mercoledì 29 giugno 2022

Leggere Lolita a Teheran - Azar Nafisi

Incipit
: Nell'autunno del 1995, dopo aver dato le dimissioni dal mio ultimo incarico accademico, decisi di farmi un regalo e realizzare un sogno. Chiesi alle sette migliori studentesse  che avevo di venire a casa mia il giovedì mattina per parlare di letteratura. Erano tutte ragazze, dato che, per quanto si trattasse di innocui romanzi, insegnare a una classe mista in casa propria sarebbe stato troppo rischioso. Fra gli studenti maschi, Nima fu l'unico a rivendicare con ostinazione i propri diritti, così acconsentii a passargli il materiale che assegnavo e, di tanto in tanto, a vederci da me per parlare dei libri che stavamo leggendo. 

Questa è una vicenda vera, una di quelle che si portano dietro i drammi della Storia, il rapporto simbiotico fra maestro e allievi, l'orgoglio di una donna che fa da ponte a giovani allieve desiderose di imparare, di pensare, di condividere. 
È una storia vissuta fra quattro mura, in un privato che diventa universale perché diventa il perimetro in cui prende forma la conoscenza, lo slancio vitale verso il sapere. 
Cominciamo dalla storia martoriata di questo paese.

L'Iran ha una storia complessa, stratificata su epoche molto diverse fra loro. Basterà qui sintetizzarne il passaggio dal regno dell'ultimo scià, Reza Pahlavi, alla repubblica islamica sciita guidata dagli Ayatollah, con la rivoluzione esplosa nel 1978 che portò all'abdicazione e fuga del sovrano. 
La repubblica islamica si configurò fin da subito come regime: l'imam Khomeini, che prese il ruolo di Ayatollah, ne delineò i contorni rendendo il potere religioso un tutt'uno con quello istituzionale. 
Le leggi e il sistema furono ispirati alla shari'a, il vasto insieme di regole rigidissime di tipo religioso e giuridico che investono la condotta del singolo. 
Da quanto emerge dal racconto di Nafisi, il sistema è vasto, complesso, noi occidentali siamo portati a semplificarlo e svilirlo, ma ha un suo intrinseco fascino, certo laddove non ha un intento coercitivo. 

La shar'ia.
La shari'a, in arabo "retta via", è un codice etico molto preciso e riguarda i doveri individuali e i doveri collettivi del buon cittadino. Questo codice, tratto dai testi sacri (il Corano e la Sunna), è inappellabile e diverso dalle leggi scritte dagli uomini. In sostanza, il codice attinge all'insieme molto vasto di fonti sacre e allo stesso tempo viene plasmato da un corpo giuridico anch'esso complesso e costantemente al vaglio delle dottrine islamiche. 
In esso le azioni umane sono categorizzate in obbligatorie, raccomandabili, lecite, sconsigliate e proibite
Fra queste, le obbligatorie riguardano il culto, la preghiera, il ramadan, il pellegrinaggio. 
Le azioni lecite riguardano il comportamento, ma anche il tipo di alimentazione consentita (si sa, per l'islam la carne di maiale è impura, proibita assieme all'alcool, inoltre i tipi di macellazione dell'animale riguardano un rituale preciso e non derogabile).
Le azioni proibite riguardano la sfera della condotta e la stessa alimentazione. Riguardo al comportamento, la shar'ia vieta l'adulterio, i rapporti sessuali fuori dal matrimonio, il turpiloquio, la corruzione, il furto.
Nel sistema della shar'ia non viene punito solo l'assassinio, per dirne una, ma anche questi comportamenti, pertanto ci sono punizioni come l'uso della frusta, il pestaggio, e nel peggiore dei casi lapidazione, carcerazione dura, ecc. 
C'è da dire che la shar'ia non viene applicata, né intesa, allo stesso modo in tutti i paesi islamici. In paesi islamici liberi e "aperti", un esempio è la Giordania, i rapporti sessuali fuori dal matrimonio non vengono puniti con 100 frustate come in paesi islamici "estremizzati", interpretando il versetto del Corano che ne fa specificamente riferimento in senso "blando". Del resto, se noi cristiani interpretassimo alla lettera i dettami dell'Antico Testamento, non ce ne sarebbe per nessuno. 
Per non dire delle comunità islamiche presenti in Italia, dove, al di là di casi estremi tuttora oggetto di indagini, per lo più la shar'ia viene rispettata moderandone il peso e le conseguenze. 

Azar Nafisi

La professoressa-mentore. 
Tornando al racconto di Nafisi, il senso del dovere dettato dalla rigida repubblica islamica muove anche le nuove generazioni, i giovani degli anni Ottanta e Novanta in cui la giovane insegnante vive e si forma. Nata libera, negli anni dell'autocrazia di Pahlavi, Azar Nafisi si ritrova assieme alla sua generazione catapultata in un sistema nuovo, in cui le libertà vengono mortificate sotto il pugno della legge coranica. 
La repubblica degli Ayatollah si impone in un sistema in cui il diritto allo studio, esteso in modo naturale anche alle donne, viene assoggettato alla shar'ia. Professoresse e studentesse sono sottoposte a controlli molto rigidi, nel vestiario, nella postura, nel linguaggio. 
Obbligatorio l'uso del velo - era stato abolito dallo scià nel 1936 - ma attraverso il controllo millimetrico del modo in cui lo si indossa. Quel velo che "faceva sembrare smunto ogni volto, ne induriva i lineamenti". 
Le pressioni più dure le subivano le studentesse. Ascoltavo la storia infinita delle loro disgrazie, e non sapevo che dire. Le punivano se salivano le scale di corsa per arrivare in tempo a lezione, se ridevano nei corridoi, se venivano sorprese a parlare con un ragazzo. 

"La Repubblica islamica ha involgarito i miei gusti in fatto di colori" [...] "Ho solo voglia di colori sfacciati, come il fucsia o il rosso pomodoro. Sono troppo affamata di colori per vederli come un'espressione poetica".

"Controllano che tutto sia secondo le regole: il colore del cappotto, la lunghezza della veste, la pesantezza del velo, la forma delle scarpe, il contenuto della borsa, eventuali tracce di trucco, anche leggerissimo, persino la forma e le dimensioni degli anelli; e solo se passo l'esame mi lasciano entrare nel campus, lo stesso dove studiano i maschi. Per loro, ovviamente, l'ingresso principale con l'enorme portone, gli stemmi e le bandiere è sempre spalancato".  

Ad un certo punto, esasperata dalle restrizioni, che finiscono per riguardare anche i tipi di libri da studiare nelle aule universitarie, Nafisi si dimette dal suo lavoro e prende a insegnare a casa, scegliendosi un "luogo" che non è solo il suo soggiorno ma un perimetro in cui lei e le sue studentesse possono sentirsi ed essere libere. 
Il percorso di studio e analisi di alcuni fra i romanzi più celebri del mondo, da Le mille e una notte a Lolita, a Il grande Gatsby al repertorio di Henry James e di Jane Austen, Virginia Woolf, Saul Bellow, James Joyce, Gustave Flubert rappresenta quella letteratura che secondo Nabokov rende libero ogni lettore e per Henry James è "pietra d'inciampo sociale". 
La letteratura intesa come "necessità" è un principio al quale insegnante e allieve si aggrappano per sopravvivere, per chiudere dietro la porta d'ingresso il grigiore della censura e spogliarsi materialmente e idealmente di questo, per metterlo in discussione. Belle le pagine che riguardano proprio solo lo spogliarsi del velo e spesso anche della lunga veste nera, che svela forme, colori, bellezza. 
Il problema è vivere l'esperienza resistendo allo straniamento tra il "fuori" e il "dentro", cercando di individuare quale sia la realtà, quale la vita vera. 
Nel "fuori" l'età minima per il matrimonio è stata abbassata da diciotto a nove (!) anni ed è entrata in vigore la lapidazione per l'adulterio e la prostituzione. Nel "dentro" si studiano pagine eterne, che parlano alle generazioni di ogni latitudine e realtà sociale, pagine che palpitano di vita. 
Tutte le grandi opere d'arte, avrei dichiarato con solennità, celebrano l'insubordinazione contro i tradimenti, gli orrori e i tranelli della vita. La perfezione e la bellezza del linguaggio si ribellano alle mediocrità e allo squallore di ciò che descrivono. Ecco perché ci piace Madame Bovary e piangiamo per Emma, perché leggiamo avidamente Lolita e il nostro cuore si strugge per la sua piccola, volgare, poetica e sfacciata eroina. 
Nella repubblica islamica iraniana la letteratura deve essere utile solo all'ideologia, per questo molte opere cominciano a essere messe al bando. I capitoli del processo a Il grande Gatsby sono emblematici per capire fino a che punto l'arte e la letteratura possono essere ritenute blasfeme. Secondo il sistema, Gatsby, come Madame Bovary, sono esseri immorali, corruttori di menti. 
Studiarli in segreto rappresenta per Azar e le sue allieve affacciarsi su una "tenerezza, luce e bellezza" che sono negate nella realtà. E il tutto avviene in una complicità che commuove. 
La figura dell'insegnante, la casa di questa presso cui le ragazze trovano un "rifugio" ideale, pur in quella sola mattina ogni settimana, colpiscono il lettore, mostrano la possibilità di un rapporto di mutuo soccorso. La professoressa Nafisi ha bisogno delle sue studentesse esattamente al pari di loro
Si instaura una reciprocità straordinaria e vivificante. Liberatoria. 


Ciò che Nafisi combatte è anche il rischio che le ragazze diventino parte del sistema. Esserne parte significa non solo accettarne le regole ma contribuire ad alimentare il clima di sospetto, lo spegnimento di ogni libertà, sollevare la mannaia che si leva sul colpevole. 
L'unico modo per spezzare il cerchio e smettere di ballare col carceriere è tentare di conservare la propria individualità, ciò che sfugge a ogni possibile descrizione eppure distingue ciascun essere umano dai suoi simili.
Il rischio che il sistema le assorba, almeno quelle più legate al rispetto della religione e tendenti al disprezzo dell'imperialismo occidentale, è concreto. Sì, perché non dovete immaginare delle pasionarie come la nostra professoressa, ma ragazze giovani, nate in quel sistema, non come Nafisi che in quel sistema è precipitata da adolescente. Diverse di loro sono disposte a portare il velo "per il bene dell'Islam" e fanno mostra dell'antipatia verso tutto quello che è occidente. 
La missione di Nafisi è dunque salvifica anche in questo senso. 

Libro in definitiva straordinario, che consiglio. Un'esperienza di riflessione su una cultura molto diversa dalla nostra, sul grande potere della letteratura, sulla missione che può rivestire l'insegnamento. 

Ritenete anche voi che un buon insegnante possa avere questo potere? Cosa cattura lo studente del bravo insegnante che riesce a incarnare la figura del mentore? 

12 commenti:

  1. Le opere a fumetti di Marjane Satrapi raccontano in modo molto simile la vita nell'Iran dopo il colpo di stato khomeiniano e la differenza tremenda fra "dentro" casa e "fuori" che fa quasi passare la voglia di stare all'aperto.
    Un bravo insegnante dovrebbe stimolare i propri studenti a analizzare, apprendere i diversi punti di vista, leggere opere con concetti opposti, proprio per avere una visione più ampia e poter scegliere quella che gli sembra più giusta. Dovrebbe anche insegnare il concetto di rispetto e tolleranza, però temo che all'interno di una teocrazia religiosa ci sia ben poco spazio per tali elementi fondamentali. Quello che mi spaventa è proprio vedere come molta gente (qualunquista, beninteso) con estrema facilità metta sullo stesso piano USA e Russia, Unione Europea e Cina, come se davvero fossero anche solo lontanamente paragonabili.

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    1. Mi hai ricordato la Satrapi, sì! Mi ero imbattuta nei suoi disegni mesi fa, mentre cercavo in rete qualcosa di diverso per i miei alunni. Persepolis è una di quelle graphic novel che vorrei leggere. L'insegnante che sa trasmettere l'idea di non dividere nettamente il mondo in categorie ma a guardare le cose obiettivamente è un insegnante valido, in effetti, forse il vero maestro è proprio fatto così. Io, nel mio piccolo, cerco di fare "politica" con le mie lezioni, dobbiamo guardare alla Storia con lo sforzo di essere lucidi e non ragionando "di pancia". Mi rendo conto di "fare politica" nel momento in cui si toccano certi temi, come la libertà individuale e la parità di genere (oltretutto obiettivi contemplati dalle principali agende di tutto il mondo), perché educare queste nuove generazioni a guardare criticamente quanto accade è fondamentale per capire da che parte si voglia stare. Di base c'è un principio ineludibile: non è giusto fare del male, e in questo c'è tutto un corollario di possibilità. Fare del male significa anche far sentire una ragazza inferiore perché è "femmina", tacciarla di saccenteria solo perché è "femmina", si parte da qui per andare poi ai grandi temi della discriminazione sessista, pur senza farlo diventare fanatismo. Posso solo immaginare che significhi insegnare in un regime in cui le libertà fondamentali sono negate. Ecco, il vero insegnante è proprio quello.

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  2. Che domande difficili, Luz! Indubbiamente un insegnante può diventare un mentior, ma capire cosa lo renda tale è ben al di là di questa risposta. Una cosa mi sento di poter dire: la prima dote di un docente è la genuinità: un tratto che si impone subito e che è fondamentale per stabilire una buona relazione. Se uno studente percepisce falsità o incoerenza credo che il rapporto non possa nascere o finisca per spezzarsi. Non ho letto il libro di cui parli oggi, anche se grazie a te, per la prima volta, entra nella mia lista, sottraendosi all'essere poco più che un titolo e suscitando curiosità; Nafisi suggerisce la difficoltà di essere un insegnante desideroso di stimolare nei propri studenti l'indipendenza di pensiero in un contesto sociale e politico avverso che minaccia questa autonomia. Lo trovo molto interessante è sempre attuale.

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    1. Questo è un libro che in fondo si interroga anche su cosa significhi insegnare e fin dove l'insegnamento può oggettivamente arrivare. C'è fra Nafisi e le ragazze quel classico rapporto che si genera quando l'allievo nutre un genuino sentimento di ammirazione per il proprio maestro. Però, e mi allaccio a quanto hai scritto, Nafisi si pone su di sé mille domande, si mette in discussione, si mette anche in gioco nel processo a Gatsby, per dirti. Si chiede fino a che punto la sua capacità di resistenza sarà lì a tollerare l'incrinarsi di ogni speranza. Nafisi si nutre della forza delle proprie ragazze e allo stesso tempo sa di trovarsi dinanzi a dei rapporti estremamente fragili. Leggilo, Cristina, c'è bisogno che questo libro rientri fra le tue letture perché saprai cogliervi mille altre sfaccettature. Sarei felicissima di leggerne una tua recensione.

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  3. Mi sembra un libro interessante da leggere, come tutti i libri che ti raccontano una realtà diversa dalla nostra, io ho letto Mille splendidi soli e mi ha illuminato molto sulla situazione di questi paesi. (Ho letto anche alcuni fumetti di Marjane Satrapi) Tra l'altro deve essere terribile passare da una situazione democratica a un regime dittatoriale, come succede all'insegnante del romanzo, credo possa fare molto per donare una visione più ampia alle sue studentesse.

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    1. Mille splendidi soli mi ha lasciato un ricordo intenso. Lo consiglio sempre nelle classi terze, perché anche quello è un testo illuminante. Scritto da un uomo poi, è come sempre un valore aggiunto nella sensibilità maschile che riesce a farsi racconto del dramma umano femminile.

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  4. Ci proponi un’altra bellissima lettura che si affaccia su una cultura diversa dalla nostra, lì dove gli insegnanti, soprattutto le donne, non sono liberi, per cui affrontano un compito davvero impegnativo. Penso che l’insegnante può essere un mentore. Io ne ho avuti diversi e i loro insegnamenti li porto sempre con me. Credo che lo studente catturi prima di tutto la passione che l’insegnante impiega nel suo lavoro, ma anche l’empatia e la capacità di ascolto. Gli insegnanti che alzano dei muri di solito non insegnano nulla al di là delle nozioni della disciplina che insegnano. Ovviamente ciò non significa che l’insegnante debba farsi mancare di rispetto, purtroppo ci sono degli insegnanti che l’unico modo che hanno per farsi rispettare è quello di utilizzare la paura, preferiscono essere temuti, ma in tal modo non lasciano alcun segno nella coscienza dello studente.

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    1. E infatti sono quelli che da sempre non colgono il senso vero dell'insegnamento, sono troppo presi e assorbiti nel loro ruolo, che diventa prevalente rispetto alla missione. Nulla di più sbagliato e deleterio per chi deve imparare. Ci sono docenti di ogni ordine e grado capaci di fare danni assurdi nei ragazzi. Meno male che esistono poi gli insegnanti con senso del dovere e corretti verso questo mestiere e le responsabilità che comporta.

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  5. Si tratta di un libro che avevo adocchiato da molto tempo e che prima o poi vorrei leggere. Purtroppo la mortificazione della cultura è una costante delle dittature, e la tua frase "la letteratura deve essere utile solo all'ideologia" si applica ogni qualvolta un movimento anche rivoluzionario, come nella Francia del '700 o nell'URSS sovietica, a un certo punto s'irrigidisce per difendere se stesso e le sue conquiste, e assume il volto della dittatura con l'uso di strumenti coercitivi violenti a partire dalle letture. Le prime a farne le spese sono le donne, anche quello che è successo e sta succedendo in Afghanistan - di cui i media non parlano più - ne è una drammatica dimostrazione.

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    1. La letteratura come strumento di propaganda è una delle tante brutture delle dittature, la censura che si abbatte su quello che il regime non consente è qualcosa di inaccettabile, che depaupera l'umanità. È una delle cose più gravi che l'uomo possa inventarsi. È vero, i media scelgono narrazioni ogni volta di comodo e i tanti infelici dimenticati ne fanno le spese.

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  6. Cosa coglie uno studente nell'insegnante per considerarlo un suo mentore? Credo l'onestà intellettuale (perché ho avuto insegnanti che facevano politica, ma fuori dalla scuola erano altro), la passione nel proprio lavoro oltre il suono della campanella (quelli che si prendono a cuore i ragazzini in difficoltà, invece che bistrattarli ulteriormente), l'empatia e la capacità di coinvolgimento.
    Sulle condizioni della donna sotto i regimi islamici ho letto più di qualche articolo, indagini e approfondimento di Oriana Fallaci (prima dell'11 settembre e i suoi scritti successivi, come il libro Il sesso inutile, dove esplorò la condizione nelle varie culture e nazioni, tutto intorno al mondo). Trattò la condizione della donna anche nel nostro paese (Lettera a un bambino mai nato, sul tema dell'aborto) in anni in cui non eravamo così "fortunate" (e si fa per dire, visto il numero di femminicidi in salita, chissà cosa avrebbe da dirne... e peggio ancora, quali parole riserverebbe oggi alla sua America, l'aborto proibito in nome della vita umana e le pistole vendute al supermercato senza alcun controllo...). Se pensiamo quindi allo sviluppo della società, il ruolo dell'insegnante è una vera e propria missione, perché solo leggendo e studiando possiamo aprire la mente oltre i confini di un regime, sia esso politico, religioso, culturale. "One child, one teacher, one book and one pen can change the world" disse Malala Yousafzai.

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    1. Posseggo da molto tempo Il sesso inutile di Fallaci ma ancora non l'ho letto. Sarà tempo che mi decida a farlo. Questo tema è sempre più importante oggi, che è stato riscoperto il gusto di mettere in discussione dei valori apparenti e finalmente si intende abbattere il patriarcato (se mai ci si riuscirà, ma ne dubito) o perlomeno discuterlo, esaminarlo. Credo anch'io che rimarrebbe colpita in senso molto negativo riguardo a quanto sta accadendo negli Usa, un paese che, sì, ha sempre posto a esempio delle democrazie moderne. D'altra parte, Fallaci ha fatto un disamina unilaterale dei regimi estremisti islamici, mi è sempre parsa molto poco precisa sul doveroso distinguo da fare fra i tanti governi in cui vige la Sharia. Trascurando magari quelli in cui, pur se la religione islamica è il credo ufficiale, non si imbevono di norme coraniche per scrivere le loro leggi - vedasi l'esempio della Giordania.

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