Vi capita di sentirvi addosso un carico troppo pesante da tollerare? Di dare troppa importanza a qualcosa che in realtà non lo è, di fissarvi su un'idea pur consapevoli che senza quel tarlo vivreste magari molto meglio? Sarà capitato a tutti almeno una volta nella vita. Per quanto mi riguarda, dalla mia ormai matura età posso dire di aver capito alcune cose, una di queste è di non sottovalutare lo stress derivante da quella fatica di arrovellarsi su cose e persone. Non si pensa mai a quanto sia nocivo non votarsi invece... a una sana leggerezza. Donarsi serenità, raggiungere una vera e propria pace con se stessi e il mondo è un regalo che dovremmo farci tutti. Non fa parte delle nostre priorità, presi come siamo da obiettivi che paiono più concreti: mirare a una carriera soddisfacente, concludere un progetto al meglio, ampliare gli interessi. Tutte cose sacrosante, ma quanto sappiamo conciliarle con la leggerezza?
L'assenza assoluta di un fardello fa sì che l'uomo diventi più leggero dell'aria, prenda il volo verso l'alto, si allontani dalla terra, dall'essere terreno, diventi solo a metà reale e i suoi movimenti siano tanto liberi quanto privi di significato.L'insostenibile leggerezza dell'essere, Milan Kundera
In sostanza, significa vivere, non certo rinunciare agli obiettivi di cui sopra, ma con l'abilità di saper porre una distanza fra sé e le cose nel momento in cui ci paiono gravose, insostenibili.
Pensiamo un attimo alle mille incombenze della vita quotidiana, ma anche a un determinato problema da risolvere: se attribuiamo a quel problema un peso maggiore rispetto al suo peso reale, questo ci travolgerà. Le notti diventano insonni, si tende all'ansia, al nervosismo, ecc.
Votarsi alla leggerezza significa sfuggire al peso di una gravità che rende la vita soffocante, spigolosa,
priva di fantasia. Un'impresa non da poco se allo stesso tempo si cerca
di non essere superficiali, di entrare dentro le cose e percorrerle
fino in fondo, di concretizzarle seriamente quando si tratta di un
prodotto della creazione artistica o di un momento della nostra vita
professionale. Eppure perché privarci di supporre che leggerezza e
rigore possano essere abbracciati entrambi, costantemente, e piuttosto
non arrivare alla certezza che proprio questo connubio dà un'opportunità
in più al vivere, rende ricca e originale la creazione e significativa
ogni relazione umana?
Calvino nelle sue Lezioni americane dedica un gustoso capitolo alla
leggerezza, desunto da una conferenza che credo abbia incantato l'uditorio.
Intendendo spiegare tanti suoi registri narrativi, fa scivolare il suo
sguardo attraverso grandi opere d'ogni epoca, leggendovi proprio la
leggerezza che vuole teorizzare.
Fra i suoi esempi, Mercuzio,
indimenticabile personaggio della tragedia dei due amanti di Verona, in
risposta a Romeo e al suo sentirsi schiacciato sotto il peso d'amore, lo
invita a servirsi delle ali di Cupido per volare piuttosto, e godere
appieno delle opportunità dell'amore.
E' la stessa levità di Cyrano, che
fino alla morte recupera il senso dell'ironia in ogni esperienza, anche
quella tragica del trapasso. Così
come la spinta forte a superare i limiti dell'immaginazione,
sostanziata nella leggerezza del volo del Barone di Munchausen, esplode
nel celebre personaggio creato da Rudolph Erich Raspe. Gli esempi di
questa leggerezza, ciò che vuole rappresentare, sono decine e decine
nella letteratura di tutti i secoli, ciò fa pensare che essa sia un
valore imprescindibile, simboleggiato nella vittoria sul peso della
gravità e ricco di significati dietro questa apparente semplificazione.
Non è mai tardi per rivendicare il diritto alla leggerezza, se le diamo
il potere di abbattere ogni fortezza innalzata dall'austerità, la
mancanza di fantasia, di coraggio. Apparentemente inespugnabili, le mura
di queste fortezze sarebbero friabili dinanzi al vento di una
leggerezza che è più forte di quanto si potrebbe immaginare.
Personalmente, rivendico il mio diritto alla leggerezza ovunque io sia,
pur non perdendo di vista le fondamenta salde su cui mi costruisco
professionalmente, artisticamente e umanamente. La mia leggerezza è uno
scudo ad esempio contro la saccenza, l'austerità e superbia di chi non
comprende quanto siano vaste le possibilità umane, come si possa
cogliere la bellezza nella semplicità e si possa essere dignitosamente
in grado di contribuire ad essa. Amo scrivere, recitare, dirigere,
insegnare, tutti ambiti costruiti su forti impalcature ma sulle quali si
erge la mia costante levità. Detesto la bieca ignoranza di coloro che
possono apparire onniscienti ma ai quali manca l'umiltà, così come
detesto l'ignoranza grossolana di chi sceglie di non progredire e
guardare con occhi sempre nuovi alle infinite possibilità che la vita
offre.
Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore.Lezioni americane, Italo Calvino
E voi, come siete messi quanto a leggerezza? Leggo volentieri le vostre riflessioni a riguardo.
Noi siamo schiacciati da un enorme peso causato dalla nostra debolezza. L'egoismo impedisce di amare. Ci sono attimi in cui riusciamo a liberarci da queste catene e cominciamo a correre verso gli altri. Più che correre voliamo senza l'oppressione della paura. Sono momenti stupendi che attraverso la memoria si ripresentano nei momenti terribili della sofferenza.
RispondiEliminaÈ proprio come scrivi: il donarsi vero è privo del peso di egoismo, debolezza, oppressione. Il donarsi per esempio è incompatibile con la dipendenza affettiva. La leggerezza è contenuta nei sentimenti migliori, è libertà, pertanto levità.
EliminaEsatto, leggerezza non è superficialità come qualcuno potrebbe credere, ma prendere le cose col giusto peso.
RispondiEliminaHai detto bene: saper porre una distanza tra noi e le cose.
Non è facile vivere con leggerezza, perché è chiaro che per farlo è necessario che intorno a noi le cose debbano tendere a una visione più rilassata della vita stessa.
Però ecco, già trovare un equilibrio e non lasciarci schiacciare dai pesi significa... leggerezza.
Moz-
Il punto è riuscire a porre quella equidistanza liberandoci di quello che opprime ogni buona energia. Non è per niente facile. Per quanto mi riguarda, tutta la prima parte di quest'anno si portava dietro il peso degli impedimenti della pandemia. Quando ho sentito di dovermi rimboccare le maniche per uscirne, allora man mano quei fardelli si sono alleggeriti. E se ne vedono i frutti. La creatività aiuta moltissimo.
EliminaIo purtroppo un peso enorme sopra la testa, al quale si sommano spesso le tante preoccupazioni quotidiane che la vita non lesina mai di propinarci.
RispondiEliminaLa mia "tecnica", come accennavo in un post precedente, è di "distrarre" la mia mente, farla concentrare su attività che mi rilassano, tipo creare le mie inutili vignette o scrivere i miei inutili racconti. Inoltre evito accuratamente le angosce inutili. Non vedo più film horror da anni, perché so che poi, in qualche modo, mi ricompaiono nei sogni notturni. Ormai vedo solo film senza jumpscare.
Questa tecnica della "distrazione" immagino sia molto utile. La tua mente, però, suppongo che uscita dalla distrazione torni a sentire il peso delle cose. Dovremmo chiederci, ciascuno di noi, se stiamo facendo abbastanza per andare verso una reale leggerezza, se stiamo lavorando per "liberarci". Tu hai la creatività, se uscisse dal piccolo perimetro della distrazione e diventasse un progetto, potrebbe offrirti molto di più.
EliminaItalo Calvino, nelle sue lezioni americane, sosteneva "Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore"
RispondiEliminaNon è facile con i tempi di oggi ma come dice MikiMoz cerco di trovare un equilibrio e dove posso unisco leggerezza con resilienza.
Esattamente come riportato nel post, potrebbe essere interessante leggerlo.
EliminaScusa, ho dimenticato di dirtelo prima. Sono l'ex blogger Accadebis ho riaperto con quello strano nick name (decliviodomani) che mi è venuto così senza pensare. Passa quando vuoi.
EliminaUn salutone e alla prossima
Ciao! Ho cercato sul tuo vecchio blog ma risulta cancellato. Dove posso trovarti?
EliminaMi trovi su decliviodomani.blogspot.com un salutone
EliminaTi confesso che L'insostenibile leggerezza dell'essere non mi ha mai incuriosito...
RispondiEliminaLa leggerezza è una cosa che ho sempre apprezzato nelle persone e che purtroppo nella mia famiglia, ossessionata dal dover apparire sempre "in ordine", è mancata.
Due esempi mi vengono in mente in questo momento:
- sul lavoro. Come sai, io insegno matematica e fisica: le ho sempre presentate come discipline belle, divertenti; dovendo combattere non poco contro lo stereotipo che le vuole discipline "fredde", dove non puoi permetterti il minimo sgarro. Qualche mio allievo poi si meraviglia perché, tuttavia, nelle verifiche pretendo l'uso corretto dei termini... il fatto che la disciplina sia divertente non significa che sia meno rigorosa;
- in chiesa. Una delle cose che non sopporto è la sciatteria nelle liturgie. Mi fa letteralmente scappare dalla Messa. Mi capita, ogni tanto, di dover animare (sono corista di lunghissimo corso); e quando non ho nessuno che accompagni all'organo o ad altri strumenti (sto studiando pianoforte, ma non me la sento ancora di accompagnare), ho il mio libretto magico, che neanche molti preti conoscono: il Graduale Simplex. Canti gregoriani semplici e (ovviamente) liturgicamente ineccepibili. Per me sono un gioco, quei canti; e richiedono, per l'appunto, leggerezza. Anche se le regole sono ben precise. E devo scontrarmi, anche in questo caso, con gli stereotipi.
Io purtroppo non sono mai stata "portata" per matematica e fisica, anche se nella vita poi mi sono imbattuta in prove concrete in cui avrei potuto avvicinarmi a queste discipline con qualche abilità. Vai a capire cosa sia mancato: metodo? Insegnanti validi? Perché l'impegno no, quello non m'è mai mancato e anzi ricordo bene la mia frustrazione dinanzi a quesiti di geometria e passaggi di algebra. Quanto alla fisica, un giorno mi imbattei al liceo in un prof in supplenza che si sedette accanto a me. Era il professore di fisica di una sezione diversa. Ci mettemmo a parlare proprio del perché in alcuni studenti la fisica non attecchisse (al Classico non ti fai tanti problemi a riguardo, lo riconosco) e io dissi che amavo la filosofia e la letteratura, forse per quello non avrei mai amato una materia così vicina alle scienze (e fredda, come la percepivo, ahimé). Lui mi guardò intensamente e sorrise, rispondendomi: "ma guarda che c'è tanta filosofia nella fisica". E peccato che l'ora finì e non ebbi più occasione di incrociare i suoi passi, perché avrebbe potuto spalancarmi un mondo.
EliminaRiguardo ai canti liturgici, mi viene in mente l'Inferno di Dante. La Commedia che è tutta proprio tale, e andrebbe letta anche con la leggerezza dovuta, almeno in quei canti così "iconici" dell'Inferno. Benigni a mio parere ne fece un'ottima cosa.
Ma', insomma. Che ci sia tanta filosofia nella fisica ho i miei dubbi: certo, come in qualsiasi disciplina ci sono le scuole di pensiero, ma il metodo è totalmente diverso. I collegamenti tra fisica e filosofia (o tra matematica e filosofia) per me esistono solo nella mente dei filosofi, così da convincersi di capire di fisica o matematica, mentre se io chiedessi loro di spiegarmi cos'è un momento angolare probabilmente andrebbero in ipossia XD
EliminaA parte gli scherzi, secondo me il problema sta molto a monte. Innanzitutto perché non esiste l' "essere portati" per le scienze: sono materie come tutte le altre. Poi, ad essere ottimisti, il 90% delle maestre elementari odia la matematica, ed è ovvio che una maestra che odia la matematica la insegnerà male; insegnerà a imparare le tabelline a memoria, le formulette a memoria... La morte della matematica. Le medie sono da sempre il buco nero dell'istruzione pubblica, in tutti i sensi; e quando si arriva alle superiori, per molti studenti ormai la frittata è fatta.
Sul Dante interpretato da Benigni non mi esprimo, perché detesto l'uomo, sotto qualsiasi punto di vista. Molto, molto meglio Riccardo Starnotti.
Eppure se pensiamo a Stephen Hawking, che pure era un fisico, lui pure giunge a una visione filosofica, sebbene applicata al cosmo. Insomma, pare che le due discipline vadano a intersecarsi in qualche punto. Riguardo alle maestre, probabilmente la tendenza è proprio quella. Però non spiegherebbe il perché diversi alunni e alunne siano poi orientati verso la logica matematica. Alle medie noto che sempre meno anzi si vogliano intraprendere studi umanistici, sebbene diversi licei classici si stiano dotando di programmi che includano più ore di matematica. Ho sentito di una sperimentazione di classico che esclude il greco (!) per dare spazio a diverse ore di matematica settimanali. Lasciami dire, tutto questo è molto triste. Sono convinta anch'io del buco nero dell'istruzione pubblica individuabile nelle medie. Te lo dico da insegnante di Lettere delle medie. Raccolgo alunni e alunne con gravi carenze in particolare nel metodo. Noi poi continuiamo probabilmente a commettere errori. C'è qualcosa che non va in tutto il pacchetto. Solo che non sappiamo dargli un nome. Mi sono andata a cercare questo Domenico Starnotti, ma io continuo a preferire Benigni. XD
EliminaSono anni che rivendico il mio diritto alla leggerezza cara Luz, purtroppo sono gli altri a essere pesanti e a buttarmi giù con grandi macigni, sarà per questo che sono diventata asociale?
RispondiEliminaCon il tempo ho smesso di frequentare certe persone che rendevano il mio tempo “pesante”, almeno le persone che potevo evitare, altre fanno parte della mia famiglia (oppure sono di contorno alla mia famiglia di origine) e non posso scansarle. Però ho scoperto che c’è sempre qualcuno che ci ruba la leggerezza, in un modo o nell’altro, spesso é la stessa società che ci impone macigni non richiesti. Quello che ho imparato negli anni è che è importante “dire no” quando quello che ci chiedono va oltre le nostre esigenze e i nostri desideri, purtroppo è difficile perché anche nelle democrazie siamo un po’ prigionieri delle convenzioni.
Sono perfettamente d'accordo, Giulia, quando scrivi "c’è sempre qualcuno che ci ruba la leggerezza, in un modo o nell’altro, spesso é la stessa società che ci impone macigni non richiesti". Io stessa sento il peso di certe dinamiche, anche sul lavoro. Preferisco non esprimermi in modo franco, non vorrei offendere nessuno, ma anche in un ambiente apparentemente gioviale e tranquillo si annidano cose che mi lasciano esterrefatta. E mi fermo qui. Questa cosa per esempio ha il potere di appesantire, sento che mi pesa perché non me ne faccio una ragione. Ma poi so che il solo modo di liberarmi dal fardello è ridimensionare l'evento, la persona, e poi lavorare io stessa a contrasto, come se dovessi raddrizzare anche solo nella mia immaginazione la realtà. Crearmene una mia non meno importante. Ho finito col capire che grosso modo dipende molto da noi. Poi ci sono cose che in effetti non possiamo contrastare.
EliminaNon appena ho iniziato la lettura di questo post ho pensato a Calvino, alla sua frase che mi ha sempre affascinata. Ti confesso che negli anni passati non vivevo con molta leggerezza, prendevo la vita troppo sul serio e mi cadevo sotto il peso delle cose. Però è anche vero che certi errori si commettono in gioventù, quando la mente umana ha le prime esperienze nel mondo. Oggi ho imparato ad accogliere la leggerezza anche se ammetto che non è facile unirla al rigore, però ho fatto molti passi avanti. Il tuo post mi ha riportato anche a una bellissima canzone dei Queen che invita a vivere con leggerezza, " Don't try so hard". Un ascolto che consiglio.
RispondiEliminaGrazie per il suggerimento! Ecco, quel "prendere la vita troppo sul serio" è il fulcro di tutto. Ci sono persone nelle quali mi capita di imbattermi che, davvero, se la prendono a morte anche per delle sciocchezze e anche non riferite esattamente a loro. Ne fanno un "problema". Guardando a un caso come questo da altra prospettiva, ti rendo conto che addirittura assomiglia a una sciocchezza da scrollata di spalle. Sembra un paradosso ma accade...
EliminaPensa che mi sono imbattuta in "Lezioni americane" di Italo Calvino in occasione della visita alla mostra di alta gioielleria Van Cleef & Arpels. In pratica fu l'ultima mostra prima della chiusura per la pandemia. Nella mostra i gioielli erano accostati a passaggi dai libri di Italo Calvino, in particolare "Le città invisibili" oppure "Lezioni Americane". Sono andata a riprendermi il post che avevo scritto e alla voce Leggerezza riporto: SALA 3 - TEMPO: LEGGEREZZA. "La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l'abbandono al caso" (Lezioni americane).
RispondiEliminaLa leggerezza, come la semplicità, è un obiettivo difficile da raggiungere. Come hai scritto anche tu, non si tratta di superficialità, ma la liberazione da zavorre che ci tengono ancorati al suolo, in primis consuetudini, stereotipi e regole sociali.
Voglio andare a rileggermi quel tuo post, mi piace questo accostamento fra gioielli e brani di letteratura. Lessi Le città invisibili all'università, fu un'esperienza molto bella perché lavorammo sulla rappresentazione di una delle città narrate, a scelta. La mia cadde su Leonia, la città che rinnova continuamente se stessa a partire dal grande immondezzaio delle cose rifiutate. Ci feci una specie di tavola illustrata che piacque al professore.
EliminaLa leggerezza è un obiettivo non semplice da raggiungere. Credo sia nei propositi di tutti, perché scrollarsi di dosso i pesi che portiamo quotidianamente, chi in un modo chi in un altro, è davvero un desiderio condiviso, forse l’unico che mette d’accordo chiunque. Ma questo solo se non perdiamo di vista il significato corretto del termine, quello che tu hai ben delucidato sorretta da nobili esempi letterari. La superficialità è un’altra cosa e tra l’altro è un atteggiamento che tollero poco nelle persone. Invece la leggerezza è quasi un pregio: sapere affrontare la vita con questo spirito è un dono. Io vorrei essere sulla buona strada in tal senso, ma devo ancora lavorare molto su me stessa: non riesco, talvolta, a vedere certe situazioni come andrebbero viste, a valutare guardando dall’alto... e sarebbe bello vivere la maturità con questa consapevolezza.
RispondiEliminaMarina
Proprio oggi facevo un pensiero molto simile al tuo: Io vorrei essere sulla buona strada in tal senso, ma devo ancora lavorare molto su me stessa: non riesco, talvolta, a vedere certe situazioni come andrebbero viste, a valutare guardando dall’alto.
EliminaPerché c'è sempre qualcosa che riesce ad avvelenare anche il più nobile dei propositi. Mi sono accorta che ci sono aspetti nelle persone che proprio non sopporto. Non voglio reputarmi migliore rispetto a nessuno, si tratta di pura e semplice incompatibilità. Quando avverto questa cosa in qualcuno che purtroppo devo frequentare, mi viene difficile scendere a compromessi, anzi mi diventa impossibile. E se penso che l'altro è del tutto indifferente a questo problema allora mi dico che sto sprecando, e in modo immaturo, energie preziose.
Che bel post, Luz! Io ammetto di non essere sempre in grado di essere leggera, di far apparire alci e cose più gravi di quanto non siano. Eppure, essendone consapevole, forse riesco a non trasformarle in un cruccio malato, a far sì che non sovrastino ciò che è più importante. O, almeno, lo spero. Anche per me la leggerezza diventa uno strumento per difendermi dall'ottusità, dalla presunzione, dallla boria e dalla noia: anche sul lavoro cerco di essere sempre seria ma mai seriosa, di non sacrificare mai la distensione e l'ironia. Leggerezza, come scrive Calvino, non è affatto superficialità... e dove c'è Calvino c'è verità!
RispondiEliminaPartire dalla consapevolezza di non essere mai riusciti ad afferrare una piena leggerezza è anche un modo per non trasformare il vivere in una serie di crucci. Sai che questa riflessione è particolarmente preziosa? Comunque, proprio oggi, in seguito a una specie di discussione per chiarire alcuni aspetti di una "amicizia", mi sono trovata in serie difficoltà. Quando senti che l'altra persona è totalmente chiusa alle tue osservazioni e perfino quelle che ritiene buone intende mettere da parte, allora sorge in me un imbarazzo. Non c'è discorso che regga. Me ne rammarico, me ne faccio un cruccio. Quello che sblocca almeno in parte e mi fa riconquistare la mia leggerezza è scrivere, spiegare magari a chi sa ascoltarti. La scrittura funziona magicamente come valvola di sfogo. Mi rendo conto, al di là di ogni buona intenzione, che occorre tempo per conquistare leggerezza su un caso particolarmente difficile da affrontare.
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