martedì 8 marzo 2022

Lolita - Vladimir Nabokov

Incipit: Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta.
Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita. 

Scoprire un grande classico in età matura significa poterlo apprezzare servendosi di una capacità critica necessaria. Inizio così, con la certezza che se avessi affrontato Lolita a vent'anni forse, forse, non avrei potuto apprezzarlo appieno come faccio oggi.
Anzitutto perché è un romanzo coraggioso, che osa raccontare una relazione tossica, morbosa, un'ossessione malata che è anche una discesa nell'inferno. Senza se e senza ma: è il racconto dell'orco, dell'uomo adulto che abbranca una bambina e ne fa a lungo la propria amante, è il racconto di una coscienza malata, pedofila, perversa. Con l'aggravante dell'incesto, per non farci mancare nulla. 

Mi è capitato di parlarne con una collega e dirle "tu che hai una figlia non potresti leggerlo, ti indignerebbe e disgusterebbe, perché non potresti fare a meno di pensare all'innocenza violata identificandola con il rischio concreto, con la certezza che l'orco è dietro l'angolo sempre, potenzialmente". 
Riduttivo, sì, ma questo libro ha di fatto il potere di metterci di fronte a qualcosa che non riteniamo pensabile possa essere raccontato senza farne un romanzo freddo, un resoconto scientifico, oppure un racconto pornografico, estremo. 
Se Lolita è un racconto estremo, non è però pornografico, sebbene racconti anche a volte nei particolari amplessi e contatti ravvicinati. Il punto è che emerge il racconto della coscienza, perché Lolita è innanzitutto questo, il viaggio di una coscienza malata nella propria esperienza malata. 
Un grande romanzo di psichiatria, anche. 
Nulla è più atrocemente crudele di una bambina adorata. 
Lolita è un capolavoro, magistralmente pensato e scritto da questo straordinario autore dapprima sotto forma di breve racconto, in gioventù, dal titolo L'incantatore, poi rielaborato in età matura, una storia "decantata" e poi costruita quando si sentì realmente pronto ad affrontarla. Non fu facile convincere un editore a pubblicarlo, Nabokov sospettò che gli editori neppure lo leggessero, visto il tema scabroso. Solo un editore francese accettò di darlo alle stampe, nel 1955, ma perché specializzato in letteratura erotica. Nabokov non avrebbe compiuto tagli, e così fu. Nel 1958 il romanzo fu pubblicato negli Stati Uniti, con un lavoro di traduzione dal russo di cui si occupò lo stesso autore.
Non è difficile immaginare che la critica cadde pesantemente sul romanzo, accusato di immoralità e di antiamericanismo. 
Nabokov scrive una postfazione illuminante riguardo al tema, scottante e respingente. Questo poscritto da solo ha un valore altissimo. 
Nessuno scrittore, in un paese libero, dovrebbe essere costretto a preoccuparsi dell'esatta linea di demarcazione tra il sensuale e l'erotico, è una cosa assurda. [...] Lolita non si porta dietro nessuna morale. Per me un'opera di narrativa esiste solo se mi procura quella che chiamerò francamente voluttà estetica, cioè il senso di essere in contatto, in qualche modo, in qualche luogo, con altri stati dell'essere dove l'arte (curiosità, tenerezza, bontà, estasi) è la norma. 

Vladimir Nabokov (1899 - 1977)

La "ninfetta" come oggetto del desiderio.

Humbert, il protagonista, si racconta con dovizia, senza risparmiarsi a volte il disprezzo verso se stesso e il proprio desiderio irrefrenabile. Da sempre attratto dalle bambine non ancora adolescenti, l'incontro con Dolores, la Lolita prima vagheggiata e poi amata e soprattutto posseduta, è determinante.
Lolita non è l'innocente bambina circuita, ma una ragazzina di 12 anni con un forte potere seduttivo, spregiudicata e ribelle. Humbert mette gli occhi addosso a questa bambina seducente, ma l'autore sceglie di fare di lei una "ninfetta" dal carattere volitivo, che sa quel che vuole, pur nella sua immaturità. Lolita usa le proprie moine e Humbert accorcia via via le distanze, acconsentendo alla proposta di matrimonio di sua madre. Diventando padre della "ninfetta". 
Se la follia di Humbert è dapprima tutta giocata nella propria coscienza e nelle schermaglie con Lolita, il matrimonio con la madre di lei mette in moto angosce e piani estremi per la costruzione di un "luogo" in cui una possibile relazione con la fanciulla diventi realtà. Ma attenzione, l'idea di Humbert non è di possederla fisicamente, ma di "toccarla" e trarne piacere. 
Humbert è un uomo colto, di origini europee, complesso e nevrotico, il suo "vizietto" è una tendenza che non ha requie. Ci sono passaggi che sanno suscitare disprezzo nel lettore, perché Humbert anela Lolita ma sa guardarsi anche attorno, disprezzando le giovani ormai adolescenti (per non dire delle donne adulte), continuando a preferire le bambine dalle forme appena abbozzate. 
Noi non siamo dei depravati! Non violentiamo come fanno i bravi soldati. Siamo miti signori infelici, con occhi da cane, sufficientemente ben integrati da saper controllare i nostri impulsi in presenza degli adulti, ma pronti a dare anni e anni di vita per un'unica occasione di toccare una ninfetta. 
Il "fremito incestuoso" di Humbert, quando una serie di fortuite circostanze lo portano verso il possesso fisico della ragazzina, lo fa scendere in una subcoscienza perfettamente espressa in questo passaggio:
L'unica cosa che rimproveravo alla natura era di non poter rivoltare Lolita come un guanto, di non poter applicare le mie labbra voraci al suo giovane utero, al suo cuore sconosciuto, al suo fegato madreperlaceo, all'uva di mare dei polmoni, agli avvenenti reni gemelli. 
Humbert possiede fisicamente Lolita ma sente, prepotente in sé, l'annuncio di una resa, di una fine imminente, di una fuga, di un percorso spezzato, il peso dell'impossibile. Il folle viaggio di Humbert assieme a Lolita, che va lasciando le sue forme per abbracciarne di muliebri, ha in sé il senso del limite e lui sa cogliere lo smarrimento di questa figlia/amante. C'è un passaggio che mi ha commosso talmente è perfetto: Humbert osserva Lolita, inconsapevole e distratta, e coglie un'espressione particolare:
... uno sguardo di smarrimento così totale che pareva sfumare nel sollievo della stolidità, perché quello era proprio il limite estremo dell'ingiustizia e della frustrazione, e ogni limite presuppone qualcosa che stia oltre - da qui quella luce neutra sul viso. E se tenete a mente che quelle erano le sopracciglia inarcate e le labbra dischiuse di una bambina, potrete valutare meglio quali abissi di carnalità calcolata, quale riflessa disperazione mi trattenessero dal caderle ai cari piedi e lì dissolvermi in lacrime umane.
Il legame di Humbert con Lolita si gioca, nella coscienza di lui, su un piano estetizzante, che travalica spesso il limite della carnalità per toccare la sublimità di una bellezza riguardante la dimensione del tempo. Humbert cerca di cristallizzare il tempo nel lungo viaggio assieme a lei, consapevole della sua trasformazione fisica e sentendo altresì il peso della colpa. 
Il senso di colpa è una costante del protagonista, che però sa perfettamente integrare questo peso con l'esperienza estetizzante di cui sopra, per esempio facendo di Lolita una giocatrice di tennis. 
L'ambigua Lolita impara a giocare ma si ferma sempre un attimo prima dal diventare davvero esperta, mentre la coscienza di Humbert la fissa nell'attimo, nella movenza, nell'espressione che, lui ne è consapevole, è un segmento non eterno. La caducità di Lolita. 

Se il tempo è la costante percorsa da Humbert e Lolita, esso presenta il prezzo del cambiamento e dell'ineluttabile. Intenerisce il finale - che ovviamente non svelerò - poiché rovescia il piano narrativo verso la nemesi, l'ultima prerogativa di Humbert. L'antieroe diventa eroe e giustiziere, ma non solo. La sua ossessione non è più tale, è amore puro. È quel perdono che possiamo concedergli. 
Romanzo complesso, trama ricca - qui ho tentato un'analisi dell'asse portante di questa trama, che brulica di incontri, personaggi, momenti, colpi di scena, scenari diversi. 
Sullo sfondo, un'America che bene seppe narrare Stanley Kubrick nella prima trasposizione del romanzo, il film del 1961. La migliore trasposizione è comunque quella di Adrian Lyne, del 1997, nella quale il regista non fece i vistosi tagli del primo film. Qui sotto una bella scena.



Avete letto il libro e/o visto il film? Cosa pensate di un romanzo come questo? 

17 commenti:

  1. Non ho mai letto il libro e non so se troverò mai il coraggio di leggerlo. È sicuramente una trama molto forte che colpisce la sensibilità. Quando lessi “Ninfa plebea” mi sentii male e quasi me ne pentii, anche se alla fine non mi pento mai di un libro, anche quando non mi piace. Come sempre le tue recensioni sono eccezionali ed è sempre un piacere leggerle, riesci a far entrare il lettore nel romanzo anche se non lo ha letto, complimenti.

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    1. Grazie infinite, Caterina. Hai colto nel segno, sono libri che riescono a muovere sentimenti molto forti, alcuni anche spiacevolissimi. Ma pensiamo a quale potere possa avere un libro se le parole arrivano a esercitare questo potere su chi legge.

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  2. L'ho letto verso i vent'anni ma non mi diede molto. Molti giudicano Nabokov un grande autore, e se scopo dell'arte così come è rappresentare il vero, be', lui ha fatto la fatica di calarsi in un inferno che forse non vorremmo nemmeno conoscere. Bellissimo il tuo post, davvero informativo.

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    1. Come ho scritto nel post, anch'io se lo avessi letto a vent'anni, probabilmente, non avrei potuto apprezzarlo come in età matura. Nabokov riesce in un'impresa molto difficile, perché raccontare la coscienza malata di un pedofilo, e poi per quei tempi, penso sia davvero eccezionale. Grazie per il tuo apprezzamento alla mia recensione. Ce ne sono diverse altre nel blog che possono interessarti. :)

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  3. Non l'ho mai letto, ma potrei anche leggerlo. Come lettore abituale e (nel mio piccolissimo) scribacchino dilettante, so bene che la letteratura non è un codice morale ma solo un'analisi dell'umanità tramite la messa in scena dei personaggi e la narrazione delle loro storie.
    Fatta questa premessa, riconosco però che il tema è difficile da affrontare poiché parliamo di un fenomeno che nella realtà è terrificante. Yukio Mishima (che a sua volta ha scritto diversi romanzi "disturbing") diceva in un suo saggio che "sulla carta" si può anche far morire un milione di persone e raccontare una storia significativa, ma nel mondo reale chi si renda responsabile di un crimine del genere dovrà inevitabilmente risponderne sul piano morale e non ci saranno giustificazioni di sorta a salvarlo dal biasimo collettivo.
    Diciamo che è un romanzo da affrontare con le dovute cautele.

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    1. Di Mishima ho letto Confessioni di una maschera, straniante e bello. Un racconto che a tratti è anche estremo, che tocca anche il sadismo perfino come diritto umano, che scandaglia le pulsioni dell'uomo... che dire, sublime a tratti. In pochi sono riusciti a sublimare la violenza. Esserne in certo senso ammaliati come lettori è possibile per l'altissima resa stilistica.

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  4. Metterei "Lolita" tra i romanzi più belli letti nella mia vita e ci è voluto tanto tempo prima di leggerlo, forse per la paura di non essere in grado di capire un libro così complesso.
    Penso che H.H. sia tra i personaggi più abominevoli della letteratura: la sua identità è spezzettata e molteplice (cambia spesso il suo nome) come il suo linguaggio grottesco, ora infantile e insensato (con Lolita), ricercato, fecondo di giochi di parole, anagrammi, sinestesie, francesismi, cambi di verbo, lapsus e tutto per ammaliare il lettore, portarlo dalla sua parte, convincerlo della sua "in fondo innocenza" e il lettore stesso è portato a cadere nella sua trappola. Questa è forse la lezione che impartisce Nabokov, nessuno può dirsi pulito al di sopra di tutto. Lolita invece non ha voce, non ha un'immagine completa, non si percepisce la sua sofferenza (se non attraverso il suo nome, Dolores) poiché il punto focale è concentrato solo su di lui. quello che leggiamo di lei non è Lolita ma quello che lui vuole che sia: un'idea, una distopia, il suo capolavoro "morta e immortale" come il manoscritto.
    Un'altra cosa che vorrei far passare è che il termine "lolita" "ninfetta" ha per noi il significato di una ragazzina "sessualmente precoce", intrigante e maliziosa e questa è la definizione che ci fornisce il protagonista. Ma per Nabokov Lolita è la vittima di una società depravata e crudele ed è anomalo come oggi il pensiero del personaggio abbia avuto la meglio sullo scrittore.

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    1. Eh sì, i giochi di parole sono disseminati in tutto il romanzo, o quasi, per concretizzarsi in particolare nella parte, inquietante per Humbert, della ricerca dell'identità dell'uomo misterioso sulle loro tracce (non ho voluto rivelare i tanti passaggi del romanzo). In particolare è spiazzante il gioco dei nomi, anagrammi e boutade disseminati sui registri dei motel, che illusoriamente compongono un quadro-rompicapo che diventa la sua ossessione. Ho avuto la sensazione che Nabokov volesse depistare anche il lettore, in certo senso portarlo quasi verso una realtà "virtualizzata" dal gioco (come fosse precursore, oltretutto, di una specie di "matrix" molto contemporaneo). Ecco, più lo si commenta, più ci si rende conto della genialità di questo romanzo. Grazie per essere passata e aver lasciato questo commento prezioso, Michela.

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  5. Non ho letto il libro e non ho visto il film, non è capitato, non so se avrò voglia di leggerlo in futuro, però ammetto cara Luz che la tua recensione ancora una volta mi ha incuriosito, ho già letto due libri da te suggeriti 😀

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    1. Cara Giulia, puoi immaginare la mia soddisfazione quando le mie recensioni invogliano a fare quella esperienza di lettura. Ormai, fra i diversi libri che leggo (sto cercando di mantenermi sui quattro libri al mese, c'è davvero tanto da scoprire), ho scelto di recensire solo quelli che mi sento di suggerire. :)

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  6. Saranno quindici anni che ho questo romanzo in attesa che arrivi il suo momento è proprio il suo carattere controverso e forte mi continua a tenere lontana. Sono contenta di non averlo letto subito dopo averlo acquistato, perché di sicuro non lo avrei capito né accettato, ora chissà...

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    1. Per palati forti, che apprezzano l'ottima narrazione. Ma anche per il momento giusto. Non può essere apprezzato fino in fondo se non arriva il "suo" tempo. Romanzo maturo di un grande narratore. Lo apprezzeresti.

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  7. Ciao Luz, ti faccio tantissimi complimenti per questo post!
    Ho letto Lolita quando ero una trentenne e l'ho riletto anche pochi anni fa e devo riconoscere che l'ultima lettura mi ha coinvolto ancora di più, nel senso che mi ha permesso di apprezzarlo ancora di più sotto ogni profilo.
    Verissimo che è un romanzo per chi ha lo stomaco forte poiché Nabokov ti immerge nella mente malata del pedofilo e non ti risparmia nulla del suo cinismo e della sua follia.
    Per questo, oltre che perché è scritto benissimo (e non è mai pornografico), è un romanzo che va letto e riletto.

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    1. Grazie, Clementina, e bentornata da queste parti. :)
      Non mi stupisce che a una seconda lettura tu abbia potuto apprezzarlo maggiormente, probabilmente mi sarebbe accaduta la stessa cosa se lo avessi letto una ventina d'anni fa. Romanzo che a mio parere ogni buon lettore dovrebbe concedersi.

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  8. È da molti anni in lista, ma non mi decido a leggerlo, non so bene perché. Ho visto il film del 1997 con un superlativo Jeremy Irons, ma lì la figura di Lolita non mi dava proprio l'idea di una dodicenne ingenua, tutt'altro. Lo istiga, lo sfida, lo seduce oltre il suo comprendere, salvo poi venirne travolta. Quindi voglio leggere il romanzo per scoprire se la trasposizione cinematografica è fedele in questo, o se magari essendoci solo la voce di lui sta al lettore capire il non detto.

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    1. Infatti non lo è, Nabokov la costruisce perfettamente in sé e consapevole del proprio potere seduttivo. C'è chi parla di stupro riguardo a questo romanzo, ma il paradosso vuole che stupro non lo sia mai. Oltretutto Lolita e Humbert si rivedono più in là e lui è perfino colui che le porta giustizia.

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  9. Nabokov in effetti è una persona tranquilla, un marito fedele, e nemmeno avrà provato quelle attrazioni negative. Lolita è la critica all’ossessione per il sesso, al falso perbenismo moralista e altre derive del mondo americano. Lolita è un romanzo educativo, ironico e difficile anche dal punto di vista linguistico.

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