Lo scorso mese ho visto su Disney+ la miniserie Shogun, una produzione che vi consiglio di non perdere. Si tratta di una nuova trasposizione dal romanzo omonimo di James Clavell, pubblicato nel 1975, mai dimenticata e ancora oggi fra i migliori esempi di narrativa di genere.
Mi ricordavo vagamente lo sceneggiato tv del 1980, con Toshiro Mifune e Richard Chamberlain nei ruoli di Toranaga e John Blackthorne, ai tempi opera di successo premiata con agli Emmy Awards. Questa volta, dinanzi a un superlativo Hiroyuki Sanada nel ruolo del protagonista, assieme all'eccellente livello di sceneggiatura, regia, fotografia, scenografia, costumi, c'è da restarne incantati.
Del Giappone abbiamo una visione romantica, ma anche sfaccettata. A me vengono in mente i cartoni degli anni Ottanta, le geishe, i giardini zen, il futon, le bacchette, il sakè, le case con le porte scorrevoli fatte di carta, i manga, sushi e sashimi, il teatro No e il Monte Fuji, ma anche Hiroshima e Nagasaki, le città futuribili, la tecnologia avanzata, i prodotti d'eccellenza.
Quanto sappiamo del Giappone feudale? Poco o nulla. Abbiamo sentito probabilmente parlare di samurai, ma ci siamo fermati a una conoscenza limitata, legata a società guerriere, tutto lì.
Da bambina seguivo in tv una serie di storie realizzate con la tecnica delle ombre mista a cartone animato. Si trattava di una maniera artigianale di raccontare storie, diversa dall'enorme imperversare dei cartoni (oggi li chiamiamo anime) di robot e storie drammatiche. Raccontavano di un mondo lontano, essenzialmente rurale, legato alla tradizione fiabesca antica.
Ho trovato questa chicca del 1979:
All'epoca amavo visceralmente le storie strappalacrime più celebri e non disdegnavo neppure i robot, ma dinanzi a queste fiabe restavo incantata, come sotto ipnosi. Era un Giappone diverso dal clamore delle grandi storie, forse più genuino, che si riservava di mostrare di sé quel che altrove non era più pensato. Un po' come qui quando andiamo ad attingere al patrimonio dei Grimm o di Basile.
Torniamo al Giappone feudale. Com'era fatto?
Il Giappone feudale
Il feudalesimo giapponese dura diversi secoli: dal XII fino al XIX. Lo chiamiamo feudale e assomiglia al nostro feudalesimo: la società è gerarchizzata, piramidale, con al vertice un imperatore e un gradino sotto le più alte cariche fra generali dell'esercito e nobiltà. Il territorio (le sei isole di cui è composto il Giappone) era diviso in diverse contee, regioni comandate dagli shogun attraverso i propri vassalli, i daimyo, grandi proprietari terrieri con l'obbligo di fornire guerrieri ai reparti degli shogunati.
Col tempo una casta divenne sempre più importante, in particolare nel XIII secolo durante l'invasione dei Mongoli, quella dei samurai. Guerrieri speciali e di alto rango che prestavano giuramento di fedeltà al proprio signore in cambio di titoli e averi.
La casta dei samurai ebbe lunga vita, fino a quando furono talmente potenti da contrastare lo stesso esercito regolare dell'impero. Sconfitti, scomparvero solo nell'Ottocento.
Usi e costumi erano legati al rispetto assoluto delle cariche, all'accettazione del proprio stato sociale, alla pratica zen, che imponeva il distacco dalle passioni attraverso la meditazione.
Il sacrificio fisico di sé e la morte sono due costanti della tradizione feudale giapponese. La morte è anzi ritualizzata come onore concesso per eternare la fedeltà e glorificare la memoria dell'eroe.
Il folto popolo di nobili e generali accettava senza esitazione di darsi la morte, mediante il rituale del seppuku, per svariate ragioni. Una di queste è il disonore proprio o del proprio signore, la colpa ricade sull'individuo in virtù del legame di fedeltà, pertanto non c'è altra soluzione per redimersi.
Il seppuku era dunque obbligo, veniva praticato con il taglio del ventre, e nel caso in cui il coraggio fosse venuto meno, molti si facevano affiancare da un "assistente" che avrebbe provveduto al taglio della testa (!)
Nel corso dei secoli, il Giappone feudale vide il sorgere di diverse dinastie in lotta fra loro, com'era prevedibile, fino allo scontro in una guerra civile e all'anarchia. Nel 1603, emerse sulla Storia del Giappone, ponendo fine al Periodo Sengoku, un potente signore, Tokugawa Ieyasu, capostipite dello shogunato regnante fino al termine del feudalesimo nipponico, nel 1867.
Qui hanno un detto secondo il quale ogni uomo ha tre cuori. Uno sulla bocca, che fa conoscere al mondo. Uno nel petto, riservato ai suoi cari. E uno sepolto nel profondo, dove nessuno può trovarlo. Quello è un cuore che va tenuto nascosto se si vuole sopravvivere.
L'epico Shogun
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Lady Mariko (Anna Sawai) |
Il racconto è ambientato nel 1600, proprio al primo consolidarsi dell'era di Tokugawa, con lord Ioshii Toranaga impegnato a contrastare il Consiglio dei Reggenti, corte dell'imperatore, che lo vuole morto e dimenticato. I passi del nostro shogun incrociano quelli di un inglese, John Blackthorne, preso prigioniero dagli uomini di Toranaga, personaggio chiave nella guerra civile fra le due fazioni.
Un aspetto interessante della storia è il rapporto fra giapponesi, portoghesi, gesuiti e inglesi. L'epoca è quella della prima apertura dell'impero verso l'occidente per ragioni economiche e il Giappone è una terra ambita.
Nella figura della mediatrice Lady Mariko, che è cristiana e parla la lingua di Blackthorne, si sostanzia il crocevia di culture e la possibilità di un dialogo più vicino ai valori comuni, in un rapportarsi fra civiltà diverse molto difficile e troppo legato a strategie commerciali.
Blackthorne non è l'eroe che salva, diventa quasi solo uno strumento per entrare nel racconto attraverso gli occhi di un non appartenente al lontano mondo orientale e questo mi piace in modo particolare.
La storia di Clavell è ispirata a una vicenda realmente accaduta. Già sappiamo che Toranaga è lo stesso Tokugawa della dinastia omonima, dietro John Blackthorne si nasconde la figura dell'inglese William Adams, mentre Lady Mariko è l'omologa della vera Hosukawa Gracia.
William Adams, giunto in Oriente su una nave della Compagnia olandese, fu un consigliere di Tokugawa e mediatore nei nascenti rapporti commerciali fra il Giappone i paesi protestanti europei, contribuì insomma a sottrarre ai portoghesi il monopolio di quei commerci.
Dopo alcune battaglie contro la coalizione ordita dal Consiglio dei Reggenti ai danni dello shogun - in cui furono utilizzate molte armi occidentali portate proprio da Adams - Tokugawa insignì l'inglese della carica di hatamoto e gli concesse il permesso di indossare la katana, la spada sacra secondo tradizione.
William Adams non tornò più in patria, prese moglie (benché fosse già sposato) ed ebbe due figli; rimase in Giappone fino alla morte. La sua tomba si trova a Nagasaki.
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Un samurai - foto del XIX secolo |
Il ventaglio di Toranaga
Dinanzi a un John Blackthorne interpretato da Cosmo Jarvis, con quella espressione da pesce lesso che seguita a non convincermi, l'interpretazione di Hiroyuki Sanada è magistrale. A parte il fascino che questo artista ha da sempre, adesso, a 64 anni, ha raggiunto un livello interpretativo straordinario. Mi sono divertita ad ascoltarlo anche in lingua originale, benché il doppiaggio sia all'altezza, ed è stato emozionante. Se dovessi citare una scena per me indimenticabile, l'immagine che ho messo in testa a questo post ne è parte. Toranaga chiama a raccolta il proprio popolo contro la coalizione di corte pronta a muoversi in guerra contro di lui e non sfodera una spada, ma... il ventaglio.
Ci sono momenti in cui ti rendi conto di quanto si possa essere sovrastrutturati da un punto di vista culturale. Il ventaglio, che nel nostro mondo occidentale è oggetto di seduzione, femminile, o banalmente un oggetto cui si ricorre per il caldo, nel Giappone feudale è uno strumento non solo di comunicazione del comandante verso i propri soldati, ma anche da combattimento.
Si tratta del dansen uchiwa, realizzato in legno e ferro, portato solo dagli alti comandi. Esisteva anche un ventaglio da lotta, il tessen, destinato a un combattimento specifico, il tessenjutsu. Le cronache riferiscono di duelli vinti a colpi di ventaglio, perfino contro lance e spade.
Insomma, uno di quei casi in cui un oggetto apparentemente fuori contesto diventa, in mano a un uomo, un potente strumento di forza e fascino.
Una cultura come quella giapponese, in questi aspetti meno noti, meno popolari, mi piace proprio perché mi appare nuova, talmente diversa dalle consuetudini della mia cultura da essere attraente in modo particolare.
Lo scorso settembre Shogun ha fatto incetta di premi agli Emmy Awards, gli Oscar delle produzioni televisive, portandosi via 18 statuette, fra cui Migliore serie drammatica, Attore protagonista (non poteva essere altrimenti), Attrice protagonista (Anna Sawai), oltre a Sceneggiatura, Costumi, Trucco, Scenografia, Montaggio e tanto altro.
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Hiroyuki Sanada agli Emmy Awards 2024 |
Se dico Giappone, cosa vi viene in mente? Vi piace questa epopea?
Non ho visto la serie non essendo abbonato a disney channel, però a sua tempo avevo visto il film che citi nel post. Dopo avere letto moltissimi libri e articoli sulla storia del Giappone, mi sento di dire che il romanzo e il film (sulla serie non mi esprimo non avendola vista) hanno una visione "hollywoodiana", piuttosto che di realtà storica. Certo, non siamo ai livelli del "Gladiatore" (non il sequel che deve essere anche peggio, mi riferisco al capostipite) però lo vedo più come una spettacolarizzazione.
RispondiEliminaLa parola Giappone cosa mi fa venire in mente? La risposta sarebbe lunga, parte dal momento in cui l'interesse per questa nazione e la sua cultura tradizionale e sub-cultura pop mi hanno in qualche modo stregato, forse persino salvato dal presente in cui vivevo (lo so che detto così è piuttosto vago, ma preferisco lasciare un alone di mistero ;-)
Ecco, la differenza con quella prima trasposizione del romanzo è tutta lì. Quella fu un prodotto occidentale, questo lo è ma con la supervisione dello stesso attore e produttore Sanada. Il prodotto è accurato, molto fedele al romanzo ma anche con un occhio particolare sui riferimenti storici tutti, eventi, costumi, usi, ecc. Insomma, da appassionato quale sei, Ariano, prima o poi trova modo di recuperarlo. :)
EliminaIl Giappone e la sua storia sono per me argomenti di grande fascino e approfondimento. Amo Yukio Mishima e Kawabata scoperti dopo il mio primo (e unico) viaggio in Giappone, che ha cambiato completamente il mio modo di vedere e conoscere il paese attraverso i suoi libri e la sua storia. Il seppuko, che nel parlato giapponese equivale al più noto Hara-Kyrkiri, ovvero squarciare il ventre con la spada, atto di suicidio volontario per aver agito in difformità dalle rigide regole formali e sostanziali che l'antica civiltà giapponese ha sempre imposto, fino ai giorni nostri. Del "feudalesimo" giapponese e delle sue molteplici e potentissime famiglie, o caste, molto interessante è anche la storia dei Ronin, i Samurai caduti in disgrazia e senza padrone. Di fatto mercenari di strada, ultimo epilogo di una straordinaria e immensa cultura che è impossibile raccontare in un solo commento. Non ho Disney + purtroppo. Correrei subito a vederlo.
RispondiEliminaMa la prima cosa che mi viene in mente del Giappone sono i giapponesi: incapaci di indicare con nettezza una soluzione tra più alternative, essi viaggiano a piedi in città affollate con le mascherine (molto prima della pandemia) e se sternutiscono in pubblico sono biasimati dai più. E' strano, con tutto ciò che ho visto, letto e amato, queste sono le prime cose che mi vengono in mente
Fra i miei desideri di viaggio c'è anche il Giappone. Un viaggio che mi spaventa un po' con tutte quelle ore di volo, ma se dovesse concretizzarsene la possibilità, non voglio lasciarmi fermare da queste ansie. Nello scrivere il post anche a me venivano in mente diversi scenari riguardante questo mondo. Impossibile non farsene affascinare, c'è qualcosa di irrefutabile. Un po' meno mi attrae la letteratura giapponese, pur avendo letto alcuni libri di Murakami e uno di Mishima. Ecco, la trovo gradevole ma non travolgente, certo più attraente di diversi libri che ho letto quest'anno a voler fare bilanci.
EliminaIl Giappone evoca in me visioni varie e contrastasti, la mia infanzia o adolescenza con i cartoni di Ufo Robot di cui ero appassionata, era il 1977 o 78 e frequentavo le scuole medie, ricordo che cercavo di essere a casa in tempo per vedere la puntata che trasmettevano intorno alle sette di sera, mi piaceva un sacco anche se non ricordo molto della trama.
RispondiEliminaPoi all’università dovevo fare l’esame di Organizzazione aziendale, un esame fondamentale con un professore molto esigente che pretendeva la frequenza con raccolta di firme e una tesina su un argomento specifico in aggiunta al programma, al nostro gruppo assegnò come argomento La società giapponese (devo averne parlato in un post credo). La mia visione del Giappone è molto legata a quella tesina, il prof ci indicò alcuni libri da leggere che descrivevano l’organizzazione del lavoro in Giappone come un sistema perfetto ed efficiente, il lavoro pervadeva ogni aspetto della vita dei giapponesi e, a noi, ragazzi degli anni ottanta senza ancora nessuna esperienza lavorativa, sembrò subito un sistema alienante, un po’ quello che accade oggi nel mondo del lavoro post 2000. Tutto sommato resta una terra che mi piacerebbe visitare per farmi un’idea mia, chissà se accadrà mai.
A proposito di film, che mi colpì molto fu L’ultimo samurai con Tom Cruise, molto bello, non so se aderente alla realtà ma raccontava della società antica giapponese.
Insomma qualcosa in cui ti sei imbattuta spesso e anche in maniera specifica. Devo recuperare, se non l'ho letto, il tuo articolo sul Giappone, perché al momento mi sfugge. Sì, una delle caratteristiche di questa terra lontana e affascinante è proprio lo stakanovismo. Pare sia una una prerogativa anzi molto "giapponese" al punto da provocare delle criticità. Il sistema è efficiente, ma la ricaduta sociale in termini di stress è davvero allarmante.
EliminaEcco il link del mio post, è del 2020 https://liberamentegiulia.blogspot.com/2020/06/la-societa-giapponese.html
EliminaMi aspettavo di più, ma comunque estremamente affascinante, con un attore in stato di grazia che molto da alla miniserie.
RispondiEliminaIo, visto il livello medio/mediocre della maggior parte delle serie tv, non mi aspettavo nulla di più. Ho ravvisato un certo "impegno", oggi sempre più latitante a favore di trucchetti digitali e interpreti solo bellocci senza vera arte.
EliminaSe mi dici Giappone, tante cose mi vengono in mente. Non solo i cartoni animati anni '80 della mia infanzia, ma anche fumetti e manga collezionati dopo, lungometraggi animati d'autore (Hayao Miyazaki e Studio Ghibli su tutti, il mio preferito Il castello errante di Howl), una cultura profondamente diversa dalla nostra, estremamente organizzata, quasi all'esasperazione, ma ahimè anche un po' chiusa, bloccata nei sentimenti (pare ci sia la crisi delle relazioni, con crisi di matrimoni/convivenze e di natalità). E' il Giappone del maestoso monte Fuji e dei ciliegi in fiore, ma anche quello di Fukushima e della devastazione ambientale. Ho un paio di amici che agognano trasferirsi laggiù, convinti che sia il paese migliore del mondo, e che mi condividono sempre le loro fotografie di viaggio.
RispondiEliminaDell'epopea feudale, ho sprazzi di ricordi di Richard Chamberlain col kimono, forse l'ho visto quel sceneggiato, ma ero troppo piccola. Così come ricordavo quella tecnica particolare con le ombre, caspita. Poi i vari film come L'ultimo samurai o 47 Ronin, dove c'è sempre Hiroyuki Sanada. L'ultimo lungometraggio animato che mi viene in mente per l'epoca feudale giapponese, con tecnica in stop-motion, è Kubo e la spada magica (Kubo and the Two Strings). Un po' fantasy, un po' magico, ma bellissimo, poetico. Non so perché non abbia avuto più successo al botteghino, forse non è stato capito...
Devo ancora leggere il romanzo... Aah, too many books, too little time. Prima, in tutta onestà, vorrei leggere qualcosa sul periodo Tokugawa, tra politica, società e cultura, perché credo mi farebbe apprezzare maggiormente l'opera di Clavell.
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