lunedì 15 giugno 2015

Educare ad amare i libri... si può?


Mi sento di iniziare con una massima per me imprescindibile: leggere è quanto di più bello si possa annoverare fra le attività umane. Tutti noi che amiamo leggere, ci saremo posti almeno una volta la domanda se si nasca lettori o si possa diventarlo. Ma come fare a invogliare, a fare nascere nei più piccoli il desiderio di questa continua "esperienza" che è leggere? 
Ci sono diverse "strategie" da adoperare per attuare un efficace "invito alla lettura", perchè l'invito sia raccolto e messo in atto, attraverso la scoperta di un libro.
Assodato che non tutti nasciamo con la voglia o la propensione ad aprire un libro e svanire letteralmente fra le sue pagine, ci sono strategie che permettono di fare avvicinare i bambini molto piccoli alla lettura. Mi viene in mente un artigiano che intervistarono tempo fa in tv, un genio direi, perchè aveva fabbricato libri in tutti i materiali, e cercava di brevettare l'idea, già questo sarebbe un primo passo, ma andiamo oltre. In età scolare, alle elementari innanzitutto, il lavoro delle maestre dovrebbe essere costantemente orientato verso l'invito e l'educazione alla lettura. Molte fanno questa importante, ancorchè fondamentale operazione (forse l'unica vera missione di un'insegnante), molte altre no.

Come docente delle scuole medie, mi trovo spesso, troppo spesso, dinanzi ad alunni che provenienti dalle elementari, hanno letto poco o nulla. Ma questo, si sa, dipende da chi li ha accompagnati nel loro primo ciclo di studi. Ciò che manca a tanti insegnanti non è la capacità, ma l'entusiasmo dell'insegnare, e allora si arrendono dinanzi alle prime difficiltà, ma la scuola primaria non deve essere un parcheggio per bambini, deve essere scuola che forma (mi viene in mente il singolare metodo Montessori, quella sì una grande intuizione). Come insegnante di Lettere, sono naturalmente orientata verso l'assegnazione di un libro, scelto dall'alunno, alla fine correlato da relazione scritta.
Il mio post si orienta necessariamente in termini squisitamente didattici. I genitori pensano che ci vogliano prof motivati e motivanti, ma motivanti devono essere anche loro, perchè dalla famiglia in cui si vive deve partire questo input. Non esiste un segreto, esiste solo buona volontà di fare, e amare ciò che si legge, e se l'altro non l'ama, richiamare la sua attenzione, carismaticamente.
In una classe seconda mi è capitato di imporre ai genitori l'acquisto de "Il Piccolo Principe". Loro subito a dirmi: "Ma non è nell'elenco dei libri!" No, cari signori, non c'è, ed è uno scandalo che non ci sia. Voi dovete acquistare questo libro, fate per una volta che i vostri figli non spendano 8 euro in figurine insulse o porcherie confezionate. Lo leggeremo in classe noi, ci ritaglieremo un quarto d'ora a settimana, nel labirinto delle nostre ore curricolari, e io sarò con loro, perchè devono amare un libro così. E amare tanti libri altrettanto belli.
E' proprio così. Si impara a leggere leggendo e, come per tutto, si apprende più giocando e divertendosi, che non con l'obbligo o la coercizione.
Il guaio, credo, è che troppe insegnanti - fin dalle scuole dell'infanzia - non sanno leggere ad alta voce, con i loro bambini. Non sanno raccontare. Non riescono a trasformare la lettura silenziosa in una lettura "drammatizzata", in azione ed emozione. I bambini, specie quelli molto piccoli, hanno bisogno di emozioni, di immagini, per apprendere e comprendere.
Se un bambino, già dalla Materna e dai primi anni delle elementari, impara che leggere è una cosa divertente e "magica", diverrà senz'altro un lettore autonomo, perché saprà che nei libri non ci sono "solo" parole scritte... senza figure (che pure, all'inizio, servono molto), ma un mondo infinito di emozioni, considerazioni, concetti, fatti, episodi, modi di dire, ecc. E' necessario, a mio avviso, fornire gradualmente ai ragazzi gli strumenti di elaborazione creativa di ciò che leggono. Da una storia... se ne aprono altre mille, di cui l'autore è il lettore stesso.
E' così che si impara anche a guardarsi dentro, a comunicare verbalmente ed anche a scrivere.
Non è utile, invece e sempre a mio modesto parere, assegnare libri da leggere come "compito" di cui rispondere nell'attività didattica - mi riferisco ovviamente ai bambini piccoli - perché il rischio è quello di ingenerare l'antipatia dell'obbligo, del "se non lo faccio prendo un brutto voto" e, quindi, di ottenere il risultato opposto.
Conosco decine e decine di alunni delle medie che invitati a leggere, magari con una bella introduzione un po' teatrale, alcuni bei romanzi "per ragazzi"... rivelano che pur avendoli già letti per obbligo scolastico, magari durante l'estate, non avevano mai scoperto la bellezza e le suggestioni che questi romanzi racchiudevano e che, quindi, se li erano semplicemente dimenticati. Naturalmente, man mano che i ragazzi crescono in età e in capacità critiche e culturali, sarà necessario suscitare curiosità e appetito per letture più impegnative.
Posso concludere con una nota un po' polemica? Lo faccio: molti docenti, anche di Lettere (purtroppo), non sono appassionati lettori o lo sono stati in passato e non leggono più, non riuscendo quindi a suscitare entusiasmo e curiosità nella lettura.
Cosa pensate a riguardo? Lettori si nasce o si diventa? Quale il peso della famiglia e della scuola? 

33 commenti:

  1. Come puoi immaginare, da prof delle medie, lettrice accanita e autrice impenitente ho i tuoi stessi identici problemi.
    Il problema che riscontro di più è il lessico. I ragazzi non capiscono quello che leggono e (giustamente?) si stancano. La cosa che più mi chiedono a proposito di un libro non è se è lungo o corto, appassionante, con azione, storie d'amore o che so io, ma: prof, ma si capisce? È scritto semplice?
    Io di solito consegno una lista di libri da cui ciascun ragazzo scegliere tre letture, scaglionate durante l'anno. Ognuno deve poi recensire oralmente il libro. Se le cose vanno bene si crea un traino, i libri meglio recensiti vengono scelti anche dagli altri ragazzi, così se li prestano tra loro (al limite presto anch'io e c'è sempre la biblioteca della scuola) così limitiamo il temutissimo acquisto.
    Nella scuola dove lavoro da due anni abbiamo "adottato un autore", Antonio Ferrara, che viene a incontrare i ragazzi due volte l'anno. Lui è molto bravo a trattare con i ragazzi più problematici ed è uno dei pochi in grado di far leggere anche i maschietti.
    Insomma, si prova, si prova e si riprova. E comunque non sempre si riesce. Sopratutto se la famiglia rema contro. Ci sono anche i genitori che si lamentano "sta sempre a leggere!"

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    1. Antonella, mi piace questo tuo approccio educativo. Lo conosco nell'aspetto del lasciare che i ragazzi recensiscano oralmente e non attraverso l'asfittica scheda-libro (che per altro possono scopiazzare in rete ovunque). L'ho sperimentato nella seconda di questo anno scolastico e si è rivelato un buon metodo. L'ora di recensione era attesa sempre con trepidazione e ha creato una giusta "tensione", spingendoli a fare bene, perchè ciascuno doveva essere convincente. Mi pare esattamente il tuo stesso metodo. :-) Mi piace anche questa "adozione dell'autore", perchè uno scrittore ha un certo ascendente sui ragazzi se può raccontare direttamente il suo percorso.
      Il cuore del problema è esattamente questo: toccare con mano, conoscere in modo diretto, "trattare" oggettivamente il problema. Oggi più che mai la didattica deve poter applicare questi metodi.

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    2. Trovo molto interessane l'osservazione sul lessico... Sarà forse anche una questione di struttura del periodo?

      Me lo chiedo perché, vivendo in Inghilterra, so che per molte persone è difficile leggere i romanzi di Jane Austen, non solo per un fatto di vocabolario, bensì anche per la sintassi, che è molto cambiata nell'inglese contemporaneo.

      Ovviamente è fuorviante fare paragoni, ma la riflessione di Tenar mi ha fatta pensare.

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    3. La sintassi è un problema successivo. I più si arenano proprio sul significato delle parole...

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    4. E' un problema che nasce proprio sul significato, in effetti, lo possiamo constatare con la povertà di "vocaboli" degli alunni che escono dalla scuola Primaria. Gli anni fra i 6 e gli 11 sono fondamentali per l'acquisizione di parole nuove, attraverso la didattica giusta i bambini potrebbero essere otri da riempire infinitamente e a cui attingere fin da subito in una prospettiva di verifica del lavoro svolto. Peccato che in tante scuole questo lavoro sia ridotto al minimo!
      @ Ludo: Credo che saper leggere in altra lingua in effetti non si limiti alla sola conoscenza delle parole. La costruzione del periodo e per giunta l'uso della paratassi o ipotassi sono alla base di ogni narrazione e l'epoca lontana fa il resto. Sì, credo che occorra essere molto bravi a leggere e comprendere un libro della Austen in lingua originale. :-)

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    5. Temo di non essermi spuegata con chiarezza: è per gli stessi britannici che è difficile leggere Jane Austen perché la struttura del periodo si è molto semplificata.

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    6. Sì sì, è un po' come paragonare la narrativa moderna a un romanzo di Foscolo. Si era compreso. :-)

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  2. Secondo me lettori si nasce e qualche volta lo si diventa anche.
    Io e mio fratello siamo un po' i rappresentanti tipici dei due casi. Abbiamo trascorso l'infanzia in una famiglia allargata come usava una volta e un mio zio, all'epoca l'unico lettore in famiglia, all'ora di cena ci intratteneva con citazioni dai classici: Divina Commedia, Odissea, Orlando Furioso, ecc.
    Io assorbivo tutto, mio fratello viceversa era indifferente. Anche lui alla fine è diventato un lettore forte, ma diversi anni dopo e sulla spinta di altri stimoli.

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    1. Singolare questa cosa, direi... che fortuna. Tu credi che tuo fratello non abbia in qualche modo assorbito quegli stimoli? Al contrario, ha trovato un suo momento, diventando poi forte lettore, ma sono certa che quelle letture a voce alta dell'ottimo zio abbiano lasciato un segno in lui.
      I bambini hanno bisogno di mettere in moto quella connaturata immaginazione, un buon lettore non può che incidere molto sulle loro menti, che sono come lavagne su cui si possono scrivere storie buone o cattive, ma pur sempre incisive e indimenticabili.

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    2. Mio fratello in realtà ha iniziato ad appassionarsi alla lettura solo alle superiori, quando ha trovato una professoressa di Italiano che assegnava libri da leggere a casa. Prima di quel momento, a parte i testi di studio scolastico, aveva letto solo "Topolino".

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  3. Lettori si nasce e si diventa, secondo me. In quale delle due categorie rientra la mia infanzia appiccicata ai libri? Non frequentavo coetanei fuori dalla scuola, perciò era anche la solitudine a spingermi a leggere. Forse ero nata lettrice, forse lo ero già diventata. Comunque hai usato la parola giusta: magia. La lettura è magia. Credo che tutto inizi in famiglia. La scuola gioca un ruolo fondamentale, ma lì è già in atto il fattore "dovere", aleggiante nei primi anni, sempre più manifesto con il procedere degli studi. Il dovere rema contro. Bravi gli insegnanti che riescono a fare breccia! :)

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    1. Cara Grazia, mi rifletto nelle tue parole: da piccola proprio la solitudine mi spinse verso i libri. I miei genitori non erano lettori, in casa circolava qualche rivista e mio padre aveva tenuto in modo particolare all'acquisto di enciclopedie (negli anni Settanta e Ottanta indispensabili allo studio). Il resto erano libri di studio e i miei libri, che alcune zie mi regalavano in occasione di compleanni o promozione. Leggevo già a 5 anni fluentemente, ricordo un libro illustrato di Alice nel Paese delle meraviglie e una bellissima edizione de Le mille e una notte che mi fu regalato ai 7 anni. Sono stati i miei primi libri, ma il "salto" da vera e propria lettrice ebbi nell'estate tra la quinta elementare e la prima media, quando mi innamorai letteralmente di Dickens e del suo indimenticabile "David Copperfield". :-)

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    2. Le enciclopedie, certo! E David Copperfield, e Oliver Twist, e Piccole Donne... i miei, sebbene non grandi lettori, i libri non me li facevano mancare mai. Ho iniziato presto anch'io a leggere. Pare che a tre anni e mezzo i miei mi spedissero al negozio con la lista della spesa, dove la negoziante mi faceva i test di lettura, convinta com'era che imparassi tutto a memoria per fare il fenomeno. Un ricordo buffo, ripescato al momento.

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    3. Non so, mi piace pensare che siamo state fortunate, o forse il termine migliore è "privilegiate". Perchè è un privilegio amare la lettura, cercarne sempre, arricchire di volta in volta la propria conoscenza del mondo. E dopo tanti anni ci ritroviamo qui, Grazia, a scrivere su queste tastiere la nostra passione per le parole... E' bellissimo. :-)

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  4. Lettori si nasce o si diventa? Ottima domanda a cui non sono sicuro di saper rispondere. La mia esperienza personale mi invita a pensare che lettori si diventa. Sempre. E se è vera questa ipotesi significa che è fondamentale la responsabilità di chi si fa carico del delicato compito di formare le menti più giovani.
    Nei primi anni di scuola (le medie, mi pare) ricordo che mi veniva richiesta la lettura estiva di un libro. Uno all'anno, non uno di più non uno di meno. Era un tipo di richiesta che assomigliava tanto al fastidio di dovermi portare in vacanza qualcosa di indesiderato. Ho trascorso estati su Pirandello e Calvino senza capirne il significato, sperando che, a settembre, qualcuno mi spiegasse il perché di una simile tortura, spiegazione che poi non avveniva, spesso perché l'insegnante non era più la stessa di pochi mesi prima.
    Questo è quindi il primo punto negativo della mia esperienza: la mancanza di continuità didattica. Resta il fatto che qualunque insegnante mi fosse capitato avrebbe dovuto essere in grado di spiegare a quel bambino confuso che ero il significato di un "Visconte dimezzato" (per esempio). Un libro come quello non può ridursi ad una favoletta...qualcuno avrebbe dovuto invitare quell'alunno a mettersi davanti ad uno specchio e a cercare nel riflesso il visconte dimezzato che c'era in lui. Alle superiori non mi è andata meglio: istituto tecnico industriale. Specializzazione elettronica. Le ore di italiano erano un gustoso intermezzo tra le tante materie tecniche. Me le ricordo appena.
    Posso dire quindi che a diciannove anni, un diploma sotto il braccio, ero praticamente uno zero come lettore. Ho lasciato la scuola e sono andato a lavorare. Fine delle speranze? No! Ad un certo punto una molla è scattata. Ho smesso di frequentare i vecchi compagni di scuola e mi sono trasferito, armi e bagagli, in una compagnia di ex-liceali e/o universitari. E' stato proprio in quel contesto che ho capito quanto erano grandi le mie lacune. Ascoltavo i loro discorsi e maledivo la mia incapacità a partecipare attivamente. Erano davvero terribili i momenti in cui gli altri ragazzi iniziavano a citare nomi che non conoscevo. E così, nel buio e nel silenzio della mia cameretta ho iniziato a recuperare il tempo perduto: leggevo e fagocitavo tutto con una curiosità e un entusiasmo sempre crescenti. Oggi, quasi trent'anni dopo, quella curiosità e quell'entusiasmo sono ancora intatti. Ma non sono ancora soddisfatto del tutto. Ho ancora bisogno di cultura. Ne ho fame. Ho fame anche di un confronto, sono ancora qui che cerco di capire a che punto sono. Oggi ci sto riuscendo con il blog. Credo che un po' si capisca, no?

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    1. Anche io lettrrice sono diventata, a14 anni, quando durante l'estate, anziché fare i compiti, ho preso in mano I miserabili di Hugo. Il libro giusto al momento giusto: non c'è altro da dire. Alle elementari e alle medie, dovevo leggere un libro al mese, non a mia scelta, bensì tra quelli che trovavamo nell'armadio in aula (ogni aula aveva un armadio contenente i libri considerati adatti all'età.) Purtroppo non è stata un'esperienza positiva: ricordo di aver letto solo un paio di libri che mi piacquero e coinvolsero veramente, gli altri furono una 'tortura'.

      Lettrice, dunque, sono diventata, quasi per caso, per caso fortuito.

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    2. @Tom
      Il tuo è un tipico caso di percorso di studi probabilmente non rispondente alla tua personalità. Oggi, pur conoscendoti molto poco, potrei dire che la tua passione per l'umanistica e l'approfondimento è tale che davvero non avrei potuto immaginare che avessi frequentato un istituto tecnico industriale. Posso immaginare le migliaia di studenti che si trovano o si sono trovati nelle tue stesse condizioni, in cerca di un orientamento, di qualcuno che in continuità illustrasse e indirizzasse un percorso. Ti è mancato, ma hai saputo recuperare! Sentendoti a tuo agio in altri ambienti ed elementi, accorciando le distanze da solo. Ammirevole, davvero.

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    3. @ Ludo
      Ecco, una folgorazione arrivata 3 anni dopo rispetto alla mia. E' strano come a volte si tratti di una specie di "scintilla" che accende in noi questa passione, questa "fame" di sapere, con la sensazione che ogni libro sia un'esperienza e un arricchimento. Hugo per te, Dickens per me.

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  5. Credo che lettori si diventi, ma che, in un certo senso, molto spesso ciò significhi sviluppare dei geni: per me la vera fascinazione alla lettura non avviene a scuola, per quanto sia essenziale che la scuola dia le "scosse" utili a far accendere la passione - e qui sono purtroppo concorde nel constatare che molti docenti di Lettere non leggono e non amano farlo, il che è raccapricciante.
    Io ho un bellissimo ricordo della nascita del mio amore per la lettura: vedevo mia madre leggere e, pian piano, ho comunicato ad andare con lei in libreria, stavamo insieme davanti agli scaffali a leggere e me ne uscivo tutta fiera del mio acquisto. Poi gli insegnanti hanno costruito su queste fondamenta e ad alcuni sarò grata in eterno... il punto è che la passione di un docente, da sola, non basta, perché i fattori sociali e culturali contano ancora tanto.
    Io, nel mio piccolo, provo a lanciare qualche spunto, sperando di far breccia! :)

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    1. Brava, Cristina, come sai penso e sostengo fortemente che un giorno sarai un'ottima insegnante.
      I tuoi ricordi in merito al tuo sbocciare come lettrice confermano il mio pensiero: i bambini sono quello che vedono, e un genitore lettore, dal quale emerge passione e dedizione alla lettura, non può che instradare su questa passione. Suppongo che tua madre non si limitasse a leggere diversi libri, ma che ne parlasse successivamente con te. E che da quell'entusiasmo sia nata in te curiosità.

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    2. Facendo la maestra ha sempre avuto molti spunti per parlarmi di libri adatti ai miei primi passi di lettrice, poi, quando ho iniziato a leggere quelli che leggeva anche lei, abbiamo iniziato a confrontarci e ora sono invece io che spesso le suggerisco nuovi autori... il passaggio di consegne ha avuto successo!
      Grazie della stima, sono certa che tu, invece, sia già un'ottima insegnante!

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    3. E a mia volta, ti ringrazio. Mi ritengo "in viaggio", in questo mestiere c'è molto da imparare, in un processo in fieri che non si conclude mai.
      Deve essere stato bello essere stata bambina con una madre maestra che ha saputo trasmetterti questo interesse, e suppongo che lo abbia fatto anche con i suoi fortunati alunni.
      Grazie, Cristina.

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  6. Lettori si diventa. In potenza un individuo può avere anche una predisposizione, ma se questa non viene stimolata e coltivata, be' mi pare ovvio che ci sia poco da fare!
    I bambini fin da piccoli devono essere stimolati alla lettura, non costretti in alcun modo. Se si fanno trovare a portata di mano libri dai primi anni di età, se i genitori leggono ai propri figli, se la lettura viene vista come pratica normale, difficilmente non si incuriosiranno.
    Un discorso che mi infastidisce molto, è quello sui costi: tu Luz, hai spiegato perfettamente. Il costo di un libro è sempre troppo, rispetto ad altri acquisti futili e non necessari, secondo moltissime persone. E questo vale anche per gli adulti, che trovano eccessivo spendere 15 euro per un romanzo, ma non per altri svaghi ben più costosi. Sono scelte, certamente. In questo caso sono scelte che hanno un peso particolare sulla formazione e sulla vita di ogni individuo. Non perché, come si legge ovunque ormai, in modo particolarmente fastidioso, "chi legge è meglio di...", ma perché chi legge può molto di più.
    E si apre un altro capitolo direi XD

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    1. ... al quale potrei prima o poi dedicare un post. :-)
      Sì, il discorso dei costi è una costante dei rapporti docenti-genitori. Il punto è che il dialogo fra queste due componenti viene inficiato troppo spesso da una indotta sfiducia reciproca. In altre parole, si tende a non dialogare affatto, preferendo "non fare entrare i genitori in questioni scolastiche". Nulla di più anacronistico e sbagliato. Un docente in qualche modo deve "educare" a volte anche i genitori stessi ad un approccio verso i libri, proprio perchè mediante questo si arrivi ad educare i loro figli a leggere, a fare questa esperienza, a insegnare loro che leggere arricchisce, fortifica, rende diversi.

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  7. Ho scritto che io, lettrice, lo sono diventata ed è probabile che nella stragrande maggioranza dei casi lo si diventi.

    Per quanto riguarda l'educare ad amare i libri... eh, una patata bollente. Io credo che la lettura sia un valore, come ce ne sono altri e, a volte, presentarlo come uno dei massimi valori a cui l'individuo debba ambire è sbagliato.

    La lettura è un valore, ma è anche uno strumento, uno degli strumenti più facilmente alla portata di chiunque per acquisire conoscenza, quindi potere (meglio parlar chiaro,) quindi libertà.

    Se si vuole 'educare' alla lettura, bisogna anzitutto essere onesti: non tutti sono immediatamente attratti dalla possibilità di sviluppare la fantasia, arricchire il proprio mondo interiore, ampliare il lessico, imparare a scrivere (sono pochissime — credo — le persone che leggono poco e scrivono bene,) evadere; a volte è meglio sottolineare come, senza leggere, si hanno meno strumenti per leggere la realtà e, quindi, relazionarsi con gli altri.

    E, ora, un'amara confessione: lessi Il piccolo principe, a scuola, da piccola, e non ebbi più il coraggio di prenderlo in mano perché lo trovai un libro triste e disperato. And that's that.

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    1. Cara Ludo, rispondo all'ultima parte del tuo commento. Tu lo leggesti da piccola, ebbene sappi che a molti bambini questo piccolo capolavoro fa questo effetto. Io ho conosciuto da grande Il piccolo principe, ravvisando in esso quegli insegnamenti che sono senza età, comprendendo come sia una narrazione scritta anche, e forse in particolare, per gli adulti. Te lo fecero leggere alle elementari? E' troppo presto. Le tematiche sono "forti", non ultima la morte che interrompe il dialogo.
      Credo che sia un ottimo testo per gli alunni delle scuole medie.

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  8. Un quesito difficile. Può essere l'uno o l'altro. Conosco persone che non hanno mai letto un libro e mai lo leggeranno perché sono felici così e non hanno bisogno di nulla che colmi questa felice ignoranza. Io ho sempre "aggredito" i libri per sapere cosa cera dentro! LOL

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    1. Ah ah ah Ferruccio, quella "felice ignoranza" mi diverte.
      Sì, c'è da dire che non tutti possiamo essere predisposti a questo interesse e in fondo è logico così.
      Sei mai stato in case dove non campeggia un solo libro, dove le librerie sono ritenute "piccoli magazzini" da non poter esporre nei soggiorni? Io sì, sapessi che brividi di freddo...

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    2. C'è anche chi usa gli scaffali per soprammobili e bomboniere, e ogni tanto ci mette un libro in mezzo, tanto per far cultura. ;)

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    3. Sìììì! Felice di sapere di non essere la sola a sperimentare di tanto in tanto quei deserti privi di bellezza e anzi stracolmi di ninnoli inutili, che rappresentano per tante persone ostentazione di raffinatezza, quando invece sono l'esatto opposto. Una zia una volta mi disse: "Ma perchè non metti la libreria in cameretta e non fai qui delle belle vetrine?". Il culmine del vuoto interiore, il trionfo del pressapochismo e dell'ignoranza. Per me fu una bestemmia, proprio.

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  9. Lettori si diventa e la cosa più importante sono proprio i primi approcci che un individuo ha con la lettura.
    Ci sono libri che possono accenderne l'amore e altri che lo possono spegnere anche per lunghi anni.
    Conosco molte persone che leggono pochissimo o che hanno letto solo da piccoli, e se gli chiedi il motivo è proprio perché quel determinato libro non gli è piaciuto per niente.
    Molti ad esempio propongono ai ragazzi delle elementari la lettura di "Cuore" di De Amicis, e per me non ci potrebbe essere errore più grande.
    Quel libro è così fasullo! Lo era già allora, ma ai giorni nostri non ha proprio senso, ed un bambino non può non accorgersene.
    A parer mio ai bambini vanno assegnate letture che mettano in moto la loro fantasia, che abbiano si, qualcosa da insegnare, ma che non lo facciano con prepotenza.

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    1. Ciao, Murimou, piacere di leggerti.
      Concordo con te, la scelta dei testi da far leggere per tentare di accendere questa passione, o anche semplicemente la volontà di avvicinarsi al libro, deve essere mirata e intelligente.
      Come ho scritto, capita che insegnanti delle elementari o delle medie non sappiano barcamenarsi nell'universo editoriale, sono poco informati, o peggio non sono dei lettori, quindi di lì a poco il fallimento è normalissimo.

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  10. Secondo me c'è un problema di fondo... Io amo leggere, ma non credo che la lettura sia "a priori" l'attività nobile e formativa che si vuole far credere. Ci sono letture e letture, ci sono tantissimi ragazzini che leggono saghe e libretti di dubbio valore, ma non credo che il "divorare storie" costituisca di per sé qualcosa di più valido rispetto all'ascolto di buona musica o al praticare uno sport.
    Diverso è il discorso se si parla di letteratura come processo in fieri, ma lì contro la natura personale c'è poco da fare, credo che sia una tendenza. Gli stimoli che provengono dall'ambiente che ci circonda possono sicuramente essere utili, ma credo che siano efficaci solo laddove ci sia una naturale predisposizione di partenza: non credo che gli insegnanti debbano sentirsi frustrati se non riescono a realizzare i loro intenti.
    È come se si cercasse di obbligare tutta la popolazione mondiale ad andare a correre un'oretta ogni mattina, cosa che sicuramente farebbe bene a tutti.
    Però penso che la tua decisione di assegnare relazioni di letture a scelta sia un'ottima cosa; io ho dovuto sorbirmi testi obbligatori che avrebbero fatto desistere chiunque dall'impresa.
    Per quanto riguarda l'ultima polemica sono d'accordissimo: conosco molti insegnanti, anche di lettere, che non conoscono la letteratura degli anni che seguono il 1945, e gli alunni lo percepiscono perfettamente.

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