sabato 7 ottobre 2023

Quando la scrittura è talento. Intervista alla scrittrice Guendalina Middei

Cari lettori e lettrici, oggi ho il piacere di pubblicare l'intervista rilasciatami da Guendalina Middei, scrittrice al suo secondo romanzo, entrambi Navarra Editore. 
Un paio di anni fa mi imbattei in una bella pagina Facebook, molto seguita e popolare, Professor X 
Andate a dare un'occhiata se non lo avete fatto, contiene le preziose riflessioni di questa straordinaria giovane scrittrice e donna di grande sensibilità. 
Al tempo Navarra Editore stava per pubblicare il suo romanzo d'esordio, Clodio, sullo spregiudicato e audace uomo politico d'epoca romana (anche quello romanzo notevole di cui ho un ottimo ricordo). Ne ricevetti una copia che lessi con piacere e che citai nel mio canale Instagram, Libri a vela. Segnalai il romanzo a docenti delle scuole superiori a indirizzo Classico, l'ambito perfetto per conoscere da vicino una delle figure più controverse del passato antico. 

Sapevo che Guendalina, dopo il successo di Clodio - giunto alla quarta ristampa - stesse scrivendo un nuovo romanzo, sul quale ha saputo mantenere un certo riserbo fino al momento della sua pubblicazione, lo scorso mese.
Ed eccoci, Intervista con un matto è dunque finalmente arrivato nelle librerie e sui nostri scaffali. 
Ancora una volta ho avuto modo di apprezzare il talento e l'inventiva di Guendalina Middei, che si conferma scrittrice appassionata e molto "profonda". 

Ciao, Guendalina, grazie per aver accettato di rispondere a questa intervista. Sono onorata di ospitarti nel mio blog. Vorrei cominciare con la più classica delle domande, quando hai cominciato a scrivere? Quando hai scoperto di amare scrivere? 
Quando lessi il mio primo classico, Le notti bianche. Avevo quattordici anni e ricordo ancora ciò che provai, ricordo lo stupore che mi saliva da dentro: quell’autore dal nome tanto difficile era riuscito ad esprimere tutto ciò che io non riuscivo a formulare in modo sensato, era come se mi conoscesse più di quanto mi conoscessi io. E capii che era questo che volevo fare, capii che l’avventura più grande che la vita potesse offrirmi era andare alla ricerca dell’anima, di quella cosa che alcuni chiamano «mente umana», altri «inconscio», altri «sottosuolo». Ancora oggi scrivere per me ha il sapore di una scoperta,  è un cercare di  svelare e di dare voce a quelle emozioni che stanno lì, nascoste sotto la superficie.

Dostoevskij compare spesso nelle tue riflessioni e la letteratura russa in particolare ti ha donato e dona emozioni diverse e ti ha portata verso una scrittura che mi piacerebbe definire "meditativa". Già il tuo primo romanzo, Clodio, si rivela essere di questo tipo, e ancor di più Intervista con un matto
Guendalina Middei
In parte hai anticipato la risposta, ma voglio chiederti: trovi che la scrittura abbia un potere taumaturgico? Può svelare il Sé nel suo costruirsi? E se lo fa, potresti dire di essere in grado di stare a un passo dalla materia narrata o ti senti costantemente dentro di essa? 
È vero, la letteratura russa è sempre stata per me una fonte di grande ispirazione, perché nella letteratura russa vi è questa idea qua, che io ho fatto mia, di scrittura come momento di introspezione dell’anima ma è anche un campo di battaglia dove duellano le diverse idee, le diverse visioni dei personaggi. Per rispondere alla tua domanda, quando scrivo divento completamente parte di una storia, divento quel personaggio, vedo, penso, sento come sentirebbe lui. In Intervista con un matto il protagonista è un giovane che a un certo punto «perde la ragione». È stato difficile immergermi nella sua mente? No, perché vi sono cedimenti irrazionali, momentanee follie nella vita di ognuno di noi  e secondo me la cosa più interessante è stata proprio questa, indagare quanto fosse labile il confine tra la «follia» e la cosiddetta normalità. 

Ecco, a proposito del tuo nuovo romanzo, raccontaci: come ti è venuta l'ispirazione per questa storia? Come è sorto in te il desiderio di costruire una storia su questo studioso di musica che perde la ragione e ogni senso di orientamento? 
Mi ha sempre affascinata la follia, la diversità. Spesso e volentieri i cosiddetti "matti" erano soltanto persone che sentivano e pensavano più intensamente o diversamente dagli altri e per tale motivo erano oggetto di scherno, di disprezzo, di odio. Io mi sono sempre chiesta: qual è il confine tra normalità e follia? Intervista con un matto è un’opera di fantasia, certo, ma chi lo leggerà potrà ritrovare nel mio personaggio qualcosa della storia di Van Gogh, qualcosa di Alda Merini e di Camille Claudel.

Raccontaci un po' della tua avventura di scrittrice esordiente ai tempi di Clodio. Questo blog è letto da molti scrittori e scrittrici che hanno pubblicato anche in self.
Sarebbe bello conoscere il tuo percorso con l'editore Navarra. Com'è iniziata e come si è sviluppata questa collaborazione? 
Quando cercavo un editore per il mio primo romanzo, trovai una grande casa editrice disposta a pubblicarlo, a patto che avessi «semplificato la mia scrittura». Oggi purtroppo in nome della commerciabilità vi è un appiattimento della scrittura letteraria che appunto di letterario non ha più nulla. Tantissimi libri pubblicati, e non parlo da scrittrice ma da lettrice, sembrano scritti dalla stessa mano: adottano un linguaggio asettico, impersonale, fatto di frasi semplici e periodi brevi. Io ricevetti tante proposte per Clodio e per Intervista con un matto, alcune buone, altre meno buone, ma alla fine scelsi la Navarra editore perché mi ha dato la possibilità di proteggere e costruire un mio stile, una mia voce. E questa credo sia la cosa più importante per chi scrive. Vorrei anche sfatare un mito che circola tra gli esordienti: trovare un editore non è difficile, la cosa difficile semmai è trovarne uno buono, e  soprattutto scrivere.  Scrivere non significa soltanto raccontare una storia, ma sviluppare una tua visione artistica, estetica; prima di prendere la penna in mano, devi innanzitutto essere un grande lettore. 

Grazie, utilissima questa tua risposta. Torniamo al tuo secondo romanzo, Intervista con un matto. Un musicista e compositore, rinchiuso da anni in un istituto di igiene mentale, si racconta a uno psichiatra, uno scienziato che intende ascoltare il passato di questo paziente complesso e misterioso. Ho avuto il piacere di leggere il romanzo in anteprima e sono tante le mie curiosità a riguardo. Una di queste: hai dimostrato grande competenza nella conoscenza della musica, delle dinamiche fra maestri e allievi nell'ambito musicale. La musica, con le sue numerose sfaccettature, ti ha permesso di individuare un "luogo" che ti sarebbe stato utile per costruire il protagonista. Hai una tua personale passione legata alla musica? Quali ricerche hai fatto per scrivere di questo particolare ambiente? 
Ho sempre amato la musica classica e in particolare Beethoven. Le sinfonie di Beethoven hanno ispirato direttamente la mia scrittura, ed ho ritrovato nella parabola esistenziale di Beethoven, nel suo eroismo, nella sua volontà di non arrendersi neanche difronte alla sordità, un motivo parallelo e al tempo stesso di contrappunto a quella che è la parola esistenziale del mio protagonista. C’è stato un lungo periodo di ricerca per comprendere le dinamiche del panorama musicale contemporaneo e ciò che mi ha sorpresa è che vi ho ritrovato molti parallelismi con il mondo della scrittura. Il mio personaggio è un compositore in lotta con le mode e le tendenze del suo tempo e la sua storia rispecchia le difficoltà che ho vissuto io stessa per far apprezzare un tipo di scrittura che oggi da molti verrebbe definita «poco in linea con le tendenze commerciali del momento». 

Uno degli aspetti più interessanti del romanzo, e forse uno di quelli più inquietanti, è che la pazzia permette al musicista di comprendere i misteri dell'esistenza. Ho rinvenuto fra le tue pagine lo straordinario paradosso che è anche un principio innegabile: la sofferenza acuisce la capacità di leggere il senso dell'esistenza, affina i sensi e rende l'uomo consapevole di alcuni aspetti ineluttabili della vita. Il bagaglio di dolore, scaturito dalla perdita ma anche dall'inettitudine che è insita nel nostro protagonista, lo rende vulnerabile e allo stesso tempo potente, ferocemente lucido. È un pensiero che è anche tuo? 
Il mio personaggio è un giovane sensibile, fin troppo sensibile in realtà, sente troppo intensamente e per questo è più esposto, più vulnerabile al dolore, alla perdita, al lutto. Questa sua profonda sensibilità alimenta la sua musica, la sua vena creativa ma è anche un’arma a doppio taglio perché viene frainteso dalla società e passa per «pazzo». In manicomio si trova costretto ad affrontare il dolore, ad abitarlo e questo lo spinge a mettere in discussione l’esistenza, a mettere sotto processo, come fece anche Amleto, la vita stessa.
Le domande che si pone, i suoi interrogativi, «perché viviamo? perché esiste la morte? che scopo ha il dolore?» sono domande che tutti chi prima o chi dopo, anche senza aver vissuto l’esperienza drammatica dell’internamento, arriviamo a porci. 
Il manicomio mi ha dato la possibilità di raccontare i momenti estremi, più tormentati della vita umana. Perché mi interessano? Perché in questi momenti cade ogni velo, ogni finzione, ogni illusione e puoi permetterti il lusso della sincerità. 

Assieme a Guendalina Middei a Più libri Più liberi
Hai mai pensato di scrivere per il teatro? Perché la tua scrittura si presterebbe molto a essere drammatizzata. Ci sono pagine molto intense del musicista che illustra la propria visione del mondo. In certo senso potrei definirlo un romanzo perfino filosofico e ciò è un grande valore aggiunto. 
Un'ultima domanda, Guendalina. Come accadde con Clodio, hai chiuso il tuo romanzo e il suo lavoro su di esso assieme alla editor di Navarra Editore e lo hai affidato al pubblico di lettori. Come ci si sente quando ci si distacca dalla materia narrata e cosa auguri al tuo protagonista? 
Scrivere per il teatro? È una cosa che mi piacerebbe, anche se non ci ho mai pensato seriamente, perché ancora non si è presentata l’opportunità, ma in un certo senso la mia scrittura è stata profondamente influenzata dal teatro, del teatro Shakespeariano in particolare. Se per Clodio il mio modello di ispirazione era stato il Macbeth, per Intervista con un matto il mio modello è stato l’Amleto. Per me fare letteratura, scrivere significa sopratutto interrogare l’esistenza, metterla sotto torchio, andare alla ricerca, filosoficamente ed emotivamente, parlando delle domande prime e ultime che come uomini, come esseri pensanti non possiamo fare a meno di porci.  Non a caso quelli che ho amato e che mi hanno maggiormente influenzata sono stati gli scrittori esistenzialisti, (Dostoevskij, Camus, Sartre) e il mio personaggio è figlio di una tradizione letteraria che vuole guardare, che va alla ricerca del perché delle cose, dei perché della vita. 
Mi auguro che nell’ambito della salute mentale, il mio romanzo possa contribuire a far riaprire il dibattito sul concetto di «cura», «trattamento del diverso», che faccia capire l’importanza del «libero arbitrio» del malato che spesso oggi viene negato perché ai malati di mente sottratta  ogni dignità, ogni libertà di scelta. Ma sopratutto se devo augurarmi qualcosa per Intervista con un matto è che trovi dei lettori che parlino dialoghino, «litighino» perfino con il mio personaggio, con le idee che ho espresso. Non mi importa che i miei lettori condividano tutte le idee presenti nel romanzo ma che queste idee siano da stimolo per un momento dialettico di riflessione, di critica, che divengono «vive» insomma e che possano trasmettere ai miei lettori le emozioni che ho provato io nello scriverlo. 

Grazie a Guendalina Middei per questo prezioso confronto. 
Intervista con un matto è nelle librerie, anche online. 

8 commenti:

  1. Interessante intervista anche perché non conoscevo l’autrice. Il tema della follia presenta indubbiamente una grande forza attrattiva, oltre che un suo fascino sinistro soprattutto per chi scrive libri, io stessa ho trattato il tema nei miei gialli. È vero, il confine tra normalità è follia può essere davvero labile e la cronaca attuale ci offre purtroppo molti spunti tratti dalla realtà.
    Certo i “matti” come Van Gogh o Alda Merini hanno una sensibilità diversa da tutti gli altri che usano e sublimano nella loro arte. Meno romantico è invece il caso in cui la follia comporta violenza e terrore nei familiari di queste persone (una mia amica ha un fratello che soffre di manie di persecuzione e le rende la vita impossibile, io non so come aiutarla, spero che la sua follia non abbia dei risvolti violenti…)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Purtroppo lo squilibrio mentale può portare a questa impossibilità di vivere il quotidiano. Anch'io conosco personalmente casi del genere. Casi che, sono certa, sarebbero stati confinati nei manicomi un tempo. La sofferenza mentale è una piaga terribile.

      Elimina
  2. Ogni persona che non è appiattita e omologata alla marea di persone che il Potere ha ridotto a esseri
    che da soggetti sono diventati oggetti, cioè è vietato pensare e consumare inculcando nel cuore che la felicità viene appagata solo comprando oggetto inutili.
    Chi vuol pensare con la propria testa rischia il manicomio come Van Gogh o Alda Merini.
    La scelta della letteratura russa è indovinata. Io amo Fëdor Michajlovič Dostoevskij.
    Ciao Guendalina.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti capisco benissimo! Vivo con Dostoevskij come amico, non smetto mai di leggerlo e rileggerlo e di farmi ispirare! Se leggerai Intervista con un matto, vi troverai tanti omaggi a Dostoevskij disseminati nel corso della storia, in particolare a Delitto e castigo. Un abbraccio affettuoso

      Elimina
  3. Ciao Guendalina, bello ritrovarti qui (ero insieme a Luana all'ultimo PLPL, ti ho conosciuta in quell'occasione, non so se ti ricordi). Sono in perfetta sintonia con te quando parli della scrittura, oggi, sempre più omologata e basata su canoni del tutto insoddisfacenti (rispetto alle mie esigenze di lettura) e pure quando racconti la tua passione verso la letteratura russa che amo molto anch'io: Dostoevskij è il primo che lessi in giovane età e il suo "Delitto e castigo" ha agito su di me come su di te "Le notti bianche". Importante la tua testimonianza anche in relazione all'esperienza con le case editrici: concordo sul fatto che ne esistono di serie e ben strutturate, che non avanzano la pretesa di voler modificare la cifra stilistica di chi si propone con la propria opera. Il tuo secondo romanzo mi ha incuriosita molto. Complimenti per la pubblicazione, magari ci rivediamo a PLPL prossimo venturo ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. grazie cara Marina, mi fa piacere che la pensiamo allo stesso modo e che abbiamo la stessa idea di letteratura 🥰 io quest’anno ci sarò a PLPL e spero proprio di incontrarti! Un abbraccio affettuoso

      Elimina
  4. Grazie cara Luana! Grazie per questa bellissima intervista! Onorata di averti avuta tra le mie lettrici!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te, è stato bello incrociare i nostri passi anche mediante questa intervista. :)

      Elimina