mercoledì 25 marzo 2020

Dantedì 2020 - Come si legge la Divina Commedia?

Ci siamo, finalmente in Italia si sono resi conto ai Beni culturali che l'eccellenza di Dante, riconosciuta e celebrata in tutto il mondo, doveva avere un giorno dedicato. 
Viene scelto il 25 marzo come data in cui si ipotizza l'inizio del viaggio ultraterreno narrato nella più grande opera letteraria mai concepita da mente umana, la Divina Commedia

E sì che il nostro ne ha scritte di opere, mente fervida e attivissima, uomo di politica, linguista, filosofo. Fare una sintesi del suo operato e del suo sapere sarebbe uno sforzo immane quanto riduttivo. Dante lo abbiamo incontrato tutti, studiato tutti, dai cenni allo Stilnovismo e alla Commedia alle scuole medie fino agli approfondimenti alle superiori, in particolare per chi, come me, ha frequentato il Classico.
Finito il biennio, che ai miei tempi si chiamava ginnasio, per ciascuno dei tre anni successivi si intraprendeva il lungo ed estenuante cammino della lettura e analisi delle tre Cantiche. Credo che sia tuttora così.
Ovviamente il terzo anno, quello dell'Inferno, fu il più bello.

Non ebbi la fortuna di avere insegnanti particolarmente stimolanti al mio terzo anno. La professoressa di Italiano aveva una voce piatta, grigia, lagnosa. Ricordo che violentava letteralmente il testo, privandolo di quella ritmica e di quegli slanci che lo hanno reso immenso. 
Me lo leggevo per conto mio a casa, nella mia cameretta fitta fitta di libri sparsi, leggevo e rileggevo e scoprivo nuovi suoni, significati, contenuti difficili da comprendere ma immensamente potenti. Dante "stava parlando" attraverso il testo. 
Un giovane Dante scrisse una deliziosa raccolta poetica, la Vita Nova, in cui troviamo uno dei sonetti più belli e cari a chi ama le Lettere. 

Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand'ella altrui saluta...

Questa maestria dell'aver saputo contribuire al Dolce Stil Novo superando chi quello stile aveva inventato, Guido Guinizzelli, mi ha sempre fatto pensare. 
I sonetti di Dante tipicamente stilnovisti sono una summa dei valori medievali, ma annunciano già in sé il genio dell'età matura. Chi ama Dante non può perdersene la lettura. 

Ma torniamo alla Commedia, che diventa "divina" su intuizione del migliore Boccaccio umanista, che la studia, la analizza, la critica, la ama. Fino a persuadere chi leggerà il suo Trattatello in laude di Dante a ritenerla "divina" e a tramandarla con questo aggettivo ormai irrinunciabile. 
La Commedia è un poema monumentale, un'opera subito celebre, che fino all'avvento della stampa a caratteri mobili ebbe una diffusione in centinaia di manoscritti. 
Nasce fin da subito la migliore critica della Commedia dantesca, il "secolare commento" che ancora oggi prosegue il suo viaggio di interpretazione e non solo nelle università italiane. Basti pensare al tedesco Auerbach, uno dei migliori dantisti di ogni epoca. 
La Commedia, scritta in quel volgare toscano che non avrà più detrattori da quel momento - si pensi che fino a tutto il Quattrocento il latino era ancora considerato lingua principe in molti ambiti - getterà le basi della lingua italiana e sarà un modello ineguagliabile.

William Dyce, Paolo e Francesca (1837)

Alzi la mano chi non ricorda neppure un personaggio del poema. Impossibile. 
Non ci viene difficile pensare all'Inferno e a quel Canto V in cui parla la peccatrice Francesca da Polenta, figlia del signore di Ravenna e sposa di Gianciotto Malatesta, trucidata da questo perché adultera. Le parole che Dante fa pronunciare alla dolente fanciulla mai pentitasi del suo peccato sono... non saprei neppure come definirle. 
Come si fa a definire la bellezza a un livello altissimo? Esistono aggettivi in grado di qualificarla? 
Prendiamo solo i versi che compongono l'anafora

Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende
Amor, ch'a nullo amato amar perdona
Amor condusse noi ad una morte

Dante ci dice che l'Amore è un sentimento dinanzi al quale la Ragione non può nulla. Si aggrappa rapidamente ad un cuore gentile, e a nessuno risparmia, se amato, di riamare. Versi eterni che eternano l'amore come forza naturale. 
Come non ricordare l'Ulisse del Canto XXVI, peccatore tra i fraudolenti e il suo folle volo, il principio senza tempo della conoscenza come obiettivo primario dell'uomo:

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza

E se vi dicessi la bocca sollevò dal fiero pasto, non vi verrà in mente quel Conte Ugolino della Gherardesca del Canto XXXIII fra i traditori della patria, condannato a rosicchiare il teschio del suo maggiore nemico, l'arcivescovo Ruggieri? 
Insomma, anche se non abbiamo una conoscenza dettagliata dell'opera, possiamo ben dire che diversi suoi passaggi sono rimasti nella nostra memoria, perché nel momento in cui a scuola entrammo in contatto con questo "viaggio dantesco", ogni passaggio fu memorabile. 

Come si legge la Divina Commedia?
Beh, direte voi, basterà andare su YouTube e selezionare uno dei tanti video che mostrano attori celebri alle prese con il testo. A ben guardare, ce ne sono molti. Vediamo il Canto V. 
Il primo che ci viene in mente è di certo Vittorio Gassman.




Gassman è indubbiamente un gigante, però... leggete cosa pensano della sua lettura Tullio De Mauro e Andrea Camilleri

De Mauro: [...] lo stesso faceva Gassman: "Nel meeeezzo del cammiiiin di nostra viiita...", col vibratino. Ma come, quello sta dicendo "nel mezzo del cammin di nostra vita", una cosa seria insomma, e tu giù, enfatico, irreale. [...]

Camilleri: Gassman era stato educato in Accademia a recitare le poesie in quel modo dall'ultimo superstite, fine dicitore, di poesie: Mario Pelosini, amico di D'Annunzio. E Gassman era il suo allievo prediletto, ecco perché tutti questi tremolii nel dir poesia. Era una cosa che faceva impazzire l'altro - lui sì, veramente grande - che sapeva recitare poesie, cioè Orazio Costa. Lui andava al concreto, al nocciolo, con la parola nuda, giusta, senza aloni, senza niente attorno. 

Mi ritrovo pienamente d'accordo con entrambi, pur facendo chapeau al celebre attore. 
Al punto che preferisco questa versione, quella di Giorgio Albertazzi. Leggera, umana. Mai pomposa.




Molto nota anche la versione di Vittorio Sermonti, per narcolettici. Nessuna passione, nessuna umanità traspare da questa lettura:



La versione di Carmelo Bene è straniante, qualcosa attira ma sembra più una falsificazione del testo, in virtù di un narcisismo cui non può rinunciare: 



La versione di Roberto Benigni, pur piacevole, perde di intensità proprio nel momento clou del canto. Trovo che non abbia dato profondità al testo in quei versi, mentre enfatizzi troppo le parole di Dante. Bellissimo il finale: 



Forse non esiste una lettura perfetta di questi versi. Forse valgono tutte, in fondo la Commedia si riserva di continuare a essere misteriosa, inafferrabile, e la sua lettura fa parte della sua esegesi. 

Quale canto vi piace in modo particolare? Quale lettura vi convince, vi emoziona di più?

22 commenti:

  1. Buon giorno cara, giungo tardi per celebrare degnamente il 25 marzo, ma giungo :)
    Dante e la Divina Commedia furono l'architrave della mia formazione. Preferisco leggere i canti da me, senza ascoltarli da altri. Non sono pigra e mi piace declamare i versi in modo che io, e solo io, possa assaporarne appieno il gusto.

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    1. Che è anche comprensibile. Ognuno ne abbia una propria, personalissima, lettura. :)

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  2. L'Inferno è l'unica cantica che ricordo. I personaggi, le pene, le questioni politiche... delle altre tabula rasa. Però a livello poetico credo di essere carente, ho il ricordo più legato alla parafrasi dei versi che non della bellezza dei versi in quanto tali.
    Come letture, anche io penso che Gassman (da vecchio) fosse troppo enfatico, troppo carico. Secondo me, un attore dovrebbe caricare quando la cosa che recita ha poco spessore e forza, ma se l'opera è fortissima in sè, bisogna essere più lievi. In linea generale, ovviamente.
    Su Benigni non so, non mi piace la sua freneticità, quando lo ascoltavo in tv mi dava un senso d'ansia perché mi sembrava non avere nessuna pausa. Lo ascoltavo e mi sembrava che nemmeno respirasse e mi faceva mancare il respire pure a me.

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    1. Credo che Dante si sia dilettato non poco a scrivere l'Inferno. Mentre l'aspetto dottrinale, un altro stile, compare nelle altre due Cantiche, che di fatto, a parte qualche personaggio come Catone e Pia de' Tolomei, che compaiono nel Purgatorio, non resta impresso il resto.
      L'Inferno è diventato anche uno spettacolo teatrale portato in scena da anni, diverse produzioni sullo stesso tema. Possiede una qualità teatrale e una forza da riuscire a conquistare tutti i lettori e anche i più riottosi alunni.
      Benigni non mi piace sempre, diciamo che certi passaggi sono praticamente perfetti.

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  3. Grazie per questo articolo. L'ho letto con estremo interesse. Purtroppo per quanto riguarda la Divina Commedia, non ho fatto altrettanto durante la scuola. A differenza del classico, ovviamente, all'istituto tecnico non si fa molto Dante e in generale anche all'università ho proseguito con lo studio a carattere scientifico. Apprezzo sempre quando qualcuno con più cultura di me su un certo argomento pubblica qualcosa dal tono divulgativo, fruibile da tutti gli altri.

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    1. Ciao, Clarke. Sai, è deformazione professionale da un lato e dall'altro passione innata. La divulgazione è importante, nel mio piccolo cerco di scrivere post che possano suscitare interesse. Mi sono aggregata anche al tuo, che vedo è molto ricco di spunti.

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  4. L’Inferno è certamente la cantica che rimane più impressa: è quella più dinamica, emozionante, modernamente horror 😁 ed è piena di personaggi, direbbero i giovani, “fighissimi”. Ulisse a me è sempre rimasto nel cuore e, ricordo, di avere aiutato mio figlio a ripetere quel canto, amando riascoltarne, dopo anni, la spiegazione. Ragà, ma chi ce lo riporta indietro Dante Alighieri, il grande, unico, Dante Alighieri!
    Sono proprio contenta che abbiano istituito il Dantedì! ❤️

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    1. Purtroppo si tende ad avere, e a riservarsi, la visione esclusivamente "scolastica" di un autore, un'opera. Dante è molto molto di più di quello che ci hanno raccontato, così la Divina Commedia può essere davvero materia di studio, rappresentazione (da anni accarezzo l'idea di portare in scena l'Inferno con alunni di scuola), anche riscoperta. È un po' quello che succede con I Promessi Sposi, di cui abbiamo una visione limitatissima e anche scorretta.

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  5. A me piace molto la voce di Gassmann, ma è vero che, a lungo andare, la sua Commedia diventa forse troppo retorica e sempre uguale. Nessuna lettura mi convince del tutto, perfino quella di Albertazzi mi lascia perplessa per la sua velocità. Poi, però, darei non so cosa per poter anche solo imitare lontanamente uno di questi interventi nel corso di una lezione: per quanto mi impegni, mi ,mancheranno sempre la giusta dizione e la corretta gestione del respiro.
    Quanto ad un canto preferito, non saprei davvero quale scegliere, ma non riesco a non commuovermi, anche in ricordo delle parole della mia insegnante, che è stata doppiamente tale per avermi sostenuta anche nel tirocinio (durante il quale l'ho riascoltata leggere il Paradiso), quando sento "Vergine madre, figlia del tuo figlio...".
    Di fronte alla Commedia provo un trasporto enorme anche se non sono credente... segno che Dante sa entrare nel cuore.

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    1. Avrei voluto tanto anch'io avere insegnanti tanto bravi da accompagnarmi letteralmente in questi mondi. Invece lo studio fu asfittico, rigido, me lo ricordo come un dovere, pur consapevole che quei versi stavano dicendo molto di più di quanto sentivo dalla professoressa e dalla sua voce grigia e atona.
      Forse non è mai tardi per scoprire il significato vero delle cose. Compresa tanta letteratura che non riesce ad "arrivare" fra i banchi di scuola. Tu insegni alle superiori, io alle medie. Non sai quante volte mi sembra di stare parlando troppo al di fuori della loro portata, di esaltarmi troppo per un contenuto. E sento il bisogno di avere dinanzi a me ragazzi più grandi, più maturi nel comprendere questi contenuti così difficili.

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  6. Forse Dante risuona meglio nella testa di ciascuno, ognuno ha un suo Dante interiore da evocare ed ascoltare?
    E mi trovi d'accordo con te. Gassmann con Dante non funziona molto. Benigni a tratti. Carmelo Bene anche no. Gli altri non lo ho ancora ascoltati...

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    1. Pensa che in tantissimi invece continuano a preferire e a ritenere ineguagliata la lettura di Gassman, proprio quella del tutto infedele allo spirito e alle intenzioni dell'autore.
      Concordo, poi, sulla tua visione di avere ciascuno di noi una lettura che sembra più congeniale.

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  7. Non sono un'ammiratrice, lo ammetto. Colpa di nessuno, sì intende, ma questo giustiziere travestito da poeta che infligge ai più le pene eterne non mi è mai piaciuto. Al pari di coloro sempre pronti a puntare il dito. A parte il famoso inizio credo di avere rimosso il resto dei cantici, ma tra i vari volumi mi aveva colpito di più l'inferno.

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    1. Non mi è mai capitato di leggere un'opinione come la tua riguardo a Dante.
      Non condivido, ma posso capire. Dante è anche colui che decide chi debba stare dove, in effetti.

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    2. Credo che in parte questa mia opinione sia derivata proprio dal mio senso critico quando ho scoperto che nel libro aveva inserito persone che in vita aveva conosciuto prendendosi certe rivincite.

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  8. Io rientro nella categoria di quelli che alle superiori non sono riusciti ad apprezzarlo. Ora mi sono accorto dell'errore e voglio recuperare il terreno perduto.

    Ho già letto qualche light novel sull'inferno.

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  9. Grazie del post su Dante Alighieri, e della rassegna di grandi attori che si sono cimentati nell'interpretazione. :) Tra l'altro oggi sul blog ho fatto un accostamento alquanto spericolato con un sonetto di Dante e un quadro di Manet.
    Li ho ascoltati tutti, e devo dire che, se proprio dovessi "sceglierne" uno, preferirei Carmelo Bene. Se non altro, è una recitazione che rimane impressa, molto particolare e che trasmette molto bene la cupezza dei versi. Gassmann, come dici, è troppo enfatico anche se la sua voce è splendida. Albertazzi era uno dei miei attori teatrali, e televisivi, preferiti, ma in questo caso trovo che la lettura sia troppo "noncurante". Sugli altri due concordo su quello che dici.
    Detto questo, penso che leggere poesia sia la cosa più difficile del mondo. In passato ho partecipato a svariati incontri, qui nella mia provincia, dove un reader professionista leggeva poesie, accompagnato magari da un intrattenimento musicale. Di tutti questi incontri, ne ricordo soltanto uno che mi abbia veramente soddisfatto. Penso, come Tenar, che quando la poesia assume un "corpo vocale", rischi di diventare pesante e artefatta. E' qualcosa di assolutamente delicato, come una farfalla, e in questo consiste la sua bellezza.
    Ovviamente l'Inferno è in cima alla lista delle mie preferenze dantesche, con Ugolino in testa... ma amo anche il bellissimo e orgoglioso Farinata degli Uberti, e le scene con gli iracondi. Trovo sublime anche il canto finale del Paradiso con la preghiera di san Domenico alla Vergine e la visione di Dio.

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    1. Andrò a gustarmi il tuo post, allora.
      Vedi, a te colpisce Carmelo Bene, che invece a me sembra egoriferito. :) Però, è stato e resta un gigante, quindi anche questa sua lettura così "teatrale" rappresenta un tassello di quel quadro di contributo che restano di grandi interpreti del teatro all'immensa opera dantesca.
      Mi piacciono i reading, anzi vorrei propormi io stessa in qualche evento culturale, magari quando riuscirò a traslocare in quel luogo ameno e ricco di iniziative che è Grottaferrata (vicino c'è una Frascati ricchissima di eventi). Quando vi ho partecipato come spettatrice, anch'io sono rimasta raramente colpita. Mi è capitato di farne un paio in Calabria, in eventi serali estivi, e il pubblico ha risposto molto bene. I miei reading sono anche in cattedra, è bello percepire l'ascolto dei ragazzi.

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  10. Dante l'ho letto anch'io nel triennio finale di Ragioneria, nei brani scelti dall'antologia adottata dalla mia professoressa di Italiano. Non ho una memoria particolare per qualche canto, ricordo solo che potevi apprezzarlo se riuscivi a contestualizzarlo nell'epoca storica in cui Dante l'aveva scritto, chi era questo o quel personaggio e perché Dante compiva un'operazione azzardata nel collocarlo in quel preciso girone dell'Inferno o in quel livello del Paradiso. Le note a più di pagina erano parte integrante della lettura, e dovevi leggerlo almeno due volte per capirlo. Purtroppo ho sofferto anch'io il disinteresse della professoressa... una persona che aveva perso la passione per l'insegnamento credo, col dubbio che mai l'avesse avuto. Non leggeva mai lei, leggevamo noi a turno e a volte sembrava non ci ascoltasse neppure (ed ecco perché mi è maggiormente caro Come un romanzo di Daniel Pennac ;) )

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    1. Purtroppo i contenuti insegnati a scuola dipendono direttamente dalla forza di chi li trasmette. Questo è un grande limite e anche una grande risorsa, dipende da chi siede in cattedra.
      Molte volte mi sono chiesta quanto la scuola avesse invogliato me alla conoscenza. Mi rendo conto che se ho studiato lungo un certo percorso, non è stato per insegnanti particolarmente dotati, che hanno tratto da me il meglio che potessi fare. È stata una mia iniziativa, e mi sono mossa fra situazioni e insegnanti che la maggior parte delle volte non sono stati ottimali.

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  11. Dire che la lettura di Sermonti è senza passione vuol dire non averla ascoltata.

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