giovedì 7 settembre 2023

La "mia" Parigi (con qualche riflessione sul "perché è possibile")

Scoprire Parigi oltrepassati i cinquanta? Eccomi. 
Finalmente questa estate è giunto il momento di addentrarmi nella Ville Lumière, per me che non avevo mai fatto il classico viaggio comune a tutti.
Parigi era e resta una meta per tutte le età e di solito la si scopre giovanissimi, al seguito della famiglia o da soli, uno di quei viaggi in Interrail diffusi da una trentina di anni. Esperienza che, ahimè, non ho fatto, prediligendo anche per la luna di miele ormai ben 26 anni fa gli Stati Uniti piuttosto che un viaggio fattibile in qualsiasi periodo. 

Scoprire Parigi in età matura comunque regala una consapevolezza diversa, puntellata sulla ferma volontà di evitare di far diventare l'esperienza una di quelle classiche da tour turistici (Tour Eiffel - Louvre - Versailles - Sacre Coeur e poi passeggiare senza una meta precisa) e piuttosto andare pure oltre, andare a caccia di dettagli non meno importanti, meno battuti e invece sorprendenti. Se poi ti imbatti in giorni freschissimi che ti costringono a indossare il giacchetto, mentre in Italia imperversa la fornace estiva, allora è tutto dire. 
Ho avuto due supporti all'impresa: i consigli del mio amico espertissimo della capitale francese Alessandro Borgogno - sul suo blog potete gustare alcuni ottimi articoli qui - e un libro adocchiato qualche tempo fa e letto, e "studiato", a ridosso del viaggio: Avremo sempre Parigi di Serena Dandini - uno scrigno di scoperte e curiosità descritte da chi frequenta abitualmente la città e non smette di subirne il fascino. 
Io e Dolcemetà siamo partiti il 18 luglio e rientrati il 26. C'erano sette giorni pieni da sfruttare, più la mattina del giorno di ritorno, poiché saremmo partiti in serata. 

Ebbene, è stato un tour de force, davvero molto impegnativo, ma siamo riusciti a infilarci molte mete: 
Giorno 1°: Museo D'Orsay e Orangerie, giro in bateau mouche sulla Senna, cena sotto la Tour Eiffel
Giorno 2°: Les Invalides - Museo delle Armi e Tomba di Napoleone 
Giorno 3°: Passeggiata veloce lungo Champs Elisée e Museo del Louvre
Giorno 4°: Versailles, Petit e Grand Trianon, spettacolo di musica e luci nei giardini reali
Giorno 5°: Petit Palais e Mostra su Sarah Bernhardt, passeggiata risalendo la collina di Montmartre 
Giorno 6°: Centre Pompidou, passeggiata all'Île de la Cité ad ammirare Notre Dame (da fuori)
Giorno 7°: Galliera - Museo della Moda, Maison Victor Hugo, Museo Carnavalet, Passage Verdeau
Giorno 8°: al mattino Cimitero del Père Lachaise

Morte di Orfeo, Émile Lévy 
Museo D'Orsay
Ho privilegiato insomma un itinerario storico, certa che i musei finora visitati potessero svelare molto di questa città straordinaria. 
Il grande talento nella conservazione dei Beni culturali tipico dei francesi - o forse in particolare dei parigini - permette di compiere veri "viaggi" dentro i grandi e piccoli eventi e vi assicuro che sono esperienze fuori dal comune. 
Se Parigi è la città delle avanguardie artistiche e uno dei più grandi esempi di quella rivoluzione borghese che fece del progresso il proprio stendardo, essa è anche:
- la città medievale dei grandi antichi regni che fecero la Storia fino all'Ancien Régime, 
- la città della grande Rivoluzione francese e dell'era napoleonica;
- la città totalmente reinventata da Haussmann su volontà di Napoleone III;
- la capitale invasa e occupata dai nazisti e poi liberata da alleati e partigiani; 
- la città riorganizzata da Charles De Gaulle 

La sua storia è complessa, stratificata, anche molto difficile da restituire come narrazione a un pubblico, come può farlo solo un complesso museale all'altezza
Ecco, se si va a caccia della storia di Parigi, se si vuole andare oltre la pura ammirazione incantata di forme e architetture, se si vuole sapere "cosa ha funzionato", fate il lungo percorso storico e ne saprete abbastanza da dichiarare che un popolo fiero della propria Storia, di un luogo diventato nel tempo il fulcro di un'identità nazionale, può raccontarlo, partendo dal rispetto dei propri beni e lavorando senza posa, raccogliendo il testimone dalla generazione precedente.
Parigi a tal proposito non si ferma. A parte i preparativi in corso per le Olimpiadi 2024 che la vedono disseminata di cantieri - di cui però il viaggiatore non si accorge se non per qualche stazione metro chiusa e deviata per garantire il trasporto pubblico e gli Champs Elisée con percorso irregolare - ci sono luoghi come Notre Dame, ferita dal grave incendio del 2019, attorno alla quale si aggrappano ponteggi altissimi per poterne restituire tutta la bellezza. Sì, ci sono finanziamenti anche stranieri, ma i francesi sanno come mettere a frutto, come trasformare il denaro in opportunità di riqualificazione seria. 
Il Centro Pompidou sarà chiuso alla fine del 2024 per cinque anni, sono già stati stanziati i fondi per una rigenerazione del celebre luogo votato all'arte vicina alla "transavanguardia" come la definì Achille Bonito Oliva ai tempi dei miei esami universitari. 
Per non dire del macro-progetto Grand Paris di cui ho letto su una brochure, che dovrebbe puntare a riqualificare interi quartieri storici rispettandone le forme e la storia ma puntando su viabilità e fruibilità di servizi "avanzati". Ne ho trovato un sito che lo spiega bene. 

Trovarsi dinanzi a Déjeneur sur l'herbe di Édouard Manet (Museo D'Orsay)...

Abbiamo alloggiato in un appartamento molto carino nel XV Arrondissement, dove abbiamo imparato come i parigini gestiscono l'immondizia. Per le strade non ci sono cassonetti, non c'è traccia di rifiuti (in Italia ci sono pochissimi esempi del genere). I secchi preposti sono tutti all'interno delle corti dei palazzi, costruiti per la maggior parte a uno o più cortili interni - vedasi il progetto urbanistico di Haussmann e la conseguente "gentrificazione" di grandi aree prima occupate da edifici fatiscenti il cui costo di riqualificazione sarebbe stato ben più alto rispetto ad abbattimento e costruzione secondo i nuovi dettami architettonici dell'epoca. 
Va da sé che tutta l'ampia area storica di rilievo è priva di rifiuti e oggettivamente pulita.
Per amor di cronaca è necessario ricordare che nei sobborghi parigini non possono dire lo stesso, conosciamo un po' tutti la situazione delle banlieues. È lo scheletro nell'armadio, il lato oscuro. Parigi brilla di luce propria ma dimentica gli emarginati, li rigetta in sobborghi dove il suo splendore non arriva. Le tre grandi banlieues parigine - Cités Cordon, Les Tarterêts, Le Val Fourré - ospitano migliaia di persone, perlopiù immigrati, viventi sotto la soglia di povertà, sono quartieri dove imperversano spaccio, prostituzione, crimini di vario genere. 
Qui è spiegato molto bene quello che accade, il grave problema delle disuguaglianze. 

... e alle Ninfee di Claude Monet (Museo dell'Orangerie)

Tornando agli splendori di Parigi, la sensazione è appunto di una cura meticolosa, di un rispetto mai venuto meno. Dentro questo grande "spettacolo" si cammina consapevoli di una grandeur in cui le generazioni si susseguono coscienti di mantenerla in vita, perché si sa, ogni patrimonio culturale ha una propria fragilità. 
La memoria a Parigi è questione fondamentale. Le architetture, le straordinarie opere d'arte sono lì, eterne e immutabili, le generazioni passano prendendosene cura, rilanciando anzi Parigi ogni volta un passo in là, rinnovandone il primato di capitale al passo coi tempi e anzi "avanti".

L'inevitabile senso di frustrazione. 
Camminando a Parigi fra le strade e fra i luoghi di conservazione dei beni, sorge spontanea la domanda: perché in Italia non avviene? Perché per fare un esempio la bella Roma non si avvicina nemmeno lontanamente alla capitale francese? Se è facile pensare al solito cliché "loro hanno fondi che non abbiamo, sono un paese ricco e noi no", senti anche che come spiegazione non regge. 
Il patrimonio artistico e naturalistico italiano è ben maggiore rispetto a quello francese. È risaputo. 
L'insieme di tutti i nostri beni culturali si aggira attorno a un valore di 174 miliardi di euro e rappresenta il 10% del Pil. Il problema è saperlo gestire, ritenerlo non solo parte integrante della nostra identità storica e culturale, ma anche patrimonio da conservare e rilanciare come risorsa vera. 
Secondo dati Istat di qualche anno fa, "il nostro paese è al penultimo posto (dietro la Grecia) per quota di spesa pubblica destinata alla cultura: 1,4% contro il 2,1 della media europea". Francia e Inghilterra invece le più virtuose. 

Dettagli nelle stanze di Versailles
Se spendiamo poco in conservazione e valorizzazione, non possediamo neppure una gestione ottimale dei musei
: la digitalizzazione è ancora indietro rispetto alla media europea, disordine nei flussi, costo mediamente alto dei biglietti, poche o inesistenti promozioni rivolte ai giovani, verso i quali si dovrebbe avere una certa considerazione per avvicinarli al patrimonio storico/artistico. Ebbene, a Parigi l'ingresso è gratuito per i giovani sotto i 26 anni
Per quanto riguarda l'accoglienza dei visitatori disabili, solo poco più del 50% dei musei italiani risultano attrezzati. 
Insomma, una situazione avvilente, a fronte di un ristretto numero di realtà "blasonate" nelle città più visitate (ma qua e là affidate a direttori non italiani, più esperti nella gestione museale). 

In breve, la gestione dei beni culturali francesi si appoggia su principi semplici. Riporto dalla rete:

[In Francia] Un vero e proprio esempio di decentramento, insomma, dove le collettività locali e le associazioni amministrano e gestiscono liberamente, mentre lo Stato garantisce la coordinazione dei metodi, il rigore delle norme scientifiche e la conservazione delle raccolte
Per quanto riguarda i costi, in Francia vige un principio di libera amministrazione. Non esiste cioè un regolamento nazionale sul costo dei biglietti: i musei principali possono applicare tariffe agevolate per i giovani e ridurre il prezzo d’ingresso nel pomeriggio. Molte sono le iniziative museali per promuovere i siti culturali, al di là delle riduzioni già presenti.

Afferrare "lo spirito del luogo".
In sostanza, quello che più propriamente viene chiamato "genius loci". 
Parigi è disseminata di luoghi iconici. Il più iconico di tutti, la Tour Eiffel, il monumento più fotografato al mondo, non è solo un'opera di ingegneria, non segna quella epoca e basta. Diventa quell'insieme di identità, ambiente, cultura che è appunto il genius loci
Lo ammetto, non mi ha attirato particolarmente. È smaccatamente un luogo troppo frequentato, anche mal frequentato dal tramonto, è quel "dove" in cui tutto il turismo di massa si concentra e solo per questo me lo fa apparire da una visita e via. Non ho sentito il bisogno di risalirla, mi è stata bene là, sullo sfondo, quando abbiamo atteso pazientemente le 23 ed è cominciato quello sbrilluccichio che la rende una vedette affascinante e irrinunciabile. 
Quello che mi ha emozionato della Tour Eiffel è stato piuttosto la serie di nomi scolpiti lungo tutto il suo perimetro sotto la balconata del primo piano: diciotto nomi per ciascun lato, un totale di 72 nomi di architetti e scienziati francesi, fra cui spiccano per me Lavoisier, Laplace, Ampère, Coulombe, Delaunay, Daguerre, nomi che risuonavano fra i libri di scuola, fra tante letture fatte. 

Le Grand Trianon (Versailles) 

Ed è proprio questo l'aspetto più travolgente dell'avvertire il genius loci, cercherò di darne una mia personale definizione. Per me è il percepire l'emozione di un "ritorno", la forza di una conferma. 
È quanto ho provato all'ingresso dei giardini delle Tuileries, fra le stanze di Versailles, dinanzi alla Gioconda, entrando nella Maison Hugo, per fare degli esempi. 
Ci sono luoghi che in ciascuno vibrano di una forza dirompente, fanno risuonare una serie di campanelli posti lungo strade che abbiamo percorso leggendo la grande letteratura, studiando materie che qualcuno ci ha fatto amare, guardando film o perfino cartoni animati che hanno segnato intere fasi di vita. Questo tipo di emozione non riguarda solo il vedere oggettivamente, ma il "trovarsi" in un determinato luogo, cosa che permette di "ritrovarsi". 
Ho imparato ad amare Parigi perché è una città in cui questi luoghi particolari sono tanti e tutti custoditi con cura. Prendersi cura è l'imperativo categorico di chi ha per le mani la responsabilità di questo custodire, pertanto l'avvertimento del genius loci diventa anche un'esperienza di bellezza, l'ammirazione di uno stile. È quando si può sentire anche fra le pietre del Père-Lachaise, per citare altro, sebbene là si possa lamentare una certa trascuratezza nella gestione del cimitero monumentale. 

Quanto altro potrei scrivere di questo straordinario luogo? Mi fermo, perché in fondo vale anche solo tentare una descrizione, accettare di non poterla compiere del tutto. 
Tornerò a Parigi, perché ancora tantissimo resta da vedere e magari da lì partire e scoprire altre mete in grado di mostrare i tanti volti di una terra abbacinante di bellezza e sempre diversa. 

Se siete stati a Parigi che ricordo ne avete? Cosa pensate della situazione dei Beni culturali in Italia?

24 commenti:

  1. "Paris c'est toujours Paris". Sono passati un po' di anni dall'ultima volta che ho visitato Parigi e prima o poi ci tornerò. Caspita, gran bel tour de force! Quando vedo i politici italiani, o anche solo sindaci o presidenti di regione che visitano altre città o paesi mi domando perché non prendere spunto da ciò che vedono.

    Non si tratta di copiare gli altri, ma si tratta semplicemente di imparare qualcosa dagli altri...ma secondo me è proprio questo un problema non da poco: in Italia ci sono persone che non imparano niente dal passato e dagli altri.

    Un salutone e alla prossima

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    1. Me lo sono sempre chiesto anch'io e non riguarda solo la gestione dei Beni culturali. Non si capisce come mai non si prenda spunto da esempi virtuosi. Riguarda perfino le realtà scolastiche che funzionano meglio di altre.
      Eh sì, è stato un bel giro estenuante ma davvero esaltante. :) Un salutone a te.

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  2. Riflessioni che condivido. Anche Parigi subisce la banalizzazione della cultura.

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    1. "Anche Parigi subisce la banalizzazione della cultura". Non ho scritto questo, non capisco.

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  3. Io invece l'ho fatta proprio in viaggio di nozze, un classico, con molte delle visite che elenchi in comune.
    Devo dire che come esperienza mi è servita a scoprire che Parigi (come pure Londra, che ho visitato a suo tempo) sono troppo "mastodontiche" per me, non mi ci trovo. Infatti ormai prediligo città d'arte di piccole e medie dimensioni.

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    1. Sì, sono città di grandi dimensioni e anche molto difficili da gestire. Forse questo spiega l'esistenza di una conurbazione di cui è difficile stabilire i confini. Anch'io amo i piccoli borghi e non vivrei in una grande città. Mi piace però attraversare le grandi città particolarmente "riuscite", non riescono nemmeno a farmi provare quel disagio della grande città invivibile. Un sentimento che provo a Roma, non ci vivrei mai e poi mai.

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  4. Non mi metto a rispondere alla tua domanda altrimenti dovrei scrivere un libro :-) (del resto mi hai già gentilmente citato anche con i miei articoli su quella che senza ombra di dubbio è ormai la mia seconda città, non fosse altro che per il numero di volte che ci sono stato e la quantità di giorni che ci ho trascorso). Concordo con te sulla sensazione, ahimè fra la malinconia e la rabbia, che inevitabilmente mi assale ogni volta ogni volta che vado in Francia (e non solo a Parigi). Invidio visceralmente la loro cura del paesaggio, l'attenzione ai beni culturali e la vitalità che mettono, anche a costo di sbagliare, nella valorizzazione e anche nella "modernizzazione" del loro patrimonio. Purtroppo in questo noi siamo lontanissimi da loro.

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    1. Ogni volta immagino Roma in mani giuste, gestita da chi, da generazioni, sa il fatto suo. Abbiamo solo una vaga idea di come si presenterebbe? Ma è pura utopia. Anche qui ti ringrazio per avermi fornito un vademecum cui ispirarmi per i miei appassionati giretti storici e culturali. :)

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  5. Parto dai musei in Italia, non sono molto ferrata in materia ma sui biglietti posso dirti che tutti i musei dell’Università di Bologna sono gratuiti per i giovani fino ai 19 anni (si predilige l’età scolare fino alla maturità, i giovani fini ai 26 anni pagano il biglietto ridotto (4 euro invece di 7 euro) insomma un prezzo equo. Inoltre tutti i musei comunali bolognesi hanno tariffe calmierate.
    Riguardo a Parigi ci sono stata con mio marito credo nel 1999 o forse nel 2000, ma ricordo molto bene quello che ho visitato, il Louvre è stato l’unico museo che scegliemmo di vedere, molto bello, ma il prezzo del biglietto era piuttosto caro, forse perché comprendeva più sale compresa la Gioconda. Ho adorato il cimitero di Pere Lachaise, era tra le mete che volevo visitare, bellissima Notre Dame e magnifica la Tour Eiffel, tuttavia quello che ho amato di più di Parigi é l’atmosfera serale della collina di Montmartre piena di ristoranti all’aperto, artisti e bancarelle.
    Tuttavia Parigi non mi è rimasta nel cuore perché i parigini non mi sono risultati troppo simpatici (sotto questo aspetto preferisco Londra)

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    1. Non posso negare di aver notato anch'io un certo atteggiamento altezzoso, in particolare fuori dai sentieri battuti dal turismo, e dunque nel comune supermercato, dove se chiedi lo scontrino ti guardano come un appestato. Non mi è piaciuto il loro parlare velocemente pur sapendo che non stai capendo nulla, ci ho visto un atteggiamento di poca apertura e un menefreghismo di fatto innegabile. Ma non me ne sono lasciata contagiare. Sono stati episodi che mi sono fatta scivolare addosso, e sono stata piuttosto brava a concentrarmi sulle cose importanti.
      Ottimo il polo museale di Bologna che permette questi ingressi calmierati e le gratuità. Purtroppo pochissimi esempi se ne trovano in Italia. :(

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  6. Il fatto che i francesi mi stiano antipatici forse m'influenza un po'. Ciò premesso, sono stata a Parigi tre volte (ho dei cugini che vivono lì) e non posso non ammettere che la città sia molto bella. Ero giovane, quindi ancora interessata ad altre cose (i locali notturni, la quotidianità vissuta con i cugini che mi ospitavano), ma ovviamente non è mancato il tour classico. Concordo sulla Tour Eiffel: mi ha impressionato poco, forse perché in modo spoetizzante ho visto una costruzione in ferro, divenuta un simbolo, ma poco evocativa. Mi hanno colpito di più la magnificenza di Versailles e anche la pomposità della tomba di Napoleone. Per quanto riguarda l'aspetto culturale, per carità, noi italiani siamo sempre ultimi in tutto! Mi dispiace, potremmo vivere di rendita solo sfruttando bene le risorse artistico-culturali, invece non riusciamo nemmeno ad accogliere in una capitale pulita le migliaia di turisti in visita. Mi è mancata la visita al cimitero, una tappa che metterei al primo posto tornando a Parigi: negli anni sai mi sono affezionata a Proust, come ben sai, ma ho amato molto più Chopin e mantenuto il fascino giovanile verso il personaggio di Jim Morrison. Visitare le loro tombe mi regalerebbe una grande emozione. E aggiungo che proprio la mia passione per Proust mi porterebbe, oggi, a visitare anche qualche luogo simbolico del suo immenso viaggio nella Recherche.
    Comunque il tuo tour è stato pazzesco, davvero un tour de force, ma di grande soddisfazione per voi: siete tornati arricchiti e questo mi fa un immenso piacere.

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    1. Tu ti lasci influenzare un po' troppo da qualche antipatia, ahi ahi. :)
      Ti vedrei benissimo a passeggiare fra le tombe del Pére Lachaise, in effetti è un'esperienza molto particolare. Il bello è che una tomba come quella di Morrison non si trova su uno dei sentieri principali ma incastrata dietro ad altre, quindi all'inizio è perfino nascosta, poi ti accorgi che pellegrini da tutto il mondo lasciano oggetti di ogni foggia sulla sua tomba e nelle zone vicine, insomma non può sfuggire. Stesso dicasi per la tomba del tuo amatissimo Proust, elegantissima (è stato bello inviarti una foto in diretta!) ma un po' appartata.
      Mi è dispiaciuto per alcune tombe che paiono piccole cittadelle dall'architettura perfetta, con tanto di ingresso, cancello, colonnato, ecc. del tutto in stato di abbandono. Mi sono chiesta se non ci siano dei discendenti che un minimo si possano occupare di pulirle. Mah. In generale anche i sentieri non mi sono parsi questo granché, abituata alla perfezione di altri luoghi. Del resto, il cimitero occupa una posizione un po' fuori mano, forse per questo non è proprio al centro degli interessi di chi si occupa della città in ogni suo dettaglio.

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  7. Parigi l'ho assaggiata appena, in una due giorni e mezzo nel marzo del 2018, per incontrare di persona la mia scrittrice preferita, Diana Gabaldon, al firmacopie del Livre Paris. E ho beccato una tempesta di neve incredibile. Sicché ho visto anche poco e tante foto hanno uno strano effetto luccicoso per i fiocchi di neve. Vorrei tanto tornare e godermela con calma, mi tengo per altro il tuo itinerario, chissà che un giorno non riesca. Perché me la scartano sempre e se devo andare da sola, alla fine allungo e vado in Scozia, dove resta comunque il mio cuore. Di Parigi mi colpì la presenza degli Italiani in ogni dove! Entriamo in un bar, cameriere italiano. Ci fermiamo a prendere i macaron in un negozietto di Montmartre, pasticcera italiana. Ci blocchiamo alla metro (il biglietto 3 giorni ogni tanto si incastrava) e ci aiuta un impiegato della metro, italiano.
    In quanto ai musei italiani, quest'anno ho scortato due gruppi di amici in visita alla mia Padova e così ho scoperto che come residente ho biglietti ridotti ovunque, peccato non ne venga fatta pubblicità e anche i siti web siano alquanto caotici e disorganizzati. Però l'Italia non è come la vediamo con i nostri occhi (al pari che Parigi non è così magnifica, se lo chiedi a un parigino). Me ne accorgo quando proprio amiche francesi, due poi di Parigi, mi vengono a trovare a Venezia, una viene con la famiglia intera ogni anno da credo sedici anni, e sogna di trasferirsi a Venezia per la pensione. Il loro sguardo estasiato rispetto all'Italia è lo stesso che abbiamo noi verso Parigi (per altro questo venerdì c'erano 39 gradi a Parigi, c'era La Parisienne, camminata femminile per il cancro al seno - quindi tu hai trovato tutto sommato un bel clima a luglio). Da quando frequento loro, sono un po' più positiva sul nostro Paese, ecco. :)

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    1. È vero che la nostra visione dell'Italia è un po' estrema e che ci sono esempi senz'altro al passo con il buonsenso visibile in altre città europee. Resta però innegabile che una città come Roma anneghi nel caos più totale, per dirne una. Almeno Napoli è stata oggetto di riqualificazione nell'ultimo decennio, è stata riscoperta, valorizzata, assieme ad altre zone della Campania come gli stessi siti archeologici di Pompei ed Ercolano (vorrei fare l'esperienza di quel Freccia Rossa che collega Roma direttamente a Pompei). Fai il giusto esempio di Venezia, città meravigliosa oltre ogni dire ma sofferente proprio per il carico malgestito di turisti - con tanto di ultimo avvertimento da parte dell'Unesco. È come se gli italiani, chi dive gestirne i Beni culturali, non si rendesse pienamente conto del loro valore. È dovuto sorgere il Fai per recuperare siti di importanza storica prima praticamente in stato di totale abbandono. Per non dire di questa campagna pubblicitaria idiota Open to Meraviglia, dietro la quale hanno riso tutti. Insomma, posso solo immaginare cosa sarebbe l'Italia storica e architettonica in altre mani. :(

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  8. Che bello leggere tutto ciò. Bravissima Luz. Il tuo viaggio, con i tuoi riferimenti e suggerimenti, devo segnarmelo. Mi farà da guida quando riuscirò ad essere nella fantastica Parigi. Purtroppo non ci sono riuscita ancora ma mi mancano anche molte mete della nostra Italia, quindi chissà.
    Mi ha colpito il pacchetto Grand Paris, andrò a curiosare per scoprire di più, grazie.
    Il nostro patrimonio storico - culturale è davvero molto vasto. È difficile dare una forte impronta organizzativa proprio per questo. In realtà non invidio tantissimo questa possente organizzazione, ho l'impressione che sia quasi disumanizzata e fredda. Ma non avendo visto non posso giudicare.
    In quanto alla Tour Eiffel poi non concordo. Conosco le sfaccettature di questa possente struttura, artistica ma soprattutto architettonica, ti posso assicurare che studiarla per me ha significato molto. La sua tecnologia ha avuto, ai suoi tempi, un che di miracoloso. Ammirarla da vicino e scoprirne tutto l'ingegno e la storia che risiede in lei è una delle cose che più vorrei fare al mondo. Ma comprendo che osservarla solo esteticamente potrebbe avere poco senso. 😉
    Mi hai, come sempre, deliziata nella conoscenza. Ti ringrazio davvero per questo post. Ti abbraccio e buona serata.

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    1. Grazie a te per averlo letto con interesse e apprezzato.
      Riguardo alla Tour Eiffel, non nego certamente il suo valore storico e architettonico, l'epoca in cui ha rappresentato il grande valore dell'innovazione rispetto alla tradizione. Come hai letto mi ha emozionato il vedervi scolpiti i nomi dei più grandi scienziati francesi e il modo in cui viene valorizzata si accorda perfettamente allo stile parigino, infatti è meta prediletta di tutto il turismo proveniente da ogni dove. Però non ha rappresentato per me ciò che ho trovato altrove, proprio per questo suo essere malfrequentata e fin troppo battuta, da migliaia di persone ogni giorno che magari non entreranno mai in uno dei magnifici musei parigini. Non so se riesco a farmi intendere, ho cercato di spiegare le mie sensazioni. :)

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  9. Non mi farei scappare di certo i musei parigini (a proposito bellissime le immagini artistiche proposte 😉), ma ti ho compreso. In effetti le emozioni non si comandano. 😊
    Grazie ancora, buona giornata Luz.

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  10. Si vede dal tuo sorriso la gioia di essere a Parigi e la foto davanti alla Torre Eiffel è d'obbligo! Anch'io ce l'ho, notturna, ma non mi si vede perché ero dentro a un camper ...mi ero aggregata infatti a un gruppo di amici per un viaggio itinerante con quel mezzo, tra le tappe veloci anche Parigi. Però per benino l'avevo già visitata qualche anno prima assieme a una mia amica, avevo poco più di vent'anni e a quel tempo c'era la voglia di scoprire le capitali europee. Parigi mi era stata tanto decantata da un'altra amica per l'atmosfera bohemien che si respirava, che ne ero rimasta poi quasi delusa, perché non sentivo le emozioni che mi sarei aspettata. Questo non vuol dire assolutamente che non mi sia piaciuta, impossibile, ci sono così tante bellezze da stordirti, però la prima volta non mi sono sintonizzata con lo spirito, e la lingua, del luogo. Meglio la seconda visita in camper dove ho potuto assaporare un po' della vivace vita notturna e il brulichio diurno di Montemartre. Penso che tu possa averla apprezzata al meglio anche se reggere i ritmi di visita del bellissimo tour che avevi programmato non dev'essere stato facile...ricordo il male ai piedi quando io e la mia amica rientravamo alla sera, ora son certa, non ce la farei. Ho letto con vero piacere il tuo post Luz, esauriente ed interessante, è sempre bello leggere le esperienze di viaggio di un'altra persona, le sue emozioni positive o negative. Ciao, sono Ninfa ma non riesco a entrare con l'account...mi toccherà affrontare il problema cookies, eh sì.

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    1. Ciao, Ninfa! Grazie per la tua risposta. Ecco una delle esperienze che mi sarebbe piaciuto fare nella vita: viaggiare in camper. E farlo visitando Parigi deve essere stato davvero particolare.
      Che non si riesca a sintonizzarsi con una città è cosa normale. Può capitare con un libro, un film, con qualsiasi eccellenza. Dipende da tutta una serie di cose. Mi fa piacere che poi tu sia riuscita a viverla apprezzandone le bellezze. :)

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  11. La mia prima volta a Parigi è stata a 16 anni nel lontano 1977. Son tornato nel 1996 e poi nel 2019. La città è cambiata in tante cose. A volte in meglio, altre in peggio. Il suo fascino straordinario è immutato. Ci si torna sempre davvero volentieri.

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    1. Vederla in tre momenti diversi della vita deve essere stato molto particolare.

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  12. Che nostalgia di Parigi, capisco la Serena che ci torna, potendo, periodicamente, è una città che non conosceremo mai del tutto e tu ne hai tratteggiato la complessità. Manco da anni e vorrei vedere Notre Dame ricostruita o il Centre Pompidou (che originalità) rinnovato e tutto il resto. Ma non la torre, anche se per ragioni più prosaiche delle tue. Troppa coda! Posto preferito? Places Des Vosges. La descrivo anche in Così passano le nuvole, un modesto tributo per una città che non smette mai di impressionare. Bentornata

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    1. Bentrovata tu. :) Place des Vosges è piaciuta molto anche a me. Sarà che Hugo abitò in una delle case che vi si affacciano ma mi ha colpito che abbia conservato tutto il sapore dell'epoca. Non c'è che dire, i parigini sanno come conservare e valorizzare.

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  13. Sono stata tre volte a Parigi e in stagioni differenti. Pensa che riuscii ad andare, la prima volta, con il mio futuro marito... quindi ben tardi rispetto alla mia immensa voglia di vederla. Le prime volte ho visto i cosiddetti "pezzi forti" e sperimentato che l'inverno parigino poteva essere terribile. Parlo appunto di anni fa, quando le temperature erano ben più rigide e ricordo questo vento gelido che si strappava la pelle di dosso con conseguente corsa nei bistrot per scaldarsi. Nemmeno in Cappadocia con la neve ho provato tanto freddo! Le volte successive ho aggiunto altri luoghi iconici, come un mosaico, anche se non manco mai di visitare il Musée Carnavalet come in un pellegrinaggio.
    Hai ragione, ci si avvilisce quando si confronta la gestione dei beni culturali all'estero con i nostri. Il segreto loro, come hai ben spiegato, è anche un forte decentramento amministrativo e il rispetto per l'arte.

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