mercoledì 20 gennaio 2021

Il caffè di Luz e Marina: abbiamo letto I Serpenti e la Fenice e accogliamo un'ospite d'onore

Lettori, il caffè di gennaio è un po' diverso, una sorpresa per un'amica della quale abbiamo letto l'ultimo libro: I Serpenti e la Fenice. Stiamo parlando di Cristina Cavaliere, che ce ne annunciò la pubblicazione in questo post
È un piacere per me e Marina ospitare proprio l'autrice nel nostro caffè periodico. 

Ed eccoci, immaginateci sedute a un tavolino in centro, magari proprio a Roma. Dietro la vetrina giganteggia il Colosseo, è un caldo pomeriggio primaverile e ci siamo incontrate proprio qui, nell'Urbe eterna. :)

LUZ   Cara Cristina, a un anno dalla lettura di Le regine di Gerusalemme, mi sono imbattuta nel tuo romanzo storico ambientato nella Francia che freme verso la grande rivoluzione. Averlo letto assieme a Marina mi ha fatto molto piacere. Una premessa: il mio cuore continua a battere per la serie ambientata nel Medioevo, ma anche qui ho trovato l'accuratezza e la passione che contraddistinguono la tua "penna". Le mie domande saranno sulla trama, lascio a Marina l'aspetto delle scelte stilistiche. Eccoti la prima: I Serpenti e la Fenice sembrano essere la premessa di un nucleo narrativo che si trova un passo in là. Lo confermi? 

CRISTINA  Cara Luz, scoprirvi impegnate nella lettura del mio romanzo mi ha dato una grande gioia, ma ha generato anche un po' di timore. Di solito ricevo recensioni e osservazioni da una sola persona alla volta, dunque la vostra lettura in tandem è un'esperienza nuova per me. Ti confermo che I Serpenti e la Fenice è un tassello di alcuni passaggi più ampi. Ti confesso che ero partita con l'idea di un romanzo unico, poi le vicende mi hanno talmente preso la mano che, come al solito, la narrazione si è ampliata molto: mi sembrava un peccato rinunciare a molti snodi interessanti non soltanto dal punto di vista storico ma emozionale, oppure scrivere un libro davvero poco gestibile dal punto di vista della foliazione. Per questo motivo ho voluto partire dall'infanzia dei protagonisti, mentre molti romanzi ambientati durante la rivoluzione tralasciano questa sorta di "laboratorio" degli inizi quasi fosse poco pertinente.

Approfitto per aggiungere una curiosità rispetto a quanto hai asserito sulla tua preferenza per la serie medievale: molti lettori hanno avuto la tua stessa reazione. E pensa che il primo romanzo del ciclo crociato aveva spiazzato molti lettori abituati al Cinquecento veneziano de Il Pittore degli Angeli! Al di là del periodo storico che può essere più o meno congeniale, ritengo che un autore sia identificato con una sorta di marchio di fabbrica o anche con un genere. Senza voler fare paragoni impropri, mi viene in mente Ken Follett autore di gialli e che ha virato sul genere storico con eccellenti risultati...

La quarta di copertina

MARINA   Benvenuta Cristina, allora la sorpresa ti è piaciuta!

Approfitto per farti anch’io una confessione: da quando ti conosco come blogger e leggo i tuoi articoli, mi sono sempre ripromessa di leggere un tuo romanzo; quello che mi ha sempre portata a rimandare l’esperienza è stato proprio il genere letterario che mi attira poco. Così, la lettura condivisa con Luana mi è sembrata una bella occasione per scoprire un mondo da cui mi sono sempre tenuta lontana (tranne in rare occasioni), ma soprattutto per conoscere il tuo modo di scrivere e toccare con mano un aspetto su cui non avevo alcun dubbio: la tua ottima ars narratoria.

Ti faccio i complimenti per la grande padronanza della lingua e per la prosa scorrevole. Hai mantenuto costante lo stile, con il giusto equilibrio fra dialoghi e descrizioni e le scelte lessicali sono corrette. Tu sei avvezza a un certo tipo di linguaggio, essendoti calata spesso in epoche storiche risalenti; volevo chiederti se anche la ricerca di termini o l’uso arcaico che, spesso, ne fai (per esempio le forme verbali “aperse”, “scoperse”, “l’ho veduta”; la formula “ve ne prego”, nei dialoghi) sono frutto di uno studio a monte e risentono di una tua conoscenza specifica e ben strutturata.


Camille Desmoulins (1760 - 1794)
CRISTINA    Caspita se mi è piaciuta, Marina, è stato un modo meraviglioso di aprire il fatidico
2021... anche perché, come ho rivelato, ero parecchio demotivata sul fronte della scrittura. E al contempo ho constato che nei momenti più piatti o tristi della mia vita è sempre arrivato l'incoraggiamento inaspettato o il regalo spirituale che mi hanno rimesso in moto. Moltissimi anni fa avevo attraversato un periodo di depressione dopo la morte di mio padre, e alcuni mesi dopo ho ricevuto il premio per il mio atto unico "Il canarino" con tanto di cerimonia e di spilla d'oro come prima classificata.

Ti ringrazio moltissimo per le tue gentili parole a proposito della mia capacità narrativa. Per quanto riguarda le scelte lessicali, uno degli aspetti più difficili di un romanzo storico è quello di rendere il periodo, mantenendosi in equilibrio funambolico tra il linguaggio dell'epoca e quello contemporaneo. Non è possibile riprodurre in senso filologico il linguaggio impiegato - qui parliamo di Settecento ma potremmo dire lo stesso a proposito di altre epoche - e sarebbe inutile e incomprensibile poiché appesantirebbe la narrazione. Nello stesso tempo  non puoi nemmeno impiegare termini anacronistici, e in questo sono pignola in maniera quasi ossessiva. Per esempio non uso mai il verbo "elettrizzare", o detti come "far vedere i sorci verdi" e preferisco usare l'aggettivo "amabile" al posto di "simpatico": sembrano banalità ma non lo sono. Con la scrittura di numerosi romanzi mi è venuto naturale usare forme verbali o vocaboli anziché altri, anche se di recente ho cominciato ad abbandonare pronomi come "ella" in favore di un più snello "lei", soprattutto ne I Serpenti e la Fenice. Per epoche più risalenti, un altro problema sono i dialoghi: non vi sono fonti o testimonianze che ci indichino con assoluta sicurezza come le élite conversassero nell'alto medioevo, e se impiegassero il voi o il tu. E tengo ad aggiungere che questo lavoro sul linguaggio non è fine a se stesso, ma vuole trasmettere l'aroma di un'epoca: la mia ambizione è che attraverso queste scelte il romanzo catturi il lettore nei suoi effluvi, spero gradevoli, e nelle sue spire!

LUZ     Torniamo alla trama. Troviamo alcuni fra i grandi protagonisti della Rivoluzione francese, nomi che impariamo fin da piccoli. Su tutti, Robespierre, ma mi piace lo spazio che dai a un personaggio controverso e a tratti estremo, come Saint Just. Ti domando: Marat viene solo accennato, ti riproponi di dargli spazio nel seguito oppure resterà sullo sfondo? Te lo domando perché ho pensato al celebre dipinto di David e, non sapendo che la storia avrebbe avuto un seguito, non vedevo l'ora di leggere la tua versione di quella tragica scena di assassinio, con una intrepida Charlotte Corday. 

CRISTINA    La storia ha naturalmente un suo seguito che s'intitolerà "Il fuoco di Prometeo", a meno che non cambi il titolo strada facendo. Anticipo che il romanzo è già pronto e necessiterà soltanto - si fa per dire - di revisione. Tra i personaggi Saint-Just ha un grande spazio, e avrai notato come abbia delle caratteristiche da autentico sociopatico. Anche in questo caso gli elementi della sua biografia sono tratti da fonti acclarate, come il fatto che fosse fuggito di casa rubando l'argenteria e le pistole per andare a cercare fortuna nella capitale. Tra i rivoluzionari, è il più giovane in assoluto, un vero "enfant prodige" della politica, e pare che fosse bellissimo. "Mente di fuoco e cuore di ghiaccio," dicevano di lui. 

Maximilien de Robespierre (1758 - 1794)
Al momento Marat è sullo sfondo, come hai giustamente rilevato, soprattutto perché non ha un vero e proprio legame affettivo con il mio gruppo di personaggi e non volevo mettere troppa carne al fuoco, ma è indubbio che dovrà avere un suo spazio ben prima della sua morte. Mi hai fatto venire in mente il bel quadro di Jacques-Louis David che è uno spudorato manifesto di propaganda politica. Mostra infatti il corpo di Marat compostamente disteso nella vasca da bagno, con la mano abbandonata sul pavimento a riprendere le composizioni pittoriche del Cristo deposto nel sepolcro. Lo studio iconografico del periodo è interessantissimo, e quest'opera istituisce un culto laico in un'epoca di decristianizzazione della Francia a tappe forzate. Tuttavia il reale Marat era ben lontano da questa rappresentazione classicheggiante: sporco, violento, afflitto da una malattia della pelle contratta per la sua lunga permanenza nei nascondigli più malsani di Parigi quando era braccato dalla polizia, e che lo costringeva a sedute nella vasca dove discioglieva delle erbe onde lenire il tormento... una condizione per nulla eroica e proprio in quel luogo venne raggiunto dal pugnale di Charlotte Corday.

MARINA  Bene, dunque ritornerà il bello e glaciale Antoine Saint-Just (che personaggio odioso!). E a proposito di caratterizzazione dei personaggi, sei riuscita a rendermi antipatici anche i due protagonisti principali di questa storia: Maximilien Robespierre, tenace paladino del popolo francese e Camille Desmoulins, giornalista rivoluzionario, il primo per la tracotanza che caratterizza fin dall’inizio il suo agire (sto pensando al rapporto con la sorella Charlotte e a quello, ben più complesso, con l’amico Camille), il secondo per l’arrendevolezza con cui affronta certe situazioni e la soggezione che subisce fino alle scelte più estreme. Se mi hai consentito di inquadrare così bene i due personaggi al punto da farmi provare delle sensazioni ben definite nei loro confronti vuol dire che hai fatto un buon lavoro nel descriverli in tutti i loro aspetti. Immagino che anche in questo caso, tu abbia approfondito degli studi su entrambe le personalità, ricavando gli elementi che ti hanno portato a connotarli in quel modo. Da cosa nasce, invece, la scelta di stringerli in un rapporto tanto morboso? 

CRISTINA    Vero che i miei personaggi sono una combriccola di casi clinici? Non a caso li ho definiti i serpenti senza possibilità di fraintendimento. Tutti conoscono Robespierre anche soltanto per la fama sinistra che evoca il suo nome e che è lacerante anche per gli studiosi, a qualsiasi schieramento appartengano. Sembrerebbe la classica figura di cui siamo convinti di aver capito tutto perché c'è molta documentazione, sia proveniente da lui (appunti, taccuini, lettere, discorsi, perfino poesie) sia sotto forma di testimonianze coeve o appena posteriori. 

Da questa messe di scritti emerge la figura monolitica di un uomo frugale e piuttosto religioso, cui non si attribuivano relazioni amorose certe, quasi asessuato, e che viveva per le sue battaglie politiche e i suoi ideali. Non è un caso che sia stato soprannominato l'Incorruttibile. Eppure vi sarebbe molto da dire anche sul modo di leggere le fonti, che spesso gli hanno attribuito molte più responsabilità di quante non ne ebbe. E, considerandolo con l'ottica dell'autore di romanzi storici, che di necessità combina la realtà con l'immaginazione (o non sarebbero romanzi!), ho tentato di interpretare questo enigma vivente, e ho proposto un uomo che indossa una maschera sociale di fronte al mondo. In realtà, il mio Maximilien Robespierre è un essere spregiudicato, con qualcosa di selvaggio che custodisce nel profondo e che stenta a tenere a bada, come se fosse un capobranco mancato. Il suo contraltare, Camille Desmoulins, è un giovane di talento ma profondamente immaturo - in psicanalisi si direbbe "irrisolto" - e qui chiamo in causa ancora una volta i saggi che ho compulsato: pare che fosse un ragazzino mal cresciuto, afflitto dalla balbuzie, facile ad accendersi e pronto a spegnersi nei suoi entusiasmi. 

È una figura da cui sono stata attratta fin da quando ero ragazzina e che mi ispira tenerezza proprio per la sua fragilità, come il fratello che non ho mai avuto. Nello stesso tempo, è chiaro che, nel confronto con il suo amico Robespierre, Camille è destinato a soccombere e a crollare su tutta la linea. La storia della loro amicizia, così come viene narrata sui libri, è una delle più drammatiche di tutta la rivoluzione francese - non anticipo niente per non togliere il piacere della scoperta, ma ti assicuro che c'è da rimanere stupefatti per le coincidenze, gli eventi, le scelte - e anche in questo caso ho voluto fare un passo ulteriore, leggere in questa amicizia molto stretta e risalente ai tempi del collegio qualcosa in più... e questo complicherà ulteriormente le loro vicende nel romanzo, com'è ovvio.

Louis Antoine de Saint-Just (1767 - 1794)
LUZ    Qui esprimo un mio giudizio sul rapporto fra i due: l'ho trovato spiazzante. La tua scrittura è praticamente perfetta, sei una grandissima narratrice, ma dal punto di vista della scelta della caratterizzazione dei due protagonisti (assieme all'altro grande personaggio, la dolce e travagliata Lucile), la scelta del legame morboso (come dalle tante fonti consultate) che diventa possesso assoluto del corpo, ossessione fisica, ecco, mi ha diviso. Da lettrice, e quindi fruitrice dell'opera, ma anche da tua estimatrice, mi riservo questo giudizio. Fatta salva, ribadisco, la grandezza di tutto. Per esempio, una tua grande capacità è quella di portare il lettore dentro la storia. Io ho visto, letteralmente, quella finestra aperta, il vento di una tempesta imminente, la lettera di Lucile che prende il volo, Camille che la insegue fuori dalla casa. Ho visto anche Saint Just e Camille incontrarsi, entrambi a cavallo, i loro sguardi di sfida, la loro bellezza. Così come gli uccelletti di Maxime, la solerte Charlotte, il suo timore dell'ira fraterna. 

Tu hai una straordinaria capacità di narrare. Il morboso rapporto di Maxime e Camille, forse per le proporzioni assunte nella narrazione e per il fatto che sono due personaggi storici protagonisti di un grande evento epocale, mi ha creato un effetto di straniamento, uno stridore. Che sia divisivo, che possa essere apprezzata o meno questa scelta, fa parte dell'ordine delle cose, tu come scrittrice lo sai. Spero di avere espresso il mio pensiero con la massima delicatezza. Vado a un altro aspetto: la presenza del soprannaturale, che mi riporta un po' a Le regine di Gerusalemme, ecco, cosa ti ha portato verso questa scelta? 

CRISTINA     Ti sei espressa molto bene e con la consueta delicatezza, della quale ti ringrazio. Scrivere un romanzo, e soprattutto pubblicarlo, è sempre un azzardo per un autore: quello che è uscito dal cassetto non ti appartiene più e può essere disturbante al punto da generare sconcerto o anche manifestazioni di rifiuto. Sai che nelle vicende delle regine di Gerusalemme una mia amica lettrice ha rigettato in toto la relazione adulterina tra due dei protagonisti? Mi ha scritto di essere rimasta molto delusa dal comportamento del personaggio maschile e sostenendo con una lunga dissertazione che la castità è un valore. Posso essere d'accordo in linea di principio, ma non stiamo parlando di catechismo bensì di un romanzo. Detto questo, il rapporto tra Maximilien e Camille costituisce un groviglio intossicato necessario a manifestare un primo punto di rottura importante e a rilasciare un veleno che lavorerà sottotraccia. Nel prosieguo si apriranno altre crepe avvelenate che coinvolgeranno altri personaggi, facendo franare a un certo punto il terreno sotto i loro piedi.

La presenza del soprannaturale nei romanzi fa proprio parte del mio marchio di fabbrica. Con Il Pittore degli Angeli ne ho preso piena consapevolezza, ma esisteva in nuce anche nei miei primissimi lavori. In ogni romanzo si manifesta in modo diverso a seconda delle circostanze: con il cinquecentesco artista Lorenzo parla attraverso le sue tele e nei suoi affreschi, nel ciclo medievale è lo sguardo pronto a cogliere il meraviglioso nella natura e nel creato, nei messaggeri che giungono nella realtà e nel sogno, nell'immanenza del divino. Ne I Serpenti e la Fenice, quindi in un ambiente a noi più familiare e "moderno", è la capacità che mantengono alcuni personaggi nel vedere in trasparenza questo mondo "altro" e nel dialogare con esso, capacità che un tempo apparteneva ai visionari e ai mistici. Anche perché i personaggi di tutti i miei romanzi sono collegati tra loro e fanno parte di un progetto narrativo molto ampio...

MARINA     Penso che tu abbia fatto un minuzioso lavoro di ricerca, indispensabile presupposto se si vuole ambientare la vicenda in una particolare epoca storica. Ma questo, in realtà, non mi ha stupita, viste anche l’attenzione e la meticolosità che dedichi agli articoli del tuo blog. 

Scrivere un romanzo storico immagino non sia facile, perché bisogna conciliare le esigenze della verità legata agli eventi storici con quelle più a carattere letterario della scrittura creativa, il che comporta una certa “libertà d’azione” nello svolgimento e nella trattazione della trama. È naturale, poi, che il lettore giudichi le scelte fatte dall’autore, condividendole o meno, ma questo fa parte del gioco: ne siamo consapevoli, noi che scriviamo, no? :)
Vorrei farti due domande che rispondono più a una mia curiosità: quale dei personaggi ti ha dato più filo da torcere, se c’è stato, nel senso che ti ha reso difficile il compito di renderlo credibile agli occhi del pubblico? E quali difficoltà hai incontrato, di qualunque natura, nella stesura del testo?

CRISTINA   Ho sempre sostenuto che il romanzo storico sia un assurdo letterario, perché combina appunto fonti documentarie e quello che chiamo il cono d'ombra della storia, su cui l'autore può lavorare per inventare. Bisogna poi, come dici, accettare il responso del lettore: anche un giudizio negativo può segnalarci un aspetto, nelle moltissime sfaccettature del nostro romanzo, cui non avevamo pensato. Anzi, proprio le diverse opinioni dei lettori fanno emergere qualcosa di sorprendente e che costituisce un apporto prezioso anche in senso umano.

In questo specifico romanzo nessun personaggio mi ha creato difficoltà, per il semplice motivo che li ho "coccolati" per così tanti anni, e conosco così tante cose di loro, anche per aver visitato i loro luoghi in Francia e visto i loro oggetti, che sono diventati quasi persone di famiglia. In linea generale sono i personaggi secondari a crearmi più problemi, sia perché non voglio che facciano da tappabuchi per poi abbandonarli al loro destino sia perché spesso diventano petulanti e aprono sottotrame che fatico molto a gestire.

Per impostare la trama de I Serpenti e la Fenice ho lavorato con un canovaccio di scene narrative scritte liberamente e seguendo il cuore, poi ho cercato di combinarle con gli eventi storici attingendo alle biografie e ai saggi, e intrecciando il tutto come se lavorassi davanti a un telaio. Il mio obiettivo era che ci fosse una buona alternanza di scene tra i personaggi e che, al di là del protagonismo di alcuni, ciascuno avesse un giusto spazio. A un certo punto mi sono ritrovata a scrivere con quattro biografie aperte sulla scrivania! Controllo in maniera maniacale tutti i particolari e a volte persino gli orari, perché se in quel giorno Robespierre aveva fatto un discorso al Club dei Giacobini non poteva intraprendere un viaggio sia pure appena fuori Parigi... ma posso approfittare di un periodo di malattia per ipotizzare un suo spostamento. Il Settecento ti aiuta perché è un periodo documentatissimo e molte cose erano già inventate o importate dalle Americhe come alcuni cibi e il tabacco, ma comunque gli eventi rivoluzionari ti costringono a lavorare a maglie molto strette. Poi ci sono aspetti pratici su cui tendo invece a sorvolare come la durata dei viaggi in diligenza... e qui mi soccorrono le mie infaticabili beta-reader, in testa Antonella Scorta. Sostiene che faccio muovere i miei personaggi maniera troppo veloce per l'epoca. :D Ci facciamo delle gran risate insieme ed è il lato divertente della scrittura.

La libertà che guida il popolo, Eugène Delacroix (1830)

LUZ   Grazie, Cristina, per averci tenuto compagnia in questo nostro periodico caffè, che è stato bellissimo condividere assieme a te.

Rinnovo i miei complimenti per la cura e la passione, oltre che per il prodotto, che riversi nella tua scrittura. Buona continuazione del tuo viaggio, dunque, in queste vite così affascinanti, continua a farci sognare con i tuoi romanzi. 

MARINA   Buona continuazione del tuo viaggio, ti dice Luana e io non posso che associarmi, perché anche per me è stato un viaggio: tornare indietro ai tempi della Rivoluzione Francese è stato affascinante e sono proprio contenta di avere fatto questa esperienza. Ti auguro di trovare sempre spunti interessanti su cui lavorare per intessere nuove storie e intanto di avere successo anche con il prosieguo di questo romanzo, che a quanto dicevi è solo in attesa di revisione. Ti ringrazio per le risposte esaurienti, è stato un caffè bellissimo. 
Posso salutarti con una battuta?
Hai scritto “La colomba e i leoni”, adesso “I serpenti e la fenice”, sei sicura di non volere continuare la tradizione e lasciare che il nuovo romanzo si chiami “Il fuoco di Prometeo”? 😁
Un abbraccio, Cristina e grazie di essere stata con noi.

CRISTINA Carissime amiche, sono stata molto felice e onorata di aver partecipato a questa chiacchierata nell'ambito del vostro caffè letterario, che mi ha dato l'occasione per parlare degli argomenti che più amo. Vi ringrazio entrambe e vi lascio con un pizzico di commozione, anche se spero di rinnovare l'esperienza con altri temi.

Approfitto per trasmettervi, in qualità di ambasciatrice, gli omaggi dei miei protagonisti maschili, baciamano incluso, e un abbraccio affettuoso dalle mie ragazze... e non temete, il buon Maximilien Robespierre si è parecchio ammansito con l'età, così non c'è pericolo che estragga la sua ghigliottina portatile. 😂 Marina, mi hai dato uno spunto su cui riflettere, in effetti potrei ripensarci e proseguire con il mio favoloso bestiario!

A presto.

Potete trovare il romanzo di Cristina in vendita su Amazon, qui. 

Lo avete letto? Cosa pensate del romanzo storico? 

54 commenti:

  1. È un bellissimo caffè, confermo, perdipiu arricchito dalla vostra ospite autrice seriale di romanzi storici 😊Complimenti Cristina, il romanzo è credibile e a quanto pare ricco di spunti affascinanti e sorprese. Mi sono sempre chiesta come si equilibra in un romanzo storico la parte della verità fattuale e quella dell'immaginazione. Nelle risposte di Cristina c'è una traccia ma chissà se avete voglia di arricchirla? Io credo sarei intimidita dalle vite così come storicamente riferite. Ho sempre bisogno di ampi spazi in cui liberare la fantasia e i miei personaggi. Ma l'idea di pescare nelle biografie dei grandi è davvero molto stimolante. Grazie a Luz e Marina per la consueta ospitalità e complimenti e in bocca al lupo a Cristina per il suo lavoro di scrittrice e per il suo prossimo titolo 😉

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    1. Ti ringrazio di cuore dell'intervento, Elena, e per le tue parole di apprezzamento. In effetti equilibrare la componente fattuale con quella della fantasia è uno degli aspetti più difficili nello scrivere un romanzo storico. Ciò detto, in qualsiasi lavoro letterario c'è la cosiddetta "sospensione dell'incredulità", cioè il patto che lega l'autore al lettore ("io so che questo è elaborato da te, però decido di credere che sia vero"). Anche in questo caso il lettore è consapevole che c'è una parte di finzione, ma tale finzione deve essere ammantata di verosimiglianza. Ho proprio parlato in occasione della mia ultima newsletter del personaggio-camaleonte 😊, frutto della mente (a volte malata!) dell’autore. Ne “I Promessi Sposi” Lucia Mondella scaturisce dall'immaginazione di Manzoni, ma interagisce bene con il personaggio della monaca di Monza, che è drammaticamente esistita e compare negli atti processuali.
      Poi ci sono anche dei generi che spaziano con ancora maggiore libertà. Per esempio ci sono romanzi storici che hanno come protagonista Dante nelle vesti di detective, inquisitori come Eymerich che compiono viaggi nel tempo e nello spazio nella serie di Valerio Evangelisti. Sta naturalmente al gusto del lettore accostarsi a opere come l'ultima, per esempio, io la trovo molto originale ma non è per tutti i palati!

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    2. Mi piace la citazione che fai dei Promessi Sposi, Cristina, che di fatto è il romanzo storico d'eccellenza. Ha una costruzione perfetta, un linguaggio che viene citato come fra i più efficaci della letteratura nostrana. Il Manzoni narratore è ben superiore al Manzoni poeta.
      Avendo anch'io scritto un romanzo storico, attingendo a numerose fonti provenienti dalla mia tesi di laurea sui nativi americani, confermo le parole di Cristina, è questione di equilibrio fra fatti narrati, che devono possedere verosimiglianza, e fatti realmente accaduti. C'è un particolare piacere nel rievocare le gesta di un grande personaggio. Per esempio mi è piaciuto fare un ritratto di Custer coniugando biografie celebrative a quelle che invece lo dipingono come uomo spietato e crudele. L'aspetto umano è una componente che un romanziere cura in modo particolare anche quando si tratta di giganti della Storia. A differenza di Cristina, nel mio romanzo non c'è il soprannaturale, ho puntato su un archetipo verista, che è quello a me congeniale. Mi piace la descrizione di una superficie scabra, rievocare un odore, descrivere un sentimento tramite l'azione. Insomma, tutto questo per dire che ci sono modi diversi di affrontare questo tipo di narrazione. Su una cosa possiamo concordare tutti: scrivere un romanzo storico è molto, molto faticoso. Gli studi di Cristina sono monumentali, accuratissimi poi nella narrazione. Richiede un lavoro di anni.

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    3. Mi fa strano trovarmi in mezzo a scrittrici di romanzi storici!
      Mi sta venendo in mente adesso di chiedervi se per scrivere un romanzo storico sia necessaria una generica passione per la Storia, intesa proprio come materia oppure se sia sufficiente avere a cuore un determinato periodo. So che Cristina ha scritto storie in varie epoche, ma tu, Luana, continueresti a scrivere romanzi storici?
      E a te, Elena, piacerebbe scriverne uno?

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    4. La tua menzione della figura di Custer, Luz, mi permette di accennare a un aspetto molto importante nel delineare un personaggio, sia che lo si tragga di peso dalla Storia sia che lo si crei ex-novo con la propria fantasia: la sua complessità. Specialmente i personaggi controversi, come Custer e Robespierre, offrono moltissime opportunità per renderli nelle loro sfumature anche caratteriali. Non c'è niente di peggio di un personaggio piatto, a mio parere. E persino coloro che risultarono più "mostruosi" agli occhi dei contemporanei erano comunque degli esseri umani, che furono bambini deliziosi nell'aspetto e magari molto promettenti. Io penso sempre all'infanzia di questi uomini e queste donne, e a come accadde che ebbero un'evoluzione (o un'involuzione) nella loro esistenza, una vera e propria deriva. C'è di che riflettere...
      Per quanto riguarda la tua predilezione per l'aspetto verista, sto leggendo un romanzo molto molto bello che parla di Enrico VIII e l'autrice è straordinaria nel rendere proprio questi aspetti che appartengono ai sensi, come gli odori del legno, il suono della pioggia contro le finestre, un colore abbagliante. Sembra veramente di esserci!

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    5. In merito alla tua domanda, Marina, posso risponderti per me stessa: occorre una vera e propria passione per la Storia. Poi ci sono com'è ovvio periodi più congeniali. Narrativamente parlando mi sento piuttosto lontana dall'epoca dell'antica Roma, per esempio, che pure è un periodo affascinante su cui ci sono ottimi romanzi come quelli di Valerio Manfredi - e non parliamo dei Greci - e al massimo potrei scrivere un racconto ma non un romanzo intero. Dovrei fare troppe ricerche e forse si sentirebbe che non c'è un vero "feeling". Oltretutto la mentalità dei Romani era molto diversa dalla nostra, alcuni usi e costumi sono quasi incomprensibili, c'è tutta intera la spietatezza di una società guerriera.
      Poi c'è anche di mezzo la preparazione in un determinato campo: per esempio a me piacciono molto i romanzi di fantascienza, ma non ne scriverei mai uno perché rischierei di scrivere delle castronerie! :(

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    6. Confermo, la passione per la Storia deve essere innegabile, e pure una di quelle che senti molto forti, perché come scrivevo credo non ci sia genere più difficile di questo da affrontare. Io impiegai 5 anni per scrivere il romanzo, poi sottoposto a una lunga revisione (come è tuttora), operazione necessaria perché coniugare la passione per la scrittura alla competenza in Storia è davvero un enorme sforzo mentale.
      Se ne scriverei un altro? Anni fa mi svolazzava fra i pensieri l'idea di scrivere una storia ambientata nella Toscana del Seconda guerra mondiale. Ero rimasta affascinata da Canale Mussolini e mi sentii pronta a inventare. Scrissi il soggetto, poi mi arenai, chissà perché. Certo, è un'impresa che mi piacerebbe affrontare. Un giorno, chissà... Richiederebbe però un'enorme mole di lavoro, anni di studio anche. Quindi proprio questo aspetto non mi fa partire. Scrivere un romanzo storico è proprio un'impresa epica!

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    7. Rispondendo a Cristina, adesso. Un po' tutti i personaggi storici si prestano a questa indagine approfondita. Ci sono diverse biografie di Custer, io lessi quella che lo mostra come un eroe della grande causa dell'ovest (probabilmente scritto da una repubblicana), mentre è noto che fu tra i principali fautori del genocidio dei nativi. Non è un romanzo su Custer, però, che si rivela attraverso il suo malaugurato incontro con la protagonista, quindi è attraverso la percezione di lei che entriamo nel suo modo di essere, quindi limitato alla sua visione. Invece ho ritenuto si dovesse calcare la mano sul racconto della moglie di lui, una donna amabile, che lo amava teneramente e lo riteneva perfetto. Si trattava della percezione di una donna innamorata. Custer si rivela brutale anche se il suo ritratto diretto non è che un cenno. Non ha bisogno di grandi narrazioni, è un eroe repubblicano e un macellaio per l'ala democratica.
      A proposito del libro che stai leggendo, si tratta di Lo specchio e la luce di Hilary Mantel?

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    8. @Marina non ci ho mai davvero pensato per via del dubbio cui Cristina, ma anche Luz, hanno ampiamente risposto. Ti confesso che oltre al monumentale lavoro di ricerca storica, di testi cui devi poter avere libero accesso, manca anche un particolare periodo storico che mi appassioni davvero. Insomma, al momento no, non è nelle mie corde. Ma ho imparato a non dire mai "mai"

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    9. Luz, sto leggendo "Il re e il suo giullare: L'autobiografia di Enrico VIII annotata dal buffone di corte Will Somers" di Margaret George, un romanzo che avevo regalato a un'amica su consiglio di un collega. La narrazione è in prima persona ed è straordinaria la ricostruzione non solo storica, ma anche dei pensieri, delle riflessioni, delle speranze e delle paure del re che ne offrono un ritratto umanissimo pur senza essere assolutivo. Senza tirare l'acqua al mio mulino, sono convinta che le donne abbiano una marcia in più nella scrittura, approfondiscono l'interiorità dei protagonisti, sono più coinvolgenti e meno sbrigative.
      Di Hilary Mantel avevo letto il gran bel romanzo sulla rivoluzione francese "A place of greater safety", che all'epoca non era ancora stato tradotto in italiano.

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    10. Ho appena letto che Margaret George ha impiegato quindi anni a scriverlo. Lunghi anni di studio lo hanno preceduto. Non faccio fatica a crederlo. Epoche molto difficili da ricostruire. Da quello sono andata a navigare fra romanzi affini e ce ne sono tanti ambientati in epoca Tudor. Leggendo qua e là qualche estratto, devo dire che la scrittura in terza persona è più efficace. E comunemente noi donne indulgiamo verso la prima. :)

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  2. In generale non leggo romanzi storici, ma quelli di Cristina fanno eccezione. I Serpenti e la Fenice mi è piaciuto molto - come la saga La Colomba e i Leoni, del resto - ed è riuscito a calarmi in un luogo e in un periodo storico che mai avrei scelto altrimenti. Il modo di scrivere di Cristina mi ammalia, come le dico sempre; mi porta in un mondo dove il contatto tra realtà materiale e realtà spirituale è forte e chiaro, ricco di messaggi. Se sono in un periodo di letture lente, i suoi libri mi danno sempre una bella sferzata. Perciò, che dire? Complimenti e... aspetto il prossimo romanzo. :)

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    1. Come sono belle le tue parole, Grazia, per me è molto importante sapere che i miei romanzi non sono “soltanto” romanzi storici ma contengono un messaggio anche spirituale. E sono felice che i miei rivoluzionari ti abbiano conquistata! 😉 Per quanto riguarda i romanzi storici in generale, spesso sono molto ben scritti, ma mancano un po’ di nutrimento interiore. Per esempio a volte ci sono descrizioni di battaglie davvero avvincenti, e tecnicamente inappuntabili, ma manca quel quid aggiuntivo che fa la differenza. In fondo questi uomini e queste donne erano come noi, hanno sofferto e sperato in un mondo migliore, e soprattutto non erano delle figurine di gesso o ammantate di polvere come quelle che si vedono nei musei. Ho voluto anche dare una prospettiva un po’ diversa alle loro relazioni, che può piacere o meno... però il tentativo c’è stato. Grazie ancora, a prestissimo!

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    2. Grazia, prova a leggere I miserabili di Hugo. Comincia da un grande classico. Ecco, Hugo è un gigante che immerge pienamente il lettore nella narrazione, nell'epoca. Io amo la scrittura di Cristina proprio venendo da una formazione in materia. Un percorso, ahimé, del tutto personale, perché la scuola non spalanca mai questi scenari. :(

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    3. Io, ormai, da qualche tempo, ho cominciato a mollare i pregiudizi sui generi letterari: ho notato che diversi di noi hanno commentato dicendo che non sono appassionati di romanzi storici (la prima io), invece, poi, ci rendiamo conto che qualunque narrazione può riservare delle sorprese. Ho aperto la mia mente e fatto belle scoperte. 😉

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    4. Grazie del consiglio, Luana, lo prendo in seria considerazione. Hai ragione, Marina: i pregiudizi sono privi di significato. Ultimamente mi sono accorta di quante volte sto dicendo "di solito non mi piace x, ma...". Quanti "ma"! Volevo persino scriverci un post. Tanto vale smettere di anteporre il "di solito". Per scoprire se un libro piace, non c'è altro da fare che leggerlo. :)

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    5. Confermo l'opinione di Luz: "I miserabili" è una vera epopea, la prosa di Victor Hugo è straordinaria. Tutti i suoi personaggi sono dei giganti, perfino i più laidi e meschini.
      Marina, invece di solito spazio tra molti generi perché ciascuno ti può offrire qualcosa: amo non soltanto il romanzo storico, ma anche il giallo di Vargas, la fantascienza di Dick, il fantasy di Rowling, anche l'horror di Poe... Ecco, non ho mai letto i romanzi di spionaggio perché li trovo complicati negli intrecci, però è un mio limite che un giorno potrei superare. ;) Di recente ci sono anche commistioni tra i generi: mi piacerebbe avere dei cloni per poter leggere tutto quanto.

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    6. Anche a me piace spaziare. Magari non leggerei un romanzo porno (ma ho apprezzato l'erotico L'amante di Lady Chatterley) ma sono andata perfino sulla fantapolitica. Ricordo che durante gli anni universitari, il nostro professore di Antropologia parlò dell'ucronico Fatherland, di Robert Harris. Non mi sarebbe mai venuto in mente di incuriosirmi attorno a un romanzo come quello, eppure mi svelò un genere che ignoravo totalmente. Erano gli anni di Edith Wharton quelli. :)

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  3. Che bella chiacchierata a tre, è stata molto interessante seguirla. Io ammetto di non amare molto il romanzo storico, però lo stile di Cristina è molto piacevole e scorrevole e rende la trama sempre parecchio accattivante, questo è quello che ho provato leggendo Il pittore degli angeli. Mi piacerebbe leggere anche questo nuovo romanzo di Cristina, non appena mi metto in pari con alcune letture.

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    1. Ti ringrazio di essere passata, aver letto e commentato questa nostra conversazione, Giulia. Ero stata contenta che tu avessi apprezzato Il Pittore degli Angeli, secondo me un romanzo deve prima di tutto offrire delle emozioni altrimenti è soltanto un libro noioso che fa perdere tempo, e di conseguenza fa arrabbiare. Tutti noi abbiamo poche ore a disposizione e la lettura deve essere un viaggio con delle pagine che ci trasportino altrove e che ci facciano incontrare persone-personaggi, tutte cose che mai potremmo fare per ovvi limiti umani: questa è la magia delle storie, ed è la più grande che esista. Un abbraccio.

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    2. Il Pittore degli Angeli manca al mio repertorio di letture, ma mi è capitato di parlarne con una collega di Arte, Cristina, e di consigliarlo anche a lei, che mi chiedeva romanzi calati nel mondo dell'arte. Mi sono immediatamente venuti in mente il celebre Artemisia e il tuo romanzo. :)
      Pensa che questa collega legge alla classe romanzi durante l'ora di disegno.

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    3. Sì, direi che lo stile di Cristina è quello che colpisce di più l’attenzione, pensa che, di solito, quando leggo il libro di una persona che conosco, mi lascio un po’ condizionare, invece, durante la lettura di questo romanzo, non ho mai pensato a Cristina C. Cavaliere, la super blogger, esperta di storia, ma a una nuova autrice e questa sensazione non mi è dispiaciuta affatto.

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    4. Meraviglia delle meraviglie, Luz, questa tua collega che legge alla classe romanzi durante l'ora di disegno! Mi sono proprio immaginata la scena con questi giovanissimi discenti. Pensa che Il Pittore degli Angeli era stato regalato da una mia amica proprio a un'insegnante di arte. :) Anche per quel romanzo avevo fatto degli studi approfonditi sulle opere di Tiziano, ed ero andata a visitare le gallerie d'arte e a cercare anche la casa dove visse. E avevo letto dei saggi sulla Venezia cinquecentesca che era un autentico splendore, ricca e superba. Sai che è il romanzo che custodisco di più nel cuore? Non so se I Serpenti e la Fenice riuscirà a scalzarne il posto, anche se ci sta provando. :)

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  4. In questa chiacchierata non più fra due ma addirittura tre donne, mi sento quasi un intruso a intervenire.
    Che Cristina sia brava a scrivere e competente sull'argomento storico si capisce bene già leggendo il suo blog, i vostri riferimenti mi fanno pensare a un romanzo davvero di ampio respiro, un'opera monumentale sul piano delle dimensioni e degli obiettivi, che mi pare di capire siano stati raggiunti.
    Quest'anno sono partito col piede sbagliato (non solo a causa del perdurare dell'emergenza covid) ma appena ritrovo la testa per una lettura molto impegnativa sicuramente "I serpenti e la fenice" figurerà nella lista della spesa libresca.

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    1. Non pensavo che saresti stato sopraffatto dalla timidezza, Ariano, ahahahah! Ti ringrazio per aver letto e commentato, i miei romanzi sono sempre corposi, però come scrivevo nel mio commento a Giulia qualsiasi romanzo deve essere anche avvincente. La mia ambizione è quella di tenere il lettore incollato alla pagina durante tutto il percorso. Ricordo che anni fa ebbi modo di iniziare il romanzo di uno storico di vaglia, e mi addormentai dopo le prime dieci righe. Era noiosissimo, eppure lui è una persona davvero brillante come storico. Ebbi poi modo di confrontarmi con un’amica che aveva avuto la mia stessa identica impressione. Non è facile! Spero allora di giungere nella lista delle tue letture. 😊

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    2. Ariano, devi "attraversare" anche Le regine di Gerusalemme", promettilo! :D

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    3. Già, Ariano, ritrovare la testa per fare tante cose... a chi lo dici! Sai quanti promemoria ho accumulato fino adesso, per non parlare di titoli che allungano la wishlist! :)

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    4. Grazie per l'endorsement alle mie regine, Luz. :D
      Ho un quadernino delle letture dove segno i titoli che mi piacerebbe leggere, Marina, e che ormai consta di parecchie pagine. Tuttavia sono convinta che un libro debba "arrivare" in qualche modo. Per me è come essere sulla riva di un ruscello e veder scorrere le acque su cui galleggiano dei rametti: ogni rametto è un libro e alcuni si fermano davanti a noi, altri se ne vanno. Sono convinta di questo proprio perché non possiamo leggere tutto, il numero dei libri è sterminato e non basterebbero mille vite. :)

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  5. Splendida comversazione a tre, pareva proprio di stare in mezzo a voi dentro ad un caffè ( o sala da Tè, fate voi)della capitale assieme all'intervistata e alle intervistatrici a chiacchierare del romanzo. Complimenti a tutte e tre.

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    1. Ti ringrazio di cuore per aver letto e avere gradito la conversazione a tre, Nick. Da Luz e Marina gli spazi sono sempre accoglienti e ci si trova a proprio agio, come un topo nel formaggio... (vero, Marina? Ricordo che ami i topi in modo particolare. :D) In effetti è riprodotta molto bene l’atmosfera piena di tepore e aromi delle caffetterie… proprio come quelle parigine di quel tempo. 😉

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    2. Ahah, Cristina, i topi! 😍
      Mi fa piacere che l’atmosfera sia quella giusta qui da noi: grazie Nick, per il gradimento.

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  6. Il romanzo storico richiede, penso, una dedizione totale, vista la necessità di documentarsi e di essere fedeli al dettato storico. Un bell’impegno a cui aggiungere tutto il resto ( tanto ) che la narrazione comporta. Bravissima, Cristina, e bravissime Luana e Marina che hanno reso questo invito alla lettura irrinunciabile:-)

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    1. Scrivere un romanzo storico è un bell'impegno, ma ho scoperto nel tempo che non potrei scrivere niente altro. Il punto è che dà tanta soddisfazione perché è come avere una cucina ricca e assortita di ingredienti e può contenere ogni genere: la storia d'amore, l'avventura, il giallo, il diario di viaggio, la fiaba, il romanzo di formazione... Non si può volere di più. E poi, quando la matassa si ingarbuglia, all'improvviso interviene un elemento che mette tutto magicamente a posto! :)

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    2. Grazie, Giacinta, per avere apprezzato!

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    3. Cristina, hai risposto, si può dire, alla domanda che ti ho fatto sotto il commento di Elena. A te piace proprio trovarti dentro una macchina del tempo e hai reso bene il perché.

      Grazie, Giacinta!

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  7. Che caffè delizioso, care Luz, Marina e Cristina: complimenti a tutte e tre e un grande abbraccio!

    Sono sempre stata appassionata dalla Storia e sono anche una instancabile lettrice di biografie.

    Amo leggere e apprezzo i romanzi inquadrati in un'epoca storica del passato, a patto che siano stati scritti da chi si è realmente dedicato allo studio di quel periodo, approfondendolo sempre più.

    Mi piacciono, dunque, quei romanzi in cui l'autore fa di tutto per restituire al lettore una ricostruzione dei fatti precisa in ogni aspetto, garantendo la verosimiglianza di ambientazione, rapporti fra i personaggi, dialoghi, etc. Poi, va da sé che la storia rimanga sullo sfondo e la trama si svincoli, seguendo uno o l'altro genere letterario.
    Se questa passione dell'autore traspare dalla sua opera, la si avverte come un valore aggiunto, oltretutto contagioso.

    Ma un romanzo è, prima di tutto, un romanzo. Quindi, al di là delle vicende del passato, che in questo caso devono essere necessariamente rendicontate in modo puntuale e preciso (per il romanzo storico questo aspetto è una conditio sine qua non), saranno la sua prosa e il dipanarsi della sua trama a intrigarmi, oppure no.

    Di sicuro, il romanzo di Cristina, che ho avuto il grande piacere di leggere prima della pubblicazione, risponde appieno a tutte queste istanze.

    Infatti, in ogni pagina di I Serpenti e la Fenice traspare la fervente passione di una storica seria e rigorosa; lo stile, fluido e avvolgente, immerge piacevolmente nella lettura; la costruzione degli ambienti e dei personaggi favorisce la riflessione su molteplici tematiche.

    È un bel romanzo e lo si legge con gusto!

    Ciaooo!

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    1. Clementina, leggerti è sempre un meraviglioso piacere. Mi auguro che tu possa tornare presto a scrivere i tuoi godibili articoli. :)
      Hai descritto perfettamente quello che bisogna aspettarsi da un romanzo storico. Il romanzo di Cristina ha il merito di evocare quelle atmosfere, ci sono scene che prendono per mano e creano l'illusione di stare percorrendo quelle strade. È una componente molto forte della sua scrittura.

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    2. Io penso che scrivere un romanzo storico sia difficilissimo: al di là della preparazione sul periodo, che richiede studi e approfondimenti, devi riuscire a rendere anche nel linguaggio un’epoca che si esprime in modo sempre diverso e questo è davvero arduo. La prima sensazione di vivere quel determinato momento della storia è risentirne le atmosfere anche attraverso i dialoghi, oltre a descrizioni e tutto il resto.
      Anche il lavoro di una beta reader non dev’essere facile, a riguardo: io, come lettrice, mi fiderei dell’autrice, non essendo ferrata in materia, ma tu, Clementina, devi avere dato un apporto molto utile, vista la passione condivisa con Cristina.

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    3. Ogni epoca deve possedere il suo esatto linguaggio, come hai giustamente detto, Marina. Io sostengo che un uomo medievale non possa parlare come un giocatore di pallacanestro del Bronx, con tutto il rispetto per il cestista. :D
      Inoltre abbiamo una difficoltà ulteriore nel rendere il passato, e cioè il fatto di vivere in un tempo dove la religione non permea più in modo così forte la vita quotidiana. Nel medioevo tutto era scandito dalla religione, che ci piaccia o meno: a partire dal giorno della nascita si veniva dedicati a un santo o una santa di cui si portava spesso il nome (l'onomastico era più importante del compleanno, per esempio). Le cerimonie, la liturgia, i momenti di preghiera erano fondamentali. I sacerdoti e la Chiesa erano onnipresenti. C'era anche molta superstizione, non si aveva cognizione di tantissime cose - del resto anche nel nostro tempo pandemico succede lo stesso - e le si attribuiva alla volontà divina e al peccato. Il mare era fonte di paura perché era la dimora di mostri, non si andava sulla spiaggia per fare i picnic e mangiare le uova sode, o prendere la tintarella. :D Il tempo libero non esisteva quasi e quel poco era assorbito dai riti domenicali. Ho fatto soltanto qualche esempio per rendere l'idea in modo scherzoso, ma è davvero difficilissimo. Però credo che, al di là degli errori inevitabili, si capisca se un lavoro è curato oppure sciatto, e spero che il mio appartenga alla prima categoria. :)

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    4. La questione della mentalità mi ha fatto venire in mente certe fiction tv dove ho visto delle scene assurde e troppo "moderne": ragazze altolocate che andavano in giro liberamente a Firenze e si sbaciucchiavano negli androni. Mancava soltanto che andassero in discoteca. Non ho avuto modo di scrivere un post, ma aspetto la prossima stagione per scatenarmi...

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    5. Guarda, è quello cui si assiste anche nella serie Bridgerton. E va bene, l'autrice scrive romanzini rosa, in serie, di quelli che non si sa come vendono milioni di copie pur essendo pieni di nulla (ho una visione estremizzante su queste realtà editoriali, che svelano molto). Dalla serie nasce una produzione milionaria, cioè diventa una produzione di Netflix, una di quelle in cui la voce narrante nella versione originale è niente di meno di Julie Andrews. La regia ci racconta la vicenda reinventando colori, modi, perfino un cast che comprende tanti attori e attrici afroamericani (che pure ci può stare, per carità, ma che vedo benissimo in produzioni come quelle shakespeareane londinesi). La stessa regina d'Inghilterra è di colore. Ma non è quello il problema. Il problema sono gli usi e costumi totalmente stravolti, lontani dal periodo Regency. Movenze, gesti, pensieri, tutto. Una riscrittura che è come un tourbillon circense, niente di più. Eppure quante risorse... magnifiche risorse.

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    6. Ah, ecco, mi ero annotata la serie "Bridgerton" perché vorrei vederla. :) Come scrivevo nel mio post sulle letture, durante la grande serrata ho visto moltissimi film e serie tv, la maggior parte delle quali storiche, scovando delle autentiche chicche come "Anonymous" sulla vita di Shakespeare e le ipotesi sulla sua identità, o il sublime "Byron" sull'esistenza fuori dalle righe del grande poeta inglese e la sua immensa figura. Prima o poi riuscirò a scrivere un post con qualche proposta per voi.
      Poi secondo me nel tuo commento hai toccato un'altra grande questione, e cioè questa mania montante del politically correct. Mi è venuto in mente un esempio simile con la miniserie "I miserabili" della BBC: quando ho visto Javert interpretato da un attore di colore ho strabuzzato gli occhi, come pure nel vedere delle ragazze nere in un collegio di altissimo livello insieme con Cosette. Ora, un conto sono le storie contemporanee dove giustamente bisogna cercare di adottare un linguaggio adatto e non urtare la sensibilità, un conto è fare un falso storico. All'epoca era impossibile che un nero rivestisse una carica così alta come quella dell'ispettore, dando ordini a dei sottoposti bianchi, che come minimo gli avrebbero messo i bastoni tra le ruote. I neri avevano ruoli più umili, come vetturini, sguatteri, domestici, camerieri. Questo è. E non si può cambiare una certa rappresentazione perché sono dati storici incontrovertibili, e si rischia di non ragionare più in modo corretto sull'evoluzione di grandi temi come la schiavitù per esempio. Oltretutto la Francia aveva una legislazione particolare sulla schiavitù perché dopo la rivoluzione si proclamava che il suolo di Francia rendeva liberi, quindi non si potevano fare compravendite di esseri umani in patria, ma soltanto nelle colonie. Quindi c'erano alcuni schiavi liberati che però continuavano a svolgere il mestiere di prima per i propri ex-padroni.

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    7. "E non si può cambiare una certa rappresentazione perché sono dati storici incontrovertibili, e si rischia di non ragionare più in modo corretto sull'evoluzione di grandi temi come la schiavitù per esempio".
      Sono d'accordo, anche se in particolari produzioni posso accettarla come scelta. Sì, anch'io mi stupii che Javert fosse nero, ma poi mi venne in mente che molti produttori americani e inglesi stanno virando sensibilmente verso l'inclusione di moltissimi bravi interpreti di colore anche in ruoli che non lo prevederebbero. Può essere una politica precisa, nata probabilmente proprio nel teatro shakespeareano tradizionale londinese. Un fenomeno degli ultimi vent'anni, circa. Non si contano le Giulietta di colore, interpreti di talento che non vengono scritturate "perché" nere, ma "nonostante" siano nere. Secondo me, in un particolare ambito ci può stare, ma col tempo è diventata abitudine e questo comporta proprio il rischio che citi.
      Però, prendendo in considerazione la motivazione condivisibile che scrivi, mi chiedo: allora tutti i bravi interpreti di colore, magari di grandissimo talento, sono relegati per sempre a dover rappresentare, in una storia ambientata in epoche del passato, servi, schiavi, uomini e donne vessati dal razzismo? Ecco, allora sospendo il giudizio. Certo, in Bridgerton hanno calcato moltissimo la mano. Sembrerebbe proprio che abbiano calcolato quote di bianchi e quote di neri in egual misura. Una precisa scelta di produzione. Eppure... lascia perplessi.

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  8. Ti ringrazio moltissimo di essere passata a leggere e a lasciare un commento, cara Clem. Sei la stata la mia seconda beta-reader di fiducia e hai fatto una lettura molto approfondita e di grande qualità. Anche l'apporto dei beta-reader è fondamentale perché ognuno coglie un lato particolare del testo cui l'autore non aveva pensato, e lo invita a riflettervi sopra.

    Lo studio di un periodo storico a priori è fondamentale (anche se, com'è ovvio, non si inserirà tutto nel romanzo), se non altro per correttezza nei confronti dei lettori; e poi perché attraverso dei piccoli particolari puoi creare un'atmosfera, far immaginare un ambiente. Io mi sono molto divertita a riprodurre, per esempio, i gesti di Danton nell'accendersi la pipa o il papelito delle Antille. Bisogna diventare un po' anche attori! Oltretutto occorre continuare a leggere i saggi, perché magari è stato trovato qualche nuovo documento oppure si apre una corrente storiografica con un taglio diverso e interessante. Prendiamo per esempio la figura di Robespierre, che è lacerante per antonomasia: ultimamente sono uscite delle biografie che ridimensionano un po' questa figura che sembra incarnare tutti i mali della rivoluzione. Per questo mi stupisco sempre quando leggo di autori che sfornano un romanzo storico in tre mesi. Mah, saranno dei geni oppure le loro opere saranno all'acqua di rose?

    Come giustamente dici, un romanzo è un romanzo, o altrimenti si leggerebbero dei saggi o dei libri "edificanti". Anche attraverso un certo stile, l'autore può comunque introdurre delle scene particolarmente crude, dove necessario. Per esempio anche ne Il Pittore degli Angeli avevo adottato lo stesso criterio.

    Un abbraccio e a prestissimo!

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  9. Questo è un post bellissimo, che riesco a commentare solo a bocconi. Ma è bellissimo lo squarcio aperto dietro al lavoro di Cristina, perché si vede quanta documentazione ci sia dietro. Inoltre io non ho certo studiato questo periodo così a fondo, ma ho sempre avuto la sensazione che dietro la rivoluzione ci fossero anime tormentate, che di fatto hanno cambiato il mondo senza riuscire a trovare però un loro equilibrio o un'illusione di felicità. Chissà, se fossero stati risolti probabilmente non avrebbero cambiato il mondo...

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    1. Ti ringrazio per essere passata a commentare, Tenar. Hai proprio colto uno dei motivi di fascino della rivoluzione francese, oltre al periodo storico in sé che è molto avvincente. Molti di loro erano anime tormentate, e comunque si sono trovati a vivere in un periodo che li ha consumati fisicamente e spiritualmente, accorciando spesso loro la vita (ghigliottina a parte). Leggevo che, nei momenti più critici della rivoluzione, quando la Francia era in guerra con il resto d'Europa con eserciti che li assalivano da ogni parte, dormivano due-tre ore ogni notte causa superlavoro e molti erano in preda a un vero esaurimento nervoso. Nemmeno l'uomo più equilibrato sarebbe riuscito a reggere ritmi del genere...

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    2. Concordo pienamente con entrambe. Basta secondo me guardare quelle date di morte. Mentre aggiungevo immagini al post, c'era da restare agghiacciati. 1794, anno in cui si sono praticamente massacrati fra loro. Tensioni altissime, un degenerare del Terrore che acceca il loro giudizio, fa scattare una competizione politica e ideologica, fino alla tragedia di un massacro.

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    3. A scuola, ricordo che la Rivoluzione Francese mi aveva colpito un sacco, con quella ghigliottina in funzione e la fine di tanta gente (in primis i regnanti); Robespierre, Danton e Marat nominati come gli eroi rivoluzionari che in me animavano tanto entusiasmo. È anche in virtù di questo che ho voluto leggere il romanzo di Cristina: scrivere una storia sfruttando la fama di personalità che hanno lasciato il segno... ho letto con molta curiosità.

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    4. Sì, Luz, uno degli aspetti terribili di queste vicende è il bagno di sangue dove è annegata la rivoluzione. Si sono proprio scannati tra loro in questa specie di arena, con dei confronti drammatici sia verbali ai club e tra i banchi della Convenzione nazionale (una specie di Parlamento) sia tramite le denunce, gli arresti, le detenzioni e il patibolo. Venivano coinvolti i maggiori protagonisti, ma anche le loro mogli e fidanzate. Il clima di rigore ideologico durante il Terrore fa accapponare la pelle: bastava non mostrarsi abbastanza zelanti e patriottici per essere denunciati alle pubbliche autorità, e soprattutto alle temibili sezioni cittadine di sanculotti. Bastava non portare la coccarda o non avere il certificato di civismo in regola, o lamentarti ad alta voce del governo che non faceva abbastanza per abbassare il prezzo del pane. A Parigi c'erano spie e delatori dappertutto.
      Tanto per ricordare il nostro Saint-Just, Marina, lui è stato uno degli autori della celebre legge sui sospetti che ha inasprito la lotta interna ai nemici della rivoluzione.

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  10. Mi sono presa un po' di tempo per leggere con attenzione quest'intervista e faccio i complimenti a tutte e tre per il prezioso dono di un confronto con un'autrice che ammiro molto. Non ho ancora letto nello specifico questo suo ultimo romanzo, ma sono sicura che sia interessante sono molti punti di vista. La Rivoluzione Francese è un periodo affascinante pure con le sue ombre. Posso solo immaginare quanto investimento emotivo (oltre ovviamente di energie e tempo) sia stato necessario per raccontare di una simile pagina di storia.

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    1. Ti ringrazio per averci lasciato la tua osservazione in merito all'intervista, Maria Teresa. La stima è ampiamente ricambiata, come sai! <3 La rivoluzione francese è un periodo senza dubbio affascinante e ricco di spunti, ma anche rischioso, nel senso che si potrebbe anche darne un ritratto molto manierista. Non nego che ci sia stato un carico emotivo molto forte, con alcuni risvolti di cui ti avevo parlato... e d'altra parte tenevo moltissimo a pubblicare questo romanzo, lo sentivo come una vera necessità. Per questo l'avevo iscritto al concorso amazonstoryteller, senza fare troppo affidamento su un'eventuale vincita.

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    2. Grazie, M. Teresa, io e Luana ci siamo trovate subito d’accordo nel volere coinvolgere Cristina in questa intervista: ci è sembrato bello e utile parlare con lei del suo libro. Per me, tra l’altro, una novità, non avendo mai letto nulla della sua produzione letteraria.

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    3. Grazie, Maria Teresa, per avere apprezzato.

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