domenica 25 novembre 2018

Le assaggiatrici - Rosella Postorino

Incipit: Entrammo una alla volta. Dopo ore di attesa, in piedi nel corridoio, avevamo bisogno di sederci. La stanza era grande, le pareti bianche. Al centro, un lungo tavolo di legno su cui avevano già apparecchiato per noi. Ci fecero cenno di prendere posto. 
Mi sedetti e rimasi così, le mani intrecciate sulla pancia. Davanti a me, un piatto di ceramica bianca. Avevo fame. 

Libro divorato in due pomeriggi - perché è una storia dalla quale è impossibile allontanarsi senza arrivare all'ultima pagina - ho avuto l'onore di conoscerne l'autrice, Rosella Postorino, durante un incontro che si è tenuto ieri a Frascati, vicino Roma.

Il romanzo ha vinto il Premio Campiello quest'anno, con netto vantaggio rispetto al secondo e terzo posto (La ragazza della Leika, vincitore dello Strega, è arrivato al terzo posto). I diritti del romanzo sono stati acquisiti all'estero, sarà pubblicato negli Stati Uniti a gennaio con il titolo At the wolf's table

Le assaggiatrici è un romanzo che permette di fare conoscenza con una realtà pressoché ignorata dalla Storia, una realtà agghiacciante, legata ancora una volta al mondo femminile vessato dalla coercizione decisa dall'alto, dal potere. 
Sono gli ultimi anni del führer, il Terzo Reich sta per capitolare sotto la sferza delle forze alleate, Hitler si nasconde in Masuria (Prussia orientale), nel suo bunker più segreto,  lo Wolfsschanze o Tana del Lupo. Gli angloamericani e i russi stanno per sferrargli il colpo di grazia, presto sarà la capitolazione del grande progetto. Si trincera nel bunker in preda alle sue più profonde ossessioni, è paranoico, sospettoso. In quello stesso nascondiglio subirà l'attentato più grave, quello ordito da Stauffenberg, l'ordigno che non andrà a buon fine.
Qui si colloca la storia di Rosa Sauer, una ragazza berlinese ospite dei suoceri nel villaggio di Gross-Partsch mentre suo marito, soldato del nazionalsocialismo, combatte sul fronte russo. Il fürher teme avvelenamenti e il cibo è il canale privilegiato per qualsiasi contaminazione, pertanto ordina la costituzione di un gruppo di dieci donne "assaggiatrici" dei suoi pasti (dovevano essere circa una quindicina, la scrittrice le riduce a dieci, probabilmente per ragioni "narrative"). 
Rosa viene reclutata nel gruppo, così ha inizio l'esperienza che cambierà la sua vita. 

La genesi di questo romanzo è singolare, legata a una "folgorazione" dell'autrice, nel momento in cui legge di Margot Wölk, l'ultima delle assaggiatrici ancora in vita. Rosella Postorino vuole incontrarla di persona e dopo una strenua ricerca, la trova. Le scrive, ma in quegli stessi giorni Margot Wölk muore all'età di 96 anni. 
Se volete leggere di lei, potete farlo qui

Durante l'incontro a Frascati, la scrittrice ha modo di entrare nei dettagli di ciò che seguirà. Non viene meno l'ispirazione, cade invece la certezza di poter ancora entrare in quella vicenda, quasi ne ha pudore adesso che l'ultima testimone non può più raccontarla. È la sua agente a convincerla del contrario, vedendo anzi l'opportunità di una libertà di scrivere, pur potendo adoperare solo le poche notizie frammentarie che si sanno di Margot Wölk. Così, Rosella Postorino scrive la storia di questa donna, romanzandola, immaginandone un intreccio fatto di relazioni contraddittorie e difficili.
Ne viene fuori una storia tragica e allo stesso tempo epica, perché immersa in un contesto storico difficile, ma anche perché tocca alcuni aspetti intimi della personalità di una donna. Sì, perché Rosa fa i conti con il limite del proprio orizzonte di vita, le pieghe di un carattere forte e tuttavia fragile, soggiogato dalle proprie pulsioni. 

Margot Wölk, l'ultima assaggiatrice di Hitler

La vicenda di Rosa, le sue scelte, tutte frutto di un attaccamento alla vita che travalica la coscienza, i principi ai quali suo padre l'ha educata, perfino la possibilità di un'etica pur in un periodo in cui la sopravvivenza è l'obiettivo, ci pone dinanzi all'interrogativo cosa avremmo fatto noi?
Impossibile rispondere. Possiamo solo assistere alla disfatta ma anche a una specie di trionfo, perché Rosa sopravvive, il destino le darà una possibilità. Ma si è veramente gli stessi dopo un'esperienza in cui il confine tra vita e morte, tra bene e male, è così labile?

Sotto la sferza della Storia, che deve compiersi con tutte le sue estreme conseguenze, Rosa si piega come un giunco, non si oppone, ed è giusto così. Perché la vita è anelito e deve compiersi nonostante tutto. Nel suo relazionarsi con le altre assaggiatrici, è vita quel concepimento scaturito dalla disperazione, il rubare per il bene altrui, il rischio di esporsi, il desiderio di essere toccata, l'annusare l'altro e sentirsene parte per osmosi, anche se l'altro è una delle tante uniformi grigie con l'effigie di un teschio sul cappello.

Fra Rosa e l'Obersturmführer Ziegler, un perfetto prodotto della Germania hitleriana, si innesca una specie di reciprocità necessaria, dettata da disincanto e disperazione, una pausa in cui si cercano famelici, ciascuno per ragioni proprie. Si fa presto a disilludersi che vi possa essere la possibilità di un amore lontano dalle brutture della Storia, resta l'appagamento di Rosa, donna nel pieno dei suoi anni giovanili in cerca di conferme.
Sopravvivere è un dovere verso se stessi, perfino la follia di una speranza di felicità, ecco perché possiamo idealmente perdonare tutto a Rosa, questa giovane donna ridotta all'obbedienza incondizionata, strumento a servizio della Germania, eppure in fondo avulsa da tutto questo.

Inevitabile che nel destino di Rosa si impigli anche la tragedia degli ebrei. Lì assistiamo alla parte migliore della protagonista, il nucleo umano al quale non sa, non può rinunciare. 
Se sopravvivere è ciò che deve riuscire a fare ogni giorno, Rosa anela a vivere, a ritrovare la se stessa di un tempo, ciò che cerca assiduamente dall'inizio alla fine della sua soffertissima storia di donna scaraventata negli eventi della Germania della disfatta. 

Non merito nulla, a parte ciò che faccio: mangiare il cibo di Hitler, mangiare per la Germania, non perché la ami, e neanche per paura. Mangio il cibo di Hitler perché è questo che merito, che sono. 

Rosella Postorino
Premio Campiello 2018

Lo stile di Rosella Postorino
È impeccabile, la sua prosa asciutta, essenziale. Rosella Postorino è editor per Einaudi Stile Libero e la cosa spicca nel leggerla. Il romanzo sotto questo punto di vista si presterebbe a essere materia di studio per chi stia cercando di affinare le proprie capacità di scrittore o voglia riservarsi una riflessione su cosa ci chieda la scrittura oggi.

Un aspetto interessante mi è parso l'uso di aggettivi solitamente non attribuibili a un determinato nome.
La faccia della baronessa von Mildernhagen è "cremosa", spiazzante come termine, ma porta il lettore a dover immaginare quel volto, che non sappiamo se bello o perfettamente truccato, e collocarlo in una percezione. Il corpo è "avaro", mediante l'uso di una metafora in cui la concretezza coincide con un atteggiamento, un'attitudine.

Una sintassi attenta e sorvegliatissima, perfettamente in armonia con il contenuto, una vicenda che dolorosamente diventa attuale nei pensieri e nei modi della protagonista.

Le assaggiatrici per diversi aspetti è un libro che dobbiamo conoscere, per il tema trattato, perché è ben scritto, perché la sua autrice ci consegna una storia che ha amato, sconosciuta e tragica, scritta con una totale immersione in essa.

12 commenti:

  1. Aspettavo con curiosità la tua recensione. Ho sentito parlare benissimo di questo libro, in più occasioni e da più persone. Purtroppo non sono riuscita a partecipare alla presentazione che ha tenuto nella mia città, ma quanto prima cercherò di leggere Le assaggiatrici. Visto che anche tu ne sei rimasta entusiasta me lo regalerò per Natale, hai perfettamente ragione quando dici che" permette di fare conoscenza con una realtà pressoché ignorata dalla Storia, una realtà agghiacciante, legata ancora una volta al mondo femminile vessato dalla coercizione decisa dall'alto, dal potere" già solo per questo motivo merita di entrare nella libreria di chiunque.

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    1. Infatti la forza vera di questo romanzo sta proprio nell'offrirci la possibilità di leggere di qualcosa che non si conosce. Ricordi come Storia di una ladra di libri apriva alla possibilità di una eventuale storia ai più sconosciuta? Ecco, qui si tratta di storia vera, un aspetto che avvalora il romanzo a prescindere. Fai benissimo a farti questo regalo. :)

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  2. Un tema poco trattato in letteratura, che però in effetti costituisce uno degli abusi del potere storici (gli "assaggiatori di corte" sono stati per secoli una realtà nelle corti regali di tutto il mondo).

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    1. Con la differenza che raramente si è trattato di scongiurare avvelenamenti. Il mestiere di assaggiatore era legato soprattutto alla degustazione. Insomma, ben rare volte si è trattato di una cosa come quella ordita da Hitler e il suo seguito.

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  3. Dove c'è un potere forte, c'è sempre qualcuno di sottomesso che deve rischiare la propria vita al suo servizio. Forse adesso sono stati sostituiti dalla tecnologia...ma solo dove la tecnologia arriva però. Certo non è un tema facile su cui scrivere, le fa onore avere portato avanti questo progetto che speriamo serva a tenere viva la memoria in un periodo storico piuttosto buio, perché non si debbano ripetere gli stessi errori.
    Chissà perché un editor di Einaudi finisce col pubblicare con Feltrinelli...

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    1. La cosa che fa pensare è, tieniti forte, che in Germania non hanno comprato i diritti. Il libro è stato presentato alla Fiera di Francoforte ma non ci sono stati compratori tedeschi. Nominare Hitler in Germania è cosa delicatissima, anche se questa figura resta sullo sfondo. Probabilmente hanno preso malissimo che un'italiana scrivesse del führer piuttosto che del duce.
      Allo stesso modo, una donna ebrea durante un pranzo si è sentita offesa del fatto che il romanzo mettesse il risalto il coraggio di una donna tedesca del Reich, al punto di alzarsi e andarsene. Insomma, un romanzo del genere infastidisce anche, il che è un aspetto da non sottovalutare. Gli americani invece ne sono stati entusiasti.

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  4. Io avevo intenzione di leggere il libro, dopo l'incontro con la Postorino sarà la mia prossima lettura. E poi, diciamocelo,Luà, questa giovane scrittrice è proprio una forza: ha parlato tutto il tempo senza mai perdere il filo del discorso, con argomentazioni sempre molto interessanti e convincenti e una bella dose di umiltà che a me ha colpito molto.
    Spero di dare un giudizio positivo anche dell'opera, le premesse ci sono tutte. ;)

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    1. Sì, come sai questo suo carattere aperto e sul finire dell'incontro gioviale, ma soprattutto la ricchezza di contenuti, hanno colpito anche me. Mi è capitato raramente di incontrare scrittori di persona. Diversi anni fa, forse ne sono passati addirittura dieci, alla biblioteca comunale di Ciampino ogni giovedì si tenevano incontri con autori anche piuttosto importanti. Ho conosciuto Sandro Veronesi (fu un incontro molto interessante, decisamente più lui che i suoi libri), Giordano Meacci, che ebbe un successo enorme con un libro su Pasolini edito da Minimum Fax, ma poi anche filosofi, studiosi di Leopardi, registi. Incontri faccia a faccia che ti rendevano "ricca" e appagata quando te ne tornavi a casa, ricca di un'esperienza che al sud mi sarei solo sognata di fare.

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  5. Hai scritto una recensione che è un racconto, una storia a sé. Bravissima.
    Non sapevo niente di questo Campiello. Sto naufragando nella solitudine.
    Voglio agganciarmi alla risposta che tu dai al commento di Barbara Businaro. Hai detto cose verissime, pur non vivendo qui, come me, da 47 anni.
    Hitler per le loro vecchie generazioni, pur nell'orrore di quel che fece costituisce il mito del POTERE. Questi non sono come noi, come gli spagnoli, come gli alsaziani. Per le giovani e giovanissime generazioni Hitler è solo un nome, qualcuno ancora nemmeno sa chi fosse perché i genitori non pronunciano quel nome in casa, nella scuola quel periodo è molto sorvolato e l'olocausto disconosciuto.
    A questo aggiungi che per natura i tedeschi sono nazionalisti, adorano le divise, qualunque siano. Perfino mio nipote Alessandro indossò tutto stolz la divisa di cadetto della Luftwaffe, dico mio nipote che pur essendo tedesco di padre si sente italiano al 100%. Per noi un carabiniere è uno stronzo in divisa, per loro un Polizist è un dio.
    In teatro, quando avvenivano dibattiti tra loro e noi noncruccardi finiva sempre con noi in piedi a dar loro dei somari mentre loro...tacevano e inghiottivano tutto.
    Così sono. Guarda in ferie (Urlaub) le loro signore, quelle sui 40/50 anni: guardale come camminano. MARCIANO, non camminano. Marciano come fossero tante Obersturmfhürerin delle SS. Osservale la prossima estate e mi darai ragione.

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    1. Intanto grazie per aver apprezzato questa mia recensione. :)
      Sai che mi sono sempre chiesta che atmosfera ci fosse in Germania nelle nuove generazioni così come in quelle che hanno anche solo sfiorato l'epoca nazista? Tanti anni fa, in Calabria, mio padre affittò casa a un giovanotto di nome Oliver, molto carino e simpatico, un tedesco che stava per sposare un'italiana. Mi venne spontaneo chiedere del nazismo, così ne ottenni una risposta vaga, nulla di più. Un argomento che decisamente si preferisce evitare.
      Tu che vivi in Germania da 47 anni (praticamente io nascevo e tu ti ci trasferivi), saprai ben descrivere la loro personalità. Lungi da me classificare, lascio a chi può darne un giudizio la libertà di farlo, però mi sarebbe piaciuto un popolo consapevole del proprio passato e fieramente distante. Invece... Questa cosa che Le assaggiatrici non sarà pubblicato in Germania è un lampante esempio di chiusura mentale, desiderio di impedire qualsiasi confronto. Mah.

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    2. Sai che nella Biblioteca comunale di Francoforte, non esiste un qualsivoglia testo in lingua tedesca del Processo di Norimberga? E non lo troverai in NESSUNA Biblioteca nazionale, perché MAI fu tradotto il documento del processo redatto in tre lingue, naturalmente in inglese, in francese e in tedesco.
      Puoi chiedere del Nazismo e del suo capo e sottocapi. Dipende a chi lo chiedi. Lo vuoi chiedere ai giovani tedeschi non ebrei? Quelli di eccellente famiglia, ottimo padre e madre, ti risponderanno che fu un infausto periodo storico quasi rutti. Pochissimi direnno che fu la Germania nazista a cercare la guerra, perché quasi nessuno conosce la storia del Lebensraum e dei Sudeti. Rarissimi quelli che ammetteranno l'Olokaust, figli di comunisti, gente vissuta nella DDR della Berlin Ost.
      Montaggi cinematografici chiamano costoro le riprese che americani e russi fecero a Dakau, a Triblinski, ad Aschwitz quando trascinarono la popolazione del posto costringendola a guardare i mucchi di cadaveri che i carnefici nazi non erano riusciti a far sparire.

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    3. Errore alla riga 4: naturalmente devi leggere "...in russo" e non "in tedesco".
      Scusami.

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