lunedì 11 settembre 2017

Carpe diem!

Quinto Orazio Flacco (65 a. C. - 8 a. C.)
Eccomi al secondo dei tre post dedicati alla mia nuovissima esperienza di presidente e promotrice di laboratori ed eventi di un'associazione culturale. Trovate qui il primo. 
Veniamo alla scelta del nome: Carpe diem. Teatro e altre arti.
Sapevo che questo nome è già diffusissimo, basta googlare e si viene investiti da una gragnola di luoghi, progetti, band, associazioni con questo nome. Intanto, ho cercato di ovviare con questa omonimia imperfetta che permette il "sottotitolo", ma poi non potevo proprio rinunciarvi. 
"Carpe diem" foneticamente suona bene, è un termine noto, di facile memorizzazione, e fa pensare a cose belle. 
E poi mi è particolarmente caro, perché è il nucleo di Foglie d'erba: questo spettacolo è stato e continua a essere per me il punto di svolta artistico e umano del mio percorso teatrale. 
Al di là del legame affettivo, vediamo di capire meglio cosa significhi questa espressione e perché, e come, si accorderebbe con il concept dell'associazione. Cominciamo dal principio. 
Troviamo questo piccolo grande gioiello fra le Odi di Quinto Orazio Flacco, uno dei massimi poeti latini del I sec. a. C. Fine conoscitore dell'animo umano, Orazio fa propri alcuni principi della filosofia stoica ed epicurea, arrivati a Roma dal mondo ellenistico e ampiamente diffusi e approfonditi in quello latino.
In parole semplici, e senza entrare nel merito di queste filosofie, si tratta di un invito a godere il presente, come ci dicono i versi celebri:

Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios

temptaris numeros. Vt melius, quidquid erit, pati,

seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,

quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare

Tyrrhenum! Sapias, uina liques et spatio breui
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit inuida
aetas. Carpe diem, quam minimum credula postero.

Tu non domandare, non è lecito saperlo, quale fine
gli dei abbiano riservato a me e a te, Leuconoe, e non tentare
gli oroscopi di Babilonia. Quanto è meglio accettare qualunque cosa,
sia che questo inverno, che ora stanca il mar Tirreno sulle opposte scogliere,
sia l'ultimo che Giove ti ha concesso, sia che tu ne abbia ancora molti!
Sii saggia, filtra il vino, tronca una lunga speranza, poiché breve è la vita.
Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso.
Cogli l'attimo, confidando meno che puoi nel domani.

Sarebbe semplice farne un'interpretazione troppo frettolosa, del tipo: ma sì, che ti importa del futuro, godiamoci il presente! Però non è affatto così, il significato è decisamente più profondo. 
Orazio parte da un principio caro agli epicurei, la caducità della vita, il destino ineluttabile dell'uomo che ogni giorno accorcia la sua distanza dalla morte. Ciò non deve gettarlo nell'angoscia, quanto piuttosto fortificare in lui la consapevolezza dell'importanza del presente. Non può cambiare il proprio destino quindi può vivere pienamente ogni giorno, solo così arriverà al termine senza il rimpianto di non aver vissuto realmente, di essere stato troppo proiettato verso illusioni e paure. 
Mi piace pensare che questo grande poeta abbia scritto versi eterni, abbia saputo farlo, mentre Roma viveva uno dei suoi periodi più difficili. La corruzione era ai massimi livelli, la classe politica degenerava, imperversava una guerra civile, Roma viveva in modo estremo la sua trasformazione della Res publica in impero. La società annegava in una grave crisi dei valori tradizionali, si apriva una nuova grande pagina della Storia, ma in modo traumatico, fra le lotte dei triumviri, l'assassinio di Cesare e l'ascesa di Ottaviano. 
Mi piace pensare al mondo intellettuale dell'epoca che se ne sta a distanza e osserva, maturando una visione della vita che nulla ha di tragico, se mai coglie negli eventi lo spunto per valorizzare la vita in sé, l'esistenza. E' il periodo in cui la distanza tra i filosofi e i poeti e la società è massima, quindi non resta che vivere nel presente il senso ultimo e vero della vita. 
Questo principio attraversa epoche e culture e resta oggi vivissimo. Credo che la migliore traduzione in versi l'abbia fatta proprio quel Walt Whitman scrivendo: 

Cogli la rosa quando è il momento
che il tempo, lo sai, vola
E lo stesso fiore che oggi sboccia
domani appassirà

Ma ancora di più, in questi versi:

... the question, o me! so sad, recurring - What good amid these, o me, o life!
Answer: that you are here - that life exists and identity
That the powerful play goes on, and you may contribute a verse.

... la domanda, ahimè, così triste, ricorrente - Cosa vi è di buono in tutto questo? oh me, oh vita!
Risposta: che tu sei qui - che la vita esiste, e l'identità
Che il potente spettacolo continua, e tu puoi contribuirvi con un verso.

Lascia spiazzati. Strano, ma non c'è nulla di più semplice da capire. La vita, in se stessa, è già tutto. Il presente è qui, coglierlo e valorizzarlo sta a noi, perché il tempo scorre, fugge inevitabilmente e non dobbiamo sciuparlo inutilmente. Riuscire a valorizzare ogni attimo non è facile, anzi, ma questa deve essere una missione costante e doverosa verso noi stessi. 
Ecco perché ho scelto questo nome. Il teatro, la poesia, la musica, sono depositari di una bellezza che va protetta e trasmessa. 
Attraverso queste arti possiamo cogliere la bellezza della vita, che va vissuta pienamente con il fermo proposito di rendere prezioso questo presente, perché il futuro ne porti traccia.

Che significa per voi "cogliere l'attimo"? Avete mai vissuto l'esperienza di cogliere un'occasione irripetibile? 

18 commenti:

  1. Bellissimo approfondimento del Carpe diem. Anch'io ci credo molto, anche se poi non è per niente facile non farsi prendere dall'angoscia del futuro. Il mio motto preferito è: vivi ogni giorno come fosse l'ultimo

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    1. Ciao, Rosalia. Ecco, dovremmo probabilmente agire tutti così. :)

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  2. Sul discorso della bellezza, da proteggere e trasmettere, offerte dal teatro, la poesia, la musica, l’arte in generale, sono totalmente d’accordo.
    Così come sono d’accordo che il concetto del carpe diem sia facile da capire, ma arduo da mettere in pratica, soprattutto perché richiede di essere costantemente presenti e, quindi, consapevoli di chi siamo e di cosa vogliamo.
    Purtroppo per noi, però, è molto facile sapere cosa non vogliamo. Magari riusciamo anche a intuire chi siamo (e si badi bene, non sempre eh!), ma sapere esattamente ciò che desideriamo significa mettersi in cosante discussione e spesso si rifugge tutto ciò che richiede un simile sacrificio…
    Per esempio, anche provare a creare il vuoto dentro di noi, facendo in modo che i pensieri non attraversino la nostra mente di continuo, è difficile. Ciononostante ci sono un sacco di persone che sostengono quanto sia utile meditare ogni giorno. Tuttavia, pochi lo fanno sul serio perché per arrivare a meditare ci si deve esercitare. Non è per nulla automatico, anzi! Eppure, ritengo, ovviamente sulla mia esperienza personale che, sia chiaro, può essere confutata in qualsiasi momento, sgombrando la mente da paure e pregiudizi riusciamo ad avere una visione chiara di cosa ci occorre veramente.
    Certo, può anche accadere all’improvviso di avere una parziale illuminazione, ma non è così frequente, credo. E per questa ragione, difficilmente riusciamo a cogliere l’attimo…

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    1. Grazie per questa riflessione, che mi trova d'accordo.
      Molti di noi sono costantemente orientati verso la riflessione, il riformulare i nostri desideri, al punto che in effetti ci perdiamo il presente. Difficile perdersi NEL presente, che finisce con l'essere invece una serie di istanti su cui scivoliamo senza soffermarci sulla loro importanza. Sarà tipico anche del nostro stile di vita, immerso in una serie infinita di impegni. Quante volte abbiamo l'impressione che il giorno sia letteralmente volato?
      Dovremmo orientarci verso abitudini che, pur permettendoci di vivere ciò che necessariamente dobbiamo vivere ogni giorno, ci lascino pure quel momento per un raccoglimento, per meditare, sì. Per lasciare sedimentare magari qualcosa di buono che accade.

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  3. Assolutamente sì, Luana. Dovremmo imporci di vivere meglio, anziché correre di continuo sbattendo come tante falene contro i vetri.
    Un abbraccio! :))

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    1. Ah, questa metafora quanto mi è cara.
      Mi riporta a Virginia Woolf e a uno dei suoi passi più affascinanti. Grazie. :)

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  4. si
    ed ho perso il treno
    mi ha fatto male
    e ancora fa male tanto

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    1. Forse però non passa solo una volta, quel treno.
      Forse ce ne sono altri, cui possiamo dare quello stesso valore. ;)

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  5. Il verso era già arcinoto prima del film, ma a me porta inevitabilmente alla mente "L'attimo fuggente", complice anche la straordinaria prova di Robin Williams.
    Di attimi ne ho persi parecchi, e le volte in cui li ho colti hanno dato origine a nuove situazioni che, nel corso del tempo, sono diventate routine... Insomma, la verità è che gli attimi vanno colti sempre soltanto per rendere più variegata la vita, cosa importantissima per renderla più interessante.

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    1. Inevitabilmente, tutti coloro che hanno amato molto quel film, tornano a quelle parole e a quei momenti, anche a me capita.
      Forse proprio quel film ha riportato in auge questo principio, abusato e spesso travisato, ma in effetti di grande profondità. Mi piace il tuo aver percepito nella vita finora tanti attimi da cogliere. Importante è averli riconosciuti. :)

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  6. Cogliere l'attimo per me vuol dire essenzialmente concentrazione su quello che sto facendo, con una sorta di leggerezza però. So che i due concetti possono sembrare antitetici, ma per me vanno di pari passo. Mettere cura in tutto ciò che si va permette di rendere ogni istante prezioso, sia che si impasti una torta sia che si stia lavorando sia che ci si dedichi alle proprie passioni.

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    1. Anche questa è un'interpretazione che ha un suo "perché".
      Assimilare l'attimo alla leggerezza forse significa stare molto vigili sui tanti istanti importanti, i tanti segmenti che tutti insieme compongono una vita intera, o almeno i suoi anni più significativi, quelli in cui stiamo formandoci un percorso di costruzione. In fondo, si tratta proprio di questo: vivere intensamente.

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  7. L'hai spiegato talmente bene che non potrei che ripetere il concetto della caducità dell'esistenza, dell'importanza dell'oggi come una tappa di questa vita che inesorabilmente avanza. In passato, non ho colto attimi che sono rimasti i miei più grandi rimpianti. E il rimpianto è brutto: gli preferisco il pentimento; almeno, in questo caso, l'attimo è sbagliato, ma almeno lo cogli comunque. 🙂

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    1. Nel bilancio fra rimpianti e pentimenti è pur sempre meglio un'abbondanza dei secondi, in effetti. :)

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  8. Uno scritto appassionato e un'espressione, "Carpe diem" che ti auguro, di tutto cuore, porti fortuna alla tua associazione:-)

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  9. Mi trovo abbastanza in difficoltà davanti alle occasioni irripetibili, perché la mia indole prudente mi spinge a riflettere fino a quando l'occasione non è sparita all'orizzonte. Bello, però, il nome "Carpe diem", e bello questo tuo post. Complimenti per i primi passi della tua creatura! :)

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