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Un giovane Philip Roth nel suo studio |
MARINA Sono mattonelle di ricotta al profumo di limone. Per me è il terzo Roth: ho letto anche Indignazione, una storia più breve, ma dal contenuto non meno potente. Ormai l’ho capito: qualunque cosa racconti Philip Roth, il pugno arriva sempre dritto, e ben assestato, allo stomaco. Ecco, dopo aver letto “La macchia umana” mi sento di nuovo stordita, come quando sono arrivata all’ultima pagina di Pastorale americana. Ho trovato qualcosa che accomuna i due romanzi, che non è tanto il ritorno di quel Nathan Zuckerman, narratore, presente in altre storie di Roth (del resto siamo in mezzo alla “trilogia americana”: la completerò leggendo anche Ho sposato una comunista), bensì il richiamo a una stessa struttura, a un analogo schema. Ma aspetta, forse sarebbe meglio partire dalla trama, per coinvolgere i nostri ospiti nella discussione. Ti andrebbe di raccontarla brevemente?