sabato 28 ottobre 2023

Noi che viviamo sicuri nelle nostre tiepide case



Prendo a prestito le celebri parole di una poesia indimenticata per dedicare una riflessione alla tragedia in atto in Palestina. Non è un caso forse che proprio le parole di un ebreo sopravvissuto alla Shoah a mio avviso si accordino con quanto accade. La Storia vuole che i perseguitati di allora siano oggi una nazione fra le più forti al mondo in fatto di potenziale d'offensiva. 
Ma è poi corretto ragionare in questi termini?
Una delle pagine più orribili della storia di due popoli in lotta è sotto gli occhi di tutti, la narrazione è difficile, perché possiamo leggerla in modi diversi. E senza bisogno di farne la cronistoria. Possiamo però permetterci di dire: una nazione sorta nel 1948 ne ha costretto un'altra in una striscia, generando un disprezzo rinnovato in generazioni, un odio che ha causato guerre e attacchi terroristici. 
In questo presente, oggi, a poche ore dalla "tempesta di fuoco" iniziata questa notte e in definitiva in atto da giorni pur con tempistiche e intensità diverse, possiamo guardare a questo orrore e definirlo.

Come definirlo? La rappresaglia di una nazione contro gli attacchi di Hamas, che ha trucidato poveri innocenti qualche settimana fa e ne detiene molti ancora in ostaggio. Può essere un modo. 
Oppure: Il vile attacco di Israele, che risponde ad Hamas con una serie massiccia di bombardamenti su Gaza
Sono le due posizioni in netta contrapposizione e appartengono a un mondo diviso, tutto il nostro mondo ipermoderno e democratico e civile, dinanzi a questo scempio. 

Io in quel cielo grigio di polvere e fumo che si leva dalle macerie di una città vedo un grande fallimento.
Vedo il risultato di una politica sbagliata e mai orientata verso una pacificazione, ma soprattutto una nazione che si scaglia su un territorio con l'intenzione di colpirne la frangia corrotta, terroristica, come se quella frangia identificasse un'intera nazione.
Si può colpire Gaza per punire la Palestina, e Hamas, solo bombardando massicciamente case e quartieri, perché non è, non può essere un attacco contro i luoghi strategici di una nazione, come si fa comunemente in questa cosa sporca che è la guerra. Possiamo definirla guerra questa? Quella terribile perversione umana di aggredirsi a vicenda? Neppure può esserlo, secondo una definizione tecnica, quella che ci ha insegnato la Storia. 
È un "fatto" ed è solo apparentemente "privato", riservato fra due realtà contrapposte da sempre. 
Perché questo "fatto" sta falcidiando migliaia di innocenti e non può essere, non deve essere qualcosa che possiamo definire in base a un valore di senso. 


Hamas - il Movimento della Resistenza Islamica - è una realtà pericolosa e molto ben sostenuta, ormai radicalizzata in Medio Oriente come risposta a Israele fin dal 1987. Ha nel suo "statuto" ideale parole estreme: antisionismo, nazionalismo. E ha il suo quartier generale a Gaza. 
In più di trent'anni si è organizzata mettendo radici e avvelenando nell'odio in particolare giovani generazioni di palestinesi. Impossibile comunque farne una definizione esaustiva senza averne competenze. Possiamo guardarne i risultati, la vera e propria "educazione" al massacro di terroristi cresciuti nell'odio verso il nemico Israele e disposti a tutto. 
Hamas - sovvenzionato dalla parte ambigua del mondo mediorientale in funzione antioccidentale e anti Israele, in primis Iran, Egitto e Turchia - è la sola risposta come ribellione contro lo stato ebraico, non ve n'è altra, non ve n'è una versione pacifica e moderata. E se esiste è una realtà talmente trascurata da essere insignificante. Hamas ha di fatto reso impossibile il dialogo. 
Il suo leader lancia proclami e minacce dichiarando apertamente che Hamas vuole il sangue, anche di donne e bambini palestinesi se serve, ma soprattuto sangue di israeliani senza nessuna pietà, bisogna versare sangue e vincere il nemico sionista. 

Non v'è speranza di pace, perché l'odio inveterato non si estingue e perché non c'è neppure una vaga intenzione al dialogo, nemmeno in virtù di una prudenza verso un futuro in cui lo scenario non promette niente di buono. Poi c'è l'Onu.
Quell'organizzazione sorta proprio per scongiurare ogni pericolo di inasprimento di conflitti, per salvaguardare la vita umana. L'Onu fa il proprio mestiere ed è costituita da stati che dialogano, si parlano, cercano soluzioni. Su richiesta della Giordania, l'Onu approva a maggioranza una risoluzione di proposta di cessazione dell'offensiva israeliana. 
"... tregua umanitaria immediata, duratura e prolungata che conduca alla cessazione delle ostilità, e che tutte le parti rispettino immediatamente e pienamente i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale, in particolare per quanto riguarda la protezione dei civili. Si richiede la fornitura immediata e senza ostacoli di beni e servizi essenziali ai civili in tutta Gaza. Questa assemblea chiede la revoca dell'ordine da parte di Israele di evacuazione dei palestinesi e respinge fermamente qualsiasi tentativo di trasferimento forzato della popolazione civile palestinese". 
Israele e Stati Uniti fra i 14 paesi che hanno votato contro. 
La risoluzione passa con 120 voti a favore, ma non verrà rispettata. L'ambasciatore israeliano ha rilasciato dichiarazioni piuttosto forti contro tutta l'assemblea: "Oggi è un giorno che passerà alla Storia nell'infamia, un giorno buio per l'Onu, che non ha più in briciolo di rilevanza o legittimità. Israele ha il diritto di difendersi". 
L'Onu rischia oggi di diventare un "giocattolo rotto" come lo fu la Società delle Nazioni prima della seconda grande guerra. Scenari che non vogliamo neppure lontanamente immaginare. 



Alla guerriglia di Hamas, Israele oppone un contingente bellico fra i più attrezzati al mondo. 
Ciò significa che un apparato bellico molto potente è in grado di trovare soluzioni solo con un uso massivo della forza. E uno stato che dispone di servizio di leva obbligatorio - tre anni per i maschi, due anni per le donne - è in grado di mettere insieme un contingente di soldati dalle cifre impressionanti se pensiamo ai militari di professione uniti ai riservisti. 
Gaza adesso è un obiettivo sotto attacco come mai lo è stato prima. Lo è Gaza, l'intera città che prima sfiorava i 2 milioni di abitanti e contro la quale è stato scatenato un bombardamento diretto ad alcune migliaia di miliziani di Hamas. Israele si prepara all'invasione, come è stato annunciato dal Netanyahu. 
Su questo folle scenario si leva l'urlo di migliaia di innocenti falcidiati e costretti a vivere in un inferno in cui sono stati tagliati perfino i rifornimenti dei beni primari: cibo, acqua, elettricità. 
È uno spettacolo dinanzi al quale non si può restare indifferenti né voltarsi dall'altra parte perché incapaci di comprenderlo fino in fondo
È un problema che deve riguardarci per scegliere cosa pensare e cosa rifiutare con tutte le nostre forze.  E cosa sperare, perché restino lucide e lungimiranti le menti di leader politici occidentali nelle mani dei quali noi siamo, noi nel nostro mondo ovattato eppure così esposto e parte di questo insieme. 

Vi lascio qui una pagina che mostra questo scenario e approfondisce la questione. 
Se vorrete, mi piacerebbe leggere una vostra osservazione, un commento, cosa pensate di questo conflitto.

26 commenti:

  1. Dire qualcosa di più rispetto a quel che hai già esposto tu è impossibile.
    Io posso solo aggiungere che persino il segretario generale dell'Onu si è lasciato sfuggire una frase ambigua (e che ha causato un putiferio diplomatico) sul fatto che di fronte alla violenza disumana di hamas il governo israeliano dovrebbe però anche porsi il problema di come ha gestito negli ultimi decenni i territori occupati.
    Non è mia intenzione difendere i terroristi di hamas, penso che vadano estirpati. Ma non posso fare a meno di notare che effettivamente i coloni israeliani hanno progressivamente "espropriato" i palestinesi dei luoghi in cui anche loro vivevano. Mi pare che l'attuale governo ultra-nazionalista di Netanyahu stia facendo poco o nulla per collaborare almeno con l'autorità nazionale palestinese, non sta smantellando gli insediamenti dei coloni nei territori occupati, lo ha fatto solo a Gaza trasformandola però in un gigantesco campo profughi a cielo aperto senza vie di fuga e totalmente dipendente dagli aiuti internazionali.
    Insomma, io voglio che hamas sparisca, però vorrei anche vedere gli israeliani lavorare fattivamente per la riconsegna dei territori occupati all'autorità nazionale palestinese giungendo infine a un riconoscimento reciproco.

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    1. Concordo totalmente con te, Ariano. Non c'è segnale di apertura oggi, anzi armi che si scatenano senza discriminare su un'intera città già sottoposta a ogni restrizione possibile. Io dietro tutto ciò che è stato inflitto ai palestinesi vedo un'arroganza senza pari, una totale mancanza di volontà di presa di coscienza. Può essere difficile dinanzi agli eccidi di questo folle terrorismo ma dall'altra parte nulla è stato fatto per spegnere questo inferno sviluppatosi in un trentennio di inasprimento dell'odio. Rimpiango i tempi di Rabin, il grande leader moderato che aprì Israele al mondo palestinese, poi ucciso proprio da uno studente israeliano di estrema destra. Abbiamo dinanzi una narrazione spesso inquinata da decenni di alleanza che ha reso impossibile raccontare come fossero andate realmente le cose. Ma oggi stanno aprendo gli occhi in tanti.

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  2. Più giorni passano, più non so cosa pensare. In termini di come si potrebbe risolvere la situazione, almeno, anche in virtù di quanto hai ben scritto sui propositi di Hamas, è molto complicato trovare una strategia. Quello che so, per certo, è che questo impressionante numero di civili morti è qualcosa che mi fa star male e non posso trovare giustificabile.

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    1. Fino a quando la contrapposizione fra questi due mondi sarà ritenuta insanabile e si useranno solo armi per colpire non solo Hamas ma tutta la Palestina, non ci sarà speranza. Parrebbe evidente che l'obiettivo sia distruggere l'intera Gaza dando una parvenza di giustificazione alla cosa con l'affermazione dell'esistenza di un enorme quartier generale di Hamas nelle fondamenta. L'intelligence israeliana se ne sarebbe accorta solo adesso? Mah. Io penso alle migliaia di innocenti schiacciati dal pugno duro di questa nazione e sto male pure io.

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  3. Il conflitto è assurdo, ogni conflitto è assurdo. Qui c'è gente che si odia da appena nata, e probabilmente non potrebbe essere altrimenti. A logica andrebbero stabiliti confini certi, senza possibilità di variazioni illogiche; come se oggi occupassimo la Corsica perché geograficamente è roba nostra. Non abbiamo questa mentalità, ringraziando Dio, ma chi è nato nella striscia di Gaza, chi Dio dovrebbe ringraziare?

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    1. Infatti è uno dei miei stessi pensieri, Franco. Mettersi idealmente nei panni dell'altro e cercare di capire senza limitarsi al proprio orizzonte. Ci sono comportamenti umani di base che dovrebbero escludere ammazzare indiscriminatamente, togliere la terra all'altro, togliergli la dignità. Non so quale corto circuito sia avvenuto nel mondo israeliano, tanto sta facendo proprio il nazionalismo del leader in carica, non c'è dubbio. Una linea dura che ha inasprito un problema radicato.

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  4. Non è facile scriverne e neanche parlarne.
    Sento che non ci sono possibilità diplomatiche perché nessuno dei due popoli (anzi nessuno delle due fazioni che comanda sui popoli) ha intenzione di trovare un compromesso, ancor di meno un dialogo. E questo è terribile. Tragico.
    Certo è che tu sei stata straordinaria a descriverne la situazione.
    Grazie Luz. E speriamo si trovi almeno un modo perché la gente possa salvarsi. Ciao.

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    1. Grazie, ho cercato di fare una sintesi, di non lasciarmi prendere dalla tentazione di manifestare una consapevolezza del problema che non può appartenermi, perché non sono un'esperta in materia. L'aspetto umanitario sì, su quello possiamo essere certi che si stia compiendo un grave abuso e ci viene spontaneo chiederci se esistano modi per evitare questo inferno.

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  5. Già, cara amica, di fronte al conflitto ebreo-palestinese ho sempre avuto una posizione non netta: va bene, il diritto degli ebrei di sentirsi popolo in una Nazione, ma perché ottenere questo riconoscimento a scapito della popolazione palestinese presente nella stessa terra. Ma perché è così difficile la convivenza? Perché non accontentarsi di avere un territorio proprio, perché volersi appropriare anche di altri spazi? Diciamo sempre che la storia non ha insegnato nulla in certi casi, e agli ebrei secoli di ghettizzazione (per non tornare a fatti ben più tragici) hanno insegnato cosa: a comportarsi come gli aguzzini di cui essi stessi sono stati storicamente vittime eccellenti?
    D'altra parte, è pur vero che lo Stato ebraico deve difendersi da un odio viscerale che nessun accordo è riuscito in passato né potrà in futuro mai dirimere: la Palestina sforna il peggior terrorismo mondiale, quello impietoso e imprevedibile e, onestamente, fa paura il pensiero di queste schegge impazzite che possono operare in qualsiasi Nazione.
    Davvero, è una situazione difficile da sottoporre a giudizi definitivi: intanto, però, ci vanno di mezzo i civili, parti innocenti, uniche vittime del gioco al massacro che è la guerra.

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    1. Noi parliamo di Israele e Palestina tendenzialmente pensando che quanto accade esprima il pensiero di tutti gli israeliani e tutti i palestinesi. Anch'io dico "Israele" ma forse farei bene a dire la frangia più estremista, di destra, israeliana. Poi vedo che da quegli aerei cadono grappoli di bombe dell'aviazione di quel paese armato fino ai denti, ma tutti sono di estrema destra? Obbediscono a ordini? Hanno una coscienza queste persone mentre bombardano un ospedale? Perché che non ne posseggano i terroristi lo sappiamo bene, ma loro? Ecco, mi sembra che si stiano calpestando i più elementari diritti umani e civili, dopo decenni in cui le principali costituzioni del mondo libero non fanno che riportare il sacrosanto dovere di rispettare tutti. In questo attacco la mancanza discriminazione fra colpevoli e innocenti mi fa paura, mi inquieta. Mi dico, allora esiste questa cosa qui. Esiste ancora, come fino a quel 1945, quando furono bombardate intere città senza distinguere le popolazioni civili. Noi eravamo gli "eroi", la parte buona che estirpava il terribile nazismo dall'Europa e dal mondo, ma fummo coloro che conclusero il conflitto facendo eccidi in cui la coscienza non c'entra nulla. Alle medie, mi ricordo, ripetevamo a pappa quel passaggio: poi gli Stati Uniti sganciarono le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, senza neanche capire cosa significasse.

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  6. Mentre scrivo il bilancio è sempre peggio: a Gaza la situazione è disperata, l'Oms denuncia mancanza di acqua e rifugi, gli ospedali al collasso. Macron e Sunak chiedono di far arrivare acqua, cibo e medicine, mentre Meloni esalta la sua astensione. Ho provato vergogna. Sono più di 8.000 i morti a Gaza e la pace non è manco in agenda. Guterres ha fatto bene a richiamare all'attenzione la storia di questo conflitto, mentre io e tutte le persone di buona volontà sono addolorate. Quando si abbandona una condizione di fragilità (lo ha fatto da anni la comunità internazionale, ONU compresa) politica, economica e sociale come è accaduto in Palestina lasciando Israele (e che governi) proseguire l'opera di annientamento cosa ci si può aspettare? L'odio si combatte con la pace non con altro odio. Sono anni che i palestinesi attendono un proprio spazio in cui costruire una nazione. Solo questa è la via per la pacificazione, per cui occorre cessare il fuoco subito. Per fortuna le persone stanno scendendo in piazza per chiederlo. Tanto tanto dolore

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    1. Possiamo solo salvare questo aspetto: non si percepisce indifferenza, almeno c'è una presa di coscienza con manifestazioni un po' ovunque. La migliore secondo me è stata quella con le sole bandiere della pace, senza bandiere israeliane o palestinesi. Perché dice bene Michele Serra, fanno rumore solo le manifestazioni di piazza che mostrano un preciso schieramento. Invece qui, al di là di torti e ragioni resta questo barbaro eccidio, incluse le vittime dei kibbuz e gli ostaggi. Tutti puniti, da una parte e dall'altra.

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  7. Hai fatto un quadro preciso della situazione e non c’è bisogno di aggiungere nulla. Io credo che bisogna fermare l’escalation della guerra a tutti i costi. Israele è stata aggredita con una violenza e un orrore enorme da Hamas, ma nello stesso tempo non può bombardare e mettere a ferro e fuoco Gaza dove ci sono civili innocenti, oltre agli stessi ostaggi israeliani che hanno sempre meno speranze di essere salvati in questo modo.
    Bisogna scongiurare la guerra totale perché da una parte c’è un oriente integralista contro un occidente “distratto” da troppi interessi economici, l’unica risposta è il dialogo, ma l’Onu non sembra raggiungere l’obiettivo per cui è nato ed è sconfortante.

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    1. La cosa che fa più paura è proprio il rischio di un ampliamento di questo conflitto, in ogni suo aspetto, anche solo quello di un inasprimento del terrorismo nel mondo. Siamo tutti a rischio, nessuno escluso. :(

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  8. Questo non è più terrorismo questa è guerra che sta creando altro odio reciproco, anche se vedo che in Israele molti anzi tanti contestano l'attuale governo che per anni non solo ha ignorato la controparte arabo palestinese ma ha alimentato intolleranza.
    Il maggior quotidiano di Israele (Haretz) sin dall'inizio della crisi ha chiesto le dimissioni di un governo che fra l'altro che si è fatto cogliere impreparato.

    CI vuole la pace anche se oggi sembra utopia, ci vuole uno stop che preluda finalmente ad un accordo di pace nonostante hamas e i paesi che lo appoggiano come Iran e Qatar .

    Un salutone

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    1. Il non esserci le giuste condizioni per la pace, giacché proprio questo leader è il fautore del peggioramento dei rapporti fra le parti, è quanto ci angoscia maggiormente. :(

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  9. Un po' alla volta Israele sta diventando uno stato terrorista. Qualcuno pensa che solo il genocidio della Palestina può risolvere il problema.

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    1. Hai centrato il problema di fondo anche se penso che quello che hai descritto è il pensiero che esiste da entrambi i contendenti: annientarsi a vicenda e questo può succedere ahimè

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    2. L'intransigenza di Israele mi spaventa perché è avallata dalla compagine alleata, con un sì alla sua politica o con l'astenersi dinanzi a chi, come l'Onu, prende le distanze dall'atteggiamento guerrafondaio che la caratterizza. Non so in quale direzione ci stiamo dirigendo, ma non mi piace per nulla.

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  10. Vedo un pericoloso aumento dell'antisemitismo come in questi giorni in Daghestan
    Ariciao

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    1. L'antisemitismo che riprende piede è il segnale degli idioti cui viene ridato ossigeno malato. Non possiamo aspettarci soluzioni pacifiche se non dal resto del mondo responsabile, come quando a scuola insegnanti e bidelli dividono due facironosi e irrequeti che si stanno picchiando. Ognuno al proprio banco. ..lo so..magari fosse così semplice..

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  11. Ciao Franco Battaglia,
    condivido e, ahimè, lo so anch'io: fosse così semplice da fare. Ci vuole un senso di unione che, sulla carta, ci sarebbe ma poi bisogna vedere nella pratica delle cose.
    Un salutone a te e a Luz

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  12. Da quando nacque lo stato di Israele nessuno ha mai voluto due popoli e due stati, a partire dalle monarchie arabe, quindi mi fanno sorridere (per modo di dire) coloro i quali lo ribadiscono in questi giorni. Con il tempo, la matassa si è fatta sempre più intricata, e comunque le contrapposizioni non vanno mai bene. Ciò che ha fatto Hamas è pura barbarie, ma ciò che sta facendo il premier israeliano è una reazione del tutto sproporzionata, solo moltiplicata per diecimila ai danni di innocenti, bambini, donne, anziani, uomini, distruggendo e radendo al suolo tutto, massacrando povera gente indifesa che non riesce nemmeno a fuggire. Ci sono edifici che sono sacri e intoccabili, come le scuole, i campi profughi, gli edifici religiosi e gli ospedali; questo anche se ci fossero sotto mille terroristi e per ipotesi tutti i palestinesi, neonati compresi, fossero collusi. In questo modo non si fa che seminare odio e altro odio in misura abbondante, e alienarsi le iniziali simpatie che Israele ha avuto all'inizio del conflitto.

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    1. Hai ragione, Cristina. Ci sono luoghi che pure se contenessero tutto il terrorismo del mondo, lì vilmente nascosto, non dovrebbero essere toccati. Mi è capitato di vedere in tv un video in cui viene ricostruito virtualmente tutto ciò che si presume sia nascosto sotto Gaza. Una fitta rete di gallerie, un quartier generale con tanto di uffici, dormitori, ecc. Non so, a me è parsa propaganda politica, ma non siamo nessuno per esprimerci su questo. Abbiamo il pieno diritto di urlare il nostro sdegno contro la carneficina in atto. Che vergogna.

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  13. Quando non riesci a comprendere una situazione, chiediti chi ci sta guadagnando. In una guerra potrebbe sembrare che il fine ultimo sia il potere, politico o territoriale. Ognuno vuole prevalere sull'altro per averne un vantaggio. No, in una guerra l'unica che guadagna davvero, sempre e comunque, qualsiasi sia il vincitore, è l'industria bellica. Ci sono nazioni che vivono di sola industria bellica, se non vendono armi tanto al loro interno quanto all'estero, falliscono domani. Così ci sono delle situazioni nel globo che sono volutamente mantenute "calde", fomentate quando occorre ridare vigore all'industria bellica. Israele e Palestina erano già destinate sulla carta ad essere una di queste. Dei civili non gliene frega niente, della religione men che meno (nessun Dio che si vuole davvero chiamare tale potrà mai giustificare una guerra, è l'Uomo ad usare Dio per coprire i propri misfatti). Si lasciano manovrare solo per vile denaro, sia dall'una che dall'altra parte, e si approfittano delle menti più deboli, creando odio anche dove la maggioranza delle popolazioni vorrebbe la pace.

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    1. Già, l'industria bellica e tutto l'interesse attorno a essa è uno dei forti motivi a spingere verso l'uso delle armi. Lì lo snodo della mia riflessione. Abbiamo creduto per decenni che le aberrazioni delle grandi guerre del Novecento fossero solo un ricordo su cui fare memoria, per riflettere. L'uomo si è svincolato da quegli atteggiamenti sventolando un'idea di democrazia libera e rispettosa dell'umano. Invece ogni più bel discorso è andato a infrangersi su questo disastro e sui tanti altri che forse non conosciamo perché è come se non ci riguardassero, ne sappiamo poco, vogliamo ignorare.

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