamente fruibile a noi, ma non ho il coraggio. Mi sembra di sentire voci e passi. Entro, do un'occhiata e richiudo.

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