sabato 23 febbraio 2019

Possessione - Antonia S. Byatt

Incipit: Il libro era spesso e nero e coperto di polvere. La copertina era incurvata e grinzosa; doveva essere stato maltrattato, ai suoi tempi. La costola non c'era più, o meglio sporgeva tra i fogli come un segnalibro voluminoso. Un nastro bianco sporco, legato con un bel fiocco, avvolgeva più volte il volume. Il bibliotecario lo porse a Roland Mitchell, che lo aspettava seduto nella sala di lettura della London Library. 

Ci sono libri che chiedono di essere riletti, a distanza di un tempo più o meno lungo dal primo passaggio di lettura. Avevo letto questo romanzo più di dieci anni fa. 
Era uno di quei tomi voluminosi (è impegnativo, sono più di 600 pagine) che mi portavo in treno quando facevo la supplente in uno dei paesini dei Castelli romani. A volte la sede era lontana abbastanza da potermi permettere un paio d'ore e mezza di lettura fra andata e ritorno. 
Cito il treno su cui lo lessi per la prima volta perché ricordo perfettamente di aver perso la fermata, talmente ero immersa in un capitolo particolare. Quando il treno ripartì e pochi minuti dopo vidi che il paesaggio era nettamente diverso da come lo ricordavo, mi sentii particolarmente stupida, ma anche... ebbra. Sì, ero ebbra di quel capitolo. 
Cos'ha di speciale questo tomo per essere così travolgente? Quel sottotitolo dell'edizione italiana mi piace poco, perché è riduttivo definirla "una storia romantica". 
È un romanzo di una tale maestosità che credo sarebbe stato amatissimo da Virginia Woolf, per dirne una. Ma come spiegarne la maestosità? Anzitutto nell'intreccio.

Alla base abbiamo un ritrovamento, lo svelamento di un segreto rimasto nascosto per più di un secolo. La Byatt inventa l'esistenza di un poeta, uno di quegli intellettuali romantici che vivono a cavallo fra Romanticismo e primo Positivismo. Tale Randolph Henry Ash
Accanto a questo brillante uomo molto stimato già in vita, inventa una volitiva donna di rara intelligenza e acume, Christabel LaMotte, poetessa di gran lunga meno nota, costretta a pagare lo scotto di essere donna e per questo meno "attendibile". Tra i due, incontratisi casualmente in uno dei numerosi circoli letterari in voga all'epoca, scatta un'attrazione irresistibile, in gran parte dovuta ad affinità intellettuale. 
Ash, che vive con la mite Ellen, sua moglie di cui si svelerà poi la grave frigidità, trova in Christabel l'interlocutrice perfetta con cui confrontare la propria visione del mondo, dell'arte, della poesia. La donna, dapprima restia a lasciarsi coinvolgere in un'amicizia profonda, successivamente risponde a una propria esigenza di uscire dal mondo ovattato nel quale si è risolutamente rinchiusa con la sua amica Blanche Glover. Entrambe, infatti, condividono una tranquilla casa di campagna, abitudini affini, immerse l'una nella poesia l'altra nell'arte pittorica. 
La tradizione, che ha attribuito a Christabel un'identità omosessuale, ignora il vero volto della donna, e ignora soprattutto la travolgente passione col celebre poeta Ash. 

Tutto questo viene scoperto del tutto per caso, oltre un secolo dopo, da uno studioso di Ash, ormai negli annali della migliore letteratura inglese e ritenuto una delle grandi menti oggetto di studio di diversi dipartimenti universitari fra Inghilterra e Stati Uniti. 
Una lettera, null'altro. Una lettera rinvenuta in un vecchio libro, quello citato nell'incipit, in cui Ash si rivolge a una non identificata donna, chiedendole di poterla rivedere. 
Da qui, il giovane studioso comincia una "caccia" in solitaria per rinvenire il nome della donna e si imbatte in un'esperta della poetessa Christabel LaMotte. Insieme, inizieranno una lunga indagine che li porterà al carteggio completo fra i due e a un segreto che lentamente si svela in tutta la sua gigantesca forza, una forza tale da travolgere i diversi personaggi che ruotano attorno alla doppia coppia di protagonisti. 

La trama è dunque complessa, articolata su diversi livelli, in cui si intrecciano pagine riguardanti il presente, fatto del piccolo appartamento umido e triste nel quale Roland vive i giorni pesanti della routine di una storia ormai finita, fatto dell'asettico mondo di Maud, la studiosa con cui condivide la sua ricerca e dalla quale sarà inevitabilmente attratto, fatto di ambienti universitari in cui pilastri dei vari dipartimenti si contendono posizioni e successo. 
Poi c'è il passato, in cui vibra tutto un mondo immerso in quelle brume della campagna inglese, nei salotti in cui si sussurrano storie senza tempo, in cimiteri consumati dal tempo su cui si stende il muschio umido, in spiagge battute dal vento inframmezzate da rocce ombrose e anfratti che sono fonte di ispirazione per i poeti di quel lontano Romanticismo. 

Uno dei caratteristici cimiteri inglesi

Gli scenari sono tanti e variegati, immergervisi durante la lettura è talmente semplice, perché lo stile della Byatt è attento, ricco di dettagli, sontuoso e allo stesso tempo essenziale. È una scrittrice notevole, perché una storia come questa in altre mani sarebbe potuta essere molto banale. 
È un romanzo per palati particolarmente esigenti, infatti. Bisogna essere capaci di cogliere anche alcuni aspetti del pensiero dell'epoca, caratterizzato da un conflitto non del tutto espresso, quella tensione verso linguaggi eterni tipica del Romanticismo, ma anche una tensione sociale, ancorata su convenzioni e obblighi cui le donne si piegano facilmente. Non Christabel, che sceglie per sé di infrangere un patto sociale e rifugiarsi nella poesia, nello studio. 
Salvo poi scoprire quella passione che distrugge ogni sua difesa, il suo baluardo di certezze, in definitiva la sua vita. La sessualità inespressa diventa divinità sul cui altare Christabel sacrifica il suo corpo, dilania il suo corpo con una gravidanza della quale chi la accoglie non può parlare, e il frutto di quella passione segreta viene fatto svanire nel nulla, per poi ricomparire solo alla fine. 

Maud, che è discendente in linea diretta della LaMotte, è il suo alter-ego moderno. Somigliante nell'aspetto, gli stessi capelli chiarissimi stretti in trecce che ne mortificano la bellezza, i sorrisi offerti con pudore, il freddo rapportarsi all'altro, la brillante intelligenza. Roland dinanzi a lei si sente piccolo e insignificante, cerca un riscatto che non può arrivargli da quell'indagine segreta, ha bisogno di costruirsi un'autostima e di conoscersi, non osa toccare metaforicamente e concretamente Maud. 

Il complesso intreccio è un andante che diventa un trionfo di azione e di agnizioni finali, spiazzanti per il lettore. Alla fine, un lampo di malinconia, in quell'ultimo capitolo così inaspettato e rivelatore, riporta a quel tempo lontanissimo, sepolto dalla Storia, in un incontro necessario, commovente, di cui diversi protagonisti non hanno mai saputo né sapranno mai. Il narratore onnisciente si concede un vezzo, ritagliandosi una posizione privilegiata. 
Quanto è difficile imbattersi in romanzi tanto bene scritti. 

Scopro, per altro, che dal romanzo è stato tratto un film, nel 2002, ma da quello che vedo non mi pare abbia neppure sfiorato la maestosità del romanzo. Ne è risultato uno dei soliti film romantici di scarso successo. 

Una delle prime lettere di Ash a LaMotte, dopo un fugace incontro in un parco, sotto una pioggia fitta. 
Che altro mi avete così malignamente fatto immaginare? La mia idea della Bethany House si modifica ogni giorno, le grondaie si spostano, le finestre ridono e si allungano, le siepi avanzano e arretrano, è tutto un perpetuo mutare e riassestarsi di forme, nulla di durevole. Ah, ma ho visto il vostro viso, seppure solo a tratti sotto l'orlo gocciolante di un berretto e l'ombra concava di quell'enorme ombrello molto opportuno. E ho stretto la vostra mano, all'inizio e alla fine, si è trattenuta nella mia, con fiducia, spero e credo.  
[...] Io amo la vostra anima e con essa la vostra poesia, la grammatica e la punteggiatura e la sintassi incalzante del vostro pensiero. Labbra, pupille e mani in qualche modo si rassomigliano tutti, mentre il vostro pensiero con indosso l'abito delle vostre parole siete voi e voi soltanto, è nato con voi, sparirebbe con voi. 
In definitiva, Possessione è un romanzo per certi aspetti tragico
Nell'unione delle due anime affini del passato è insita già una fine, sommamente dolorosa, inevitabile. Ash torna alla sua vita immersa nello studio delle scienze, nella composizione poetica, nel lento procedere dei suoi giorni con Ellen, che pure è consapevole di quella fugace passione dell'amato sposo, e fino alla fine conserverà la dignità della sposa devota e servile, per certi aspetti amata. 
Il peggio è tutto di Christabel, che paga a caro prezzo quella fuga dai suoi principi, scegliendo la menzogna, rinunciando all'indipendenza, asservita a una vita in cui ogni delizia è sempre un passo lontana. 

Mi piacerebbe un confronto con chi lo ha letto. 
Poi, una domanda: non è facile narrare l'amore senza scadere in ovvietà e banalità in stile "rosa". Farlo raggiungendo una tale soavità di linguaggio e un intreccio così complesso e fedele alla realtà dei tempi è senz'altro impresa per pochi. 
Avete esempi di romanzi siffatti? 

22 commenti:

  1. Non ho letto questo romanzo, ma la trama mi ha in qualche modo ricordato un libro bellissimo letto recentemente Isola di neve di Valentina D'Urbano, in cui i protagonisti vanno alla ricerca del mistero che si cela dietro una storia di molti anni prima accaduta sull'isola di Novembre. C'è sempre qualcosa di speciale nelle storie d'amore del passato, quasi un richiamo a essere raccontate perché non muoiano mai.

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    1. Uno degli aspetti attraenti del romanzo è proprio questo viaggio a ritroso, all'interno di un mondo lontano, sconosciuto, che pian piano si svela nelle lettere e nelle pagine che la scrittrice dedica ai suoi flashback. Veramente un romanzo notevole.

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  2. Non lo conoscevo.
    Come dici tu non è facile raccontare l'amore senza scadere nel banale e nel già visto. Per altro, e qui evado dal tema del libro che proponi, è difficilissimo raccontare storie d'amore non distruttive.

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    1. Se ci imbattiamo in storie che raccontano l'amore fra uomo e donna, o si tratta di romanzi banalmente scontati, con quel lieto fine che li rende poco realistici, oppure si tratta di storie che rivendicano una certa aderenza con il reale, e per questo più attraenti, profonde.

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  3. Ho sentito parlare di questo romanzo ma sinceramente non l’ho mai letto. Me ne hai fatto venire voglia. Sopratutto, vorrei tornare a fare la pendolare solo per poter perdere femate immergendomi in letture in grado di farmi dimenticare il mondo circostante: è accaduto anche a me in alcune occasioni.
    Io adoro i romanzi che abbiano un sottofondo d’amore. Che poi dici bene quando dici che raccontare l’amore non è una cosa semplice, si rischia veramente di cadere nell’ovvietà di un romanzetto rosa senza troppo spessore. Suppongo non siano della stessa portata, ma i miei due romanzi d’amore preferiti per eccellenza sono “Venuto al mondo” della Mazzantini - che reputo talentuosa ed assolutamente portata a raccantore di amori per nulla scontati e che scavano l’animo umano -, e “D’amore e ombra” della Allende.

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    1. Li conosco e li ho amati entrambi. Non c'è niente da fare, i romanzetti rosa non mi arrivano, non mi piacciono minimamente, credo che le grandi storie d'amore vadano raccontate con il coraggio di non cercare un lieto fine, anche se ci piace, parte di noi lo preferisce, eppure in quei finali struggenti, sospesi, quanto fascino c'è.
      Fu talmente singolare quel perdermi la fermata, che credo non dimenticherò mai quei momenti seguiti alla ripartenza del treno. Ero frastornata e mi sentivo sciocca. Dovevo entrare a scuola e mi persi un'ora per tornare indietro aspettando la coincidenza in senso opposto alla stazione successiva. :)

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  4. Wow ho una sola cosa da dire: voglio leggerlo! Mi hai incuriosito tantissimo.

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    1. Nel romanzo c'è anche un pezzetto di paranormale! Ash, che è un positivista, detesta ogni tentativo di dissacrare la veridicità della scienza, così farà qualcosa di plateale durante una seduta spiritica di cui si viene a sapere da altre lettere, e nella quale rivede Christabel dopo molto tempo.

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  5. Eh sì, Luana, ne hai fatto una recensione pazzesca: va letto, anche se non sono una fan delle lunghezze, ma quando vale la pena so chiudere bene un occhio.

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    1. Mi aspetto che tu faccia un'eccezione. Fammi sapere se lo acquisti o altrimenti te lo presto volentieri. :)

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  6. Mi sono imbattuta tante volte in questo titolo e negli elogi che ne sono stati fatti, ma leggendo la tua recensione, per la prima volta, mi sono davvero sentita attratta dal romanzo. Mi piace l'idea, mi incuriosiscono i personaggi, ma soprattutto mi rassicura quel tuo riferimento allo stile particolareggiato e scevro di stucchevolezza (cosa che temo sempre quando mi accosto a storie sentimentali).

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    1. Ne sono contenta, e spero vivamente che tu lo legga. Sono certissima che lo amerai. Mi è capitato di consigliarlo a lettori particolarmente esigenti. :)

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  7. Da quello che mi pare di capire, ci sono tante cose che mi piacciono in un libro:scenari inglesi, personaggi complessi e tanti livelli di lettura.
    Mi preoccupa solo la lunghezza, ma penso che in estate avendo più tempo anche questo problema si potrebbe risolvere.

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    1. Credo che gli snodi più difficili siano quelli in cui la Byatt ha scritto i poemi che i due protagonisti scrissero ispirati dal loro incontro. Ma si possono anche bypassare. Insomma, non ti deluderà, se sei lettore particolarmente esigente. :)

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  8. I treni sono sempre un ottimo posto per la lettura, specialmente se i viaggi sono lunghi e non interrotti da scambi e coincidenze. Ho iniziato a gennaio (su un Frecciarossa) "L'angelo della finestra d'Occidente" di Meyrink, altro tomo di 500 pagine ma, nonostante 6 ore a disposizione tra andata e ritorno, non sono che a metà.
    Purtroppo quello è un tipo di lettura a cui non si può dedicare quei venti minuti risicati alla sera. Occorre il giusto tempo per (ri)entrare nel "mood" e proseguire (tanti più che il libro non è suddiviso in capitoli). Mi sa che mi tocca aspettare un altro viaggio....

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    1. Se si riesce a leggere su un treno, estraniandosi, perché occorre realmente concentrarsi, allora un viaggio è l'ideale. Io ho ricominciato a leggerlo in auto, durante quei trasferimenti Lazio-Calabria che necessitano di 5-6 ore di viaggio. In auto è più difficile immergermi nella lettura, ma in questa ci sono riuscita, almeno per metà viaggio. Il treno invece è proprio ideale.

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  9. Romanzo immenso, meraviglioso, non a caso nell'elenco dei 100 libri della mia vita. E per palati molto esigenti, hai ragione. Mi è capitato di consigliarlo ad alcune amiche, e sono rimaste tutte quante affascinate e coinvolte. A parte l'altissimo livello di scrittura, e l'intreccio avvincente, uno degli aspetti miracolosi di questo romanzo è la creazione, o meglio ri-creazione, del mondo e della mentalità vittoriana, a partire anche dalle poesie. Pensa che conosco uno dei traduttori di Byatt, e mi aveva detto che ci sono dei convegni cui partecipano i traduttori di tutto il mondo dove discutono su come rendere la sua scrittura.
    Il film è tremendo, invece. L'ho trovato proprio brutto, del tutto privo della malia del libro. Del resto ci sarebbe voluto un grandissimo regista per renderlo, invece ne hanno fatto la solita operina commerciale e banale.

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    1. Sono curiosa di vedere il film, non fosse perché Christabel è interpretata dalla splendida Jennifer Ehle, che fu anche Elisabeth Bennet in "Orgoglio e pregiudizio" del '95 (il migliore girato sul romanzo, secondo me), ma so già che non rende minimamente la forza di questo romanzo.
      Non mi stupisce che traduttori si interroghino su come rendere la sua scrittura. Ho trovato un paio di refusi che spero siano errori di stampa, il resto è praticamente perfetto.
      Merita di essere letto, diffuso, conosciuto. Usciti da questa lettura si è certi di questo.

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  10. Ecco, mi hai fatto venire voglia di riprovarci perché diversi hanno fa lo avevo iniziato ma poi interrotto perché non riuscivo a immergermici appieno.

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    1. Spingiti oltre e oltre e poi non tornerai più indietro. :)

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  11. E il bello è che mentre reggevo le tue prime righe stavo pensando "Assomiglia tanto a quel film, c'era l'attore che fa Due Facce nell'edizione di Batman con Christian Bale... si, ma non era un gran film..." E infatti era proprio Possession, che non sapevo essere tratto da un romanzo così particolare.
    Non so se lo leggerò. Non mi spaventa la lunghezza, e mi affascina alquanto la doppia linea temporale e le campagne inglesi, nonché la contrapposizione di due differenti linguaggi che avranno richiesto fine cesellatura. Ma il finale tristissimo... non lo reggo più. Da adolescente mi ci sarei tuffata senza remore, oggi no. Non dico di preferire i "E vissero felici e contenti, nella loro terza casa in Costa Azzurra, litigando solo tra una gita sul panfilo e una corsa con le Lamborghini", ma riesco a digerire pure i finali aperti, piuttosto che quelli tragici. :)

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    1. Ah ah ah ...quindi lo hai visto. Io ancora no, magari lo cerco in streaming.
      Giusto per vedere massacrare questa storia da una cattiva sceneggiatura.
      Capisco che non piacciano i finali non proprio felici. Ma qui ci sono due storie, e una delle due va verso un progetto di vita, perché nata da profonda affinità. :)

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