IA: ormai un acronimo celebre, una realtà con la quale tutti facciamo i conti, da cui non si può sfuggire. Un argomento che non mi è particolarmente simpatico, ma in quanto insegnante devo affrontare, perché l'IA sta entrando in maniera prepotente anche nella scuola e per vie tutte diverse.
Ho dedicato al mio mestiere di insegnante molti post in questo decennio, li trovate nella rubrica scuola. A ripercorrerli, direi che in gran parte mi sono rivelata una professoressa molto vicina ai ragazzi, aperta, impegnata, informata, ma anche legata a metodi che oggi potremmo definire obsoleti.
Non tradisco la mia idea di base: aborro l'uso del tablet nelle scuole e in generale l'uso massivo di tecnologie. Sono una prof sui generis. Centellino l'uso della smartboard, non è mai parte integrante delle mie lezioni. Cerco di porre i ragazzi dinanzi agli schermi solo per fare ricerche al pomeriggio, ma esigo che le ricopino a mano sui quaderni della disciplina.
Ritaglio nel mio orario un'ora di lettura silenziosa del "libro del mese". Al termine della lettura scrivono una scheda, a mano, riassumono ma devono anche commentare, esprimere un parere.
Insegno tre materie: Italiano, Storia, geografia. Per tutte devono possedere un quaderno di lavoro sul quale esigo si scriva in corsivo. Eh, altra piaga: molti sono ancorati allo stampatello, come se non avessero fatto altro negli anni della scuola primaria. Se non ci sono esigenze particolari (dsa esentati dall'uso del corsivo come da piano didattico personalizzato), pretendo il corsivo.
Sciocchezze vecchie come il mondo? Non me ne importa un fico delle critiche, questi giovanissimi hanno bisogno di conservare o almeno di sviluppare in forma basica una competenza fondamentale: la scrittura manuale, l'impugnare una penna e scrivere un tratto sul quaderno.
Esigo la compilazione di quaderni e la loro conservazione con fare certosino, fa parte integrante della valutazione. Purtroppo non è un metodo di molti insegnanti, anzi si sta perdendo, ma io navigo in direzione ostinata e contraria. Chi capita con me questo deve fare.
Scegliere questo modo di insegnare e fare i conti con l'IA è una contraddizione in termini. Anzi, voglio essere flessibile, sembrerebbe. Meglio il condizionale. Voglio pensare che ci sia un punto in cui sia possibile conciliare questo modo e quello, un punto in cui quello faccia da supporto. Ma come?
Fare come le tre scimmiette dinanzi all'IA non è possibile, anzi è diventato pericoloso, in particolare per genitori e docenti, ossia per tutti gli educatori. Storcere il naso e fingere che non esista è dannoso per i nostri ragazzi, perché sono la generazione che sempre più si vedrà a contatto con questa tecnologia "generativa" e abbiamo il sacrosanto dovere di educarli a maneggiarla.
Devo dunque pormi un problema come insegnante ed educatrice.
Parto dal presupposto di volermi porre a metà strada fra tecnofobici e tecnoentusiasti, devo solo comprendere come. Intanto ho fatto negli ultimi giorni un piccolo passo.
Mi sono imbattuta in un opuscolo in sala prof che affronta proprio questo argomento, partendo da tre domande:
- In cosa l'essere umano si distingue dall'IA?
- In cosa l'IA si distingue dall'essere umano?
- Come possiamo tradurre dal punto di vista educativo a scuola tutte le problematiche sollevate dall'IA?
Cogito ergo sum
La prima domanda genera in noi una risposta rassicurante. L'IA è capace come noi umani di parlare, ragionare e creare. Bene, ma ciò che resta nostra prerogativa è la capacità di originare significati da cui dipendono le reazioni umane, come la fondamentale capacità di scelta morale.
Vediamo meglio. La risposta ha a che fare con il principio cartesiano notissimo cogito ergo sum (penso, dunque sono): se partiamo dal fatto che l'IA sappia perfettamente usare le parole per esempio per scrivere una lettera d'amore o la sceneggiatura di un film, altrettanto vero è che la sua operazione è vuota di senso, perché mancante dell'esperienza vissuta del significato che noi umani diamo agli eventi da cui si genera una nostra reazione emotiva e la capacità di prendere decisioni e abbracciare una impronta morale.
In sostanza, il significato non è simulabile, l'IA non lo può vivere, non se lo può dare.
Ai nostri alunni possiamo dire: ok, l'IA ha svolto bene questo compito, ma in base a cosa? L'algoritmo le ha permesso di costruire alla perfezione una risposta ma non "in base a", non può attingere a un vissuto o un bagaglio di esperienze, un criterio che resta prerogativa solo umana.
La seconda domanda si focalizza sulla macchina, sull'IA. Parte dalla constatazione che l'IA sia a tutti gli effetti lo stadio ultimo e più avanzato di quella ricerca dell'uomo di piegare la realtà ai propri fini, rielaborare la natura, creare nuovi mondi. L'IA, benché percepita come realtà fuori da noi e in sé realtà in noi umani, creata e programmata dall'uomo, un essere iper-creatore.
L'IA è una macchina e come tutte le macchine create dall'uomo da secoli è uno strumento. Anzi, un iper-strumento. In genere, lo strumento è un mezzo per l'uomo, serve a potenziare le sue abilità, e nell'utilizzarlo l'uomo compie un atto creativo. L'IA è uno strumento diverso, una volta attivato può proseguire da solo, è autonomo. L'IA è lo strumento fra tutti, non potenzia un'attività umana come può averlo fatto l'arco e la freccia (ritenuto il primo strumento della storia dell'umanità), ma potenzia la mente stessa, è un mezzo che ne crea altri. Non si può negare che il computer abbia fatto realizzare all'umanità il salto di progresso più significativo di tutti.
L'IA è quello strumento iper-mente che potenzia l'elaborazione di informazioni combinando segni e codici. Il lavoro dell'uomo deve concentrarsi sugli obiettivi da dare a questa super-macchina. Nell'ambito educativo, bisognerà concentrarsi sulle riflessioni riguardanti il prima e il dopo il ricorso alla elaborazione artificiale, su cosa far fare alla macchina e cosa no.
Erlebnis
Veniamo al terzo quesito, quello più interessante per la scuola.
Da quanto leggo sull'opuscolo è evidente che ormai il mestiere di insegnante deve sperimentare nuove direzioni e per questo costringerà a porsi dinanzi alla classe con nuove competenze. Non solo sarà sempre più necessario essere al passo col dibattito contemporaneo, ma bisognerà affinare sempre più competenze di assertività e comunicazione. Insomma, prerogative che un buon insegnante deve possedere a prescindere dovranno essere potenziate in funzione di.
Non possiamo sfuggire all'era dell'ipertecnologia, è un fatto. Si può continuare a esigere che compilino quaderni per lavorare alle loro abilità di base ma allo stesso tempo si dovrà spingere sul dibattito "umanistico", farli ragionare sull'esperienza, sulle relazioni umane, sul loro potenziale di umani creatori di significati e generatori di un'etica. Perché è un fatto anche che i ragazzi abbiano bisogno di questa "umanizzazione della didattica".
C'è un termine mutuato dalla filosofia tedesca delle scienze umane di primo Novecento: Erlebnis, che in italiano possiamo rendere con "esperienza vissuta". In termini pratici, noi insegnanti continueremo a essere trasmettitori di contenuti, ma sempre più dovremo lavorare per attivare le loro menti, anche e forse soprattutto attorno alla morale in rapporto all'IA.
Perché alla fin fine, il problema vero riguarda proprio l'etica, la dimensione morale. Stabilire dei limiti alle illimitate potenzialità dell'IA mediante un atto posto da noi, ben consapevoli che stabilendo quel limite salvaguarderemo l'umano in sé.
Educare a scuola per riflettere su scenari futuri
Per quanto ci possa affascinare la nuova frontiera dell'IA, abbiamo a che fare con uno strumento estremamente potente e dunque potenzialmente pericoloso. Non sono teorie.
Si pensi al suo utilizzo in ambiti di vario genere, eccone tre esempi.
Un'azienda che utilizza l'IA per selezionare personale. A monte ci saranno programmatori in carne e ossa che tarano la macchina per renderla più efficace possibile. Se in questa operazione chi lavora è immerso in bias cognitivi - ne ho scritto qui - il reclutamento finirà incastrato in discriminazioni di vario tipo, cosa dannosissima anche da un punto di vista etico.
Uso dell'IA per diagnosi mediche. L'errore diagnostico della macchina è un rischio concreto, perché se pure si riducono i tempi, la macchina potrebbe incorrere in errori fatali per il paziente. Educare dunque i giovani a ragionare sulla scelta di affidare o meno un compito simile all'IA e lavorare invece sul mediare fra tecnologia e responsabilità verso il paziente.
Uso dell'IA per creare contenuti accattivanti sui social. Possibile ma assai rischioso quando si tratta di generare informazioni che possono essere state manipolate a monte e quindi provocare disinformazione. Educare quindi alla responsabilità etica riguardo alla diffusione di informazioni.
La scuola, pertanto, deve sempre più diventare il luogo dove è possibile formare futuri cittadini all'uso dell'IA (ormai inevitabile) con discernimento, col saperla orientare verso il bene comune, e con l'intento di proteggere la propria unicità e irripetibilità dinanzi alla macchina.
Un argomento come l'IA a scuola non può essere esaurito da questo post, perché è vasto quanto complesso. Sono del tutto convinta che l'insegnamento stia progredendo (speriamo non regredendo) verso nuove forme e che la scuola stia attraversando un cambiamento ormai irreversibile.
Il nostro dovere di insegnanti è farci trovare pronti, renderci questi temi familiari, saperli maneggiare e utilizzare a fini costruttivi, senza demonizzarli, quanto piuttosto cercando di comprenderli. E per farlo bisognerà navigare a vista, aprirci a nuovi scenari senza perdere il senso ultimo del nostro mestiere.
Leggerò volentieri un vostro parere su questi temi controversi e ormai inevitabili.
Bella la tua analisi, che fa riflettere. Mi piace questo tuo modo di insegnare “all’antica” – diciamo così - senza disdegnare la tecnologia, entrata prepotentemente nella vita delle persone e nelle scuole, tecnologia che dovrebbe essere uno strumento nelle mani dell’uomo e non il suo contrario. Purtroppo non mi sembra che le cose stiano andando nella giusta direzione. Mia moglie, che è andata in pensione l’altr’anno, faceva il tuo stesso mestiere: insegnava Italiano in un istituto tecnico superiore. E mi capitava, a volte, di dare un’occhiata ai compiti che svolgevano i suoi alunni, così tanto per carpire, in qualche maniera, il loro mondo, le loro aspirazioni. Devo dire che l’impressione che ne ricavavo non era per nulla confortante. I ragazzi apparivano confusi nelle loro idee, incerti, poco motivati, legati strettamente agli strumenti digitali. Non parliamo poi del loro italiano scritto: un disastro, una vera regressione linguistica veicolata – ahimè! - dai social che tendono ad inculcare non tanto un pensiero compiuto, quanto un modo di scrivere abbreviato e compresso, rimuovendo elementi grammaticali e sintattici. La scuola non deve promuovere la tecnologia: non è il suo compito primario, anche perché certi mezzi informatici i ragazzi li conoscono e li sanno usare meglio dei professori. Quindi la lavagna con il gesso, per quello che deve insegnare la scuola, è più adatta di quella digitale. Bisogna ripartire dall’educazione civica, bisogna educare i ragazzi al sentimento – come va predicando Umberto Galimberti – per evitare “l’analfabetismo emotivo”, perché la base emotiva è fondamentale per poter distinguere ciò che è bene da ciò che è male. Il linguaggio umano si è impoverito in questi ultimi tempi e l’intelligenza artificiale lo affosserà. Perciò più libri di filosofia nelle scuole, e meno cellulari, meno tablet, meno lavagne elettroniche.
RispondiEliminaGrazie, Pino. Sì, è come scrivi. Il problema della composizione scritta è uno dei grandi scogli del percorso di apprendimento degli studenti oggi. Se ci guardiamo indietro, difficile ricordare che ai nostri tempi avesse rilevanza il "saper scrivere", o perlomeno non ci fecero mai capire che scrivere è un'arte e va appresa ed esercitata con sacrificio e impegno. All'epoca avemmo la fortuna di non essere troppo "distratti", di non vivere in un mondo ossessionato dalla velocità. Un esempio praticissimo: se provi oggi a proporre in classe un film come L'attimo fuggente, praticamente li distruggi. Per la lentezza, per il tema non troppo attraente per questa generazione (sfidare le regole? Pfui!) e tanto altro. Avendo perso la lentezza e vivendo in un'era del tutto immersa nel bombardamento di immagini e in una preoccupante decadenza di valori, questi ragazzi sfuggono a un percorso lineare. Non solo alle superiori non sanno scrivere, ma neppure all'università. Una mia collega che è anche docente in una piccola università privata mi fa leggere le email che riceve dai suoi studenti. Il periodo è azzerato, sciatto. Lo studio superficiale. Di quanta parte di questi giovani ci si potrà fidare in mestieri come il medico, l'avvocato, lo stesso insegnante? Sì, insegnare oggi significa essere vocati a ben altro rispetto a venti/trent'anni fa.
EliminaBisogna insegnare ai giovani ad essere sé stessi. Ad essere sempre originali e spontanei ed anche a sbagliare con la propria testa. Si dice che l'IA possa esser utile per tante cose. Basta che non diventi mai una sostituta dell''intelligenza e della creatività umana. Che non venga utilizzata per farci sembrare migliori di quel che siamo. Questa, appunto, è una questione profondamente morale.
RispondiEliminaLo studio di questo opuscolo a spazzato in me ogni dubbio: saper approcciare l'IA è in effetti un problema morale. Va oltre l'aspetto puramente pratico perché tocca non solo temi come "essere un facilitatore", ma l'esercizio della propria capacità di applicare l'esperienza al suo uso, quindi a generare altra esperienza che sia edificante. Un bel problema far capire ai ragazzi questo aspetto.
EliminaSoffermarsi anche solo alla prima parola in apertura al post:educare.
RispondiEliminaL'etimologia stessa della parola "educare" ha un senso di etica ,morale già di base.Educare dal latino educere - trarre fuori - tirar fuori ciò che sta dentro.
Ed è l'errore più grave se venisse completamente soppresso ciò che sta dentro a questi giovani ragazzi , introducendo altro senza capacità /possibilità di saper estrarre .
Nel suo post leggevo con molta attenzione i tre quesiti.
"In cosa l'essere umano si distingue dall'IA?
In cosa l'IA si distingue dall'essere umano?
Magari con la dovuta consapevolezza di un buon "distinguo" nelle due domande riusciremo a trovare un terreno spianato ,per una risposta più attendibile al terzo quesito
Dal mio le scrivo che bisognerebbe guardare in avanti e a tutti i progressi che vogliamo ad un unica condizione ,mai tagliare i ponti con il passato ,le nostre origini o radici se vogliamo, dovremmo cercare le risposte nell' "etimologia" di noi stessi ...come nella parola "educare" .
Ve ne fossero più insegnanti con i suoi stessi principi:)...ma alla scuola non bisogna delegare l'unico compito educativo, è un lavoro di squadra.
Buona serata
Tocchi un aspetto fondamentale, ti ringrazio. Il passato ha una valenza formativa essenziale. Il problema oggi è sperimentare nuove strade per renderlo più vicino ai ragazzi. Il passato, la Storia, sono aspetti fondamentali dell'uomo, ma non possiamo più trasmetterne i contenuti come un tempo, oggi un insegnante assertivo è il solo che possa ritagliarsi una possibilità. Ed è altrettanto vero che ci voglia un lavoro di squadra. Uno dei grandi snodi della scuola italiana.
EliminaSai che il tuo articolo potrebbe essere stato scritto dall'I.A.? Nel senso che chiarisce effetti e condizioni perfettamente chiari all'I.A. La quale - e lo affermo utilizzando il mio pensiero critico - sa benissimo quali sono i suoi limiti, ma può statisticare, in relazione ad un evento o un decisione da prendere, tutto lo scibile utilizzato in prima persona dall'uomo fino ad allora, e metterlo davanti a sliding doors che sa esattamente dove andranno a parare. Così in medicina, in politica, nell'insegnamento. Fa il lavoro di analisi che tanto ci ottunde il cervello e spiana la strada alla soluzione migliore in base a tutti gli errori commessi in precedenza.
RispondiEliminaLa decisone rimarrà nostra, comunque. Ma non agiremo più al buio. Io lo trovo un vantaggio enorme se gestito saggiamente. Ma anche in questo possiamo essere coadiuvati. Ne sono convinto, nonostante le paure e i tentennamenti. L'algoritmo sa benissimo che non ha un vissuto di esperienza, ma, a differenza di noi, neanche gli serve, attinge al nostro, lo guarda da ogni angolazione, suggerendo un sentiero diverso. Non poniamoci male verso una soluzione, in fondo umana. Non dimentichiamolo. L'I.A. l'abbiamo creata noi.
Concordo, infatti voglio smettere di utilizzare un giudizio tranchant, come ho cercato di spiegare nel post. L'IA è o potenzialmente è un ottimo strumento, ma non di conoscenza. Ecco, per ora se dovessi trovarvi un difetto è proprio questo. In fondo, perché l'uomo ne è attratto? Per la sua umanizzazione? Perché è un facilitatore di percorsi? Per mera curiosità? Ma noi siamo noi, i ragazzi che vivono un percorso didattico sono altro. Il problema con loro è proprio di natura etica. Il suo utilizzo sottende un'azione umana sempre, la sua applicazione in un futuro deve poter tener conto dell'umano. Pertanto formare i ragazzi a coglierne il senso utilizzandone le potenzialità senza dimenticarne i limiti (quegli aspetti che possono danneggiare l'umano) è il compito oggi di ogni docente. Mi rendo conto che, per farlo, bisogna saperne di più. Ho partecipato a un corso di formazione per docenti - lo scorso anno - in cui il nostro formatore ne diceva bene e buona parte degli ascoltatori ha levato scudi. Non mi piace. Non può ridursi tutto a questo. Bisogna conoscere questo fenomeno e capirlo, solo così possiamo ritenerlo in tutto e per tutto una macchina a servizio dell'uomo che generi risultati rispettosi di un'etica.
Eliminacredo sia un compito davvero impegnativo per un insegnante quello di instradare i ragazzi a un corretto uso della tecnologia, compito a cui non potete sottrarvi perchè loro, i ragazzi, già la utilizzano in modo "selvaggio". Forse tu rispetto ad altri sei avvantaggiata, vantaggio che ti sei costruita da sola, avendo impostato con i tuoi studenti un rapporto abbastanza franco, fatto di regole e collaborazione. alla base di un qualunque risultato c'è la credibilità di chi impartisce consigli e direttive: uno si può essere aggiornato sulla tecnologia, aver studiato l'I.A. in ogni suo aspetto, ma se non ha un ascendente sugli studenti risulterà patetico nella sua modernità e sarà inascoltato. Personalmente, da profano, più che sull'etica, concetto assai difficile da trasmettere, punterei sui risvolti pratici dell'uso indiscriminato di questo strumento: far capire per esempio che un tema svolto dalla I.A., accanto al vantaggio immediato (e al rischio concreto di essere beccati) ha il limite di non rappresentare le emozioni e le esperienze di quel singolo alunno, ogni ragazzo diverrebbe anonimo, spersonalizzato, e credo che i tuoi allievi ci tengano a essere riconosciuti come singoli, precisi, individui.
RispondiEliminamassimolegnani
La parola "credibilità" oggi è quanto mai importante se pensata per un docente. È proprio quello il punto. Se si è credibili, tendenzialmente si genera una relazione positiva fra docente e ragazzi (sia chiaro, è una cosa difficilissima e non sempre resta una costante, è qualcosa che devi sorvegliare continuamente) e oggi il discorso sull'IA, il prendere in considerazione la tendenza sempre più diffusa al suo uso, è un tema che dobbiamo saper toccare. La furbata del tema costruito con l'IA è un classico, ormai un rischio. Allora faccio scrivere in classe. Devono dedicarsi alla composizione in classe come laboratorio di scrittura (da qualche settimana mi occupo anche di un laboratorio di "calligrafia" e ti ho detto tutto), ma soprattutto devono capire che scrivere non è una pratica tendente all'obiettivo del voto, piuttosto una pratica essenziale alla loro identità. Insomma, ci vuole meno scuola e più paideia. Forse in fondo è così. :)
Elimina"La scuola, pertanto, deve sempre più diventare il luogo dove è possibile formare futuri cittadini all'uso dell'IA (ormai inevitabile) con discernimento, col saperla orientare verso il bene comune, e con l'intento di proteggere la propria unicità e irripetibilità dinanzi alla macchina. "
RispondiEliminaE se l'insegnamento stesso fosse affidato totalmente all'IA? Questa inquietante prospettiva è l'unico aspetto non analizzato nel tuo (ottimo) articolo. Non è poi un'ipotesi così peregrina, se ci pensi: l'IA ha un costo che potrebbe essere ammortizzato in pochi anni, dato che non si ammala, non ha bisogno di ferie o riposo, non farà mai rivendicazioni sindacali... insomma, è il dipendente perfetto. Inoltre non contesterà mai i programmi ufficiali filtrandoli con il suo occhio, inducendo gli studenti a sviluppare il proprio senso critico, ecc.
Se la cosa ti sembra impossibile, sappi che negli States è già realtà (vedi ad esempio l'Unbound Academy in Arizona --> https://www.youtube.com/watch?v=GMmw3jJKwz8). Conosco un esperto del settore e secondo lui uno dei possibili sviluppi in Italia (ma non solo) sarebbe quello di abbattere i costi della pubblica amministrazione prevedendo percorsi di studi totalmente digitali, dove la lezione in presenza sarebbe sostituita da materiale prodotto dalla IA, riducendo significativamente il numero di insegnanti o eliminandoli del tutto; la scuola diciamo così di qualità, con insegnanti in carne e ossa, resterebbe appannaggio dei più abbienti (quelli che, guardacaso, sono destinati al comando e alle posizioni di potere), per tutti gli altri l'unica opzione sarebbe quella descritta. Per questo ho detto a mia nipote, che studia per diventare insegnante, di valutare di cercare lavoro in una scuola privata dove, almeno, vige la meritocrazia, e non rischierebbe di perdere il lavoro nel giro di pochi anni solo perché è l'ultima arrivata. Anche se ovviamente prego e spero che questo scenario distopico non prenda mai piede.
No no, non mi sarebbe parso impossibile. Proprio oggi guardavo un video informativo sul rischio per il doppiaggio di essere sostituito dall'IA. Pensa lo scempio. La vigliaccata è che se stanno elaborando voci per abbattere i costi del doppiaggio (e ci sarebbe da eliminare quel "se"), queste sono costruite proprio sui doppiatori e a loro insaputa. È spaventoso questo come ogni altro utilizzo che miri alla sostituzione totale dell'uomo. Dieci anni fa sarebbero parsi scenari da sci-fi, oggi invece sono realtà. Perfino Musk anni fa, quando ancora non era del tutto contaminato dai suoi deliri, parlò dei rischi legati all'utilizzo indiscriminato dell'IA.
EliminaVa da sé che non sia difficile immaginare una realtà aumentata perfino come sostituto dell'insegnante in carne e ossa. L'abbattimento dei costi di produzione e di mantenimento oggi è tutto in questo mondo globalizzato. Però poi quell'insegnante non sarebbe affatto uguale al suo omologo in carne e ossa, perché sarebbe un trasmettitore di contenuti, un controllore di verifiche, ma non avrebbe nulla di quanto ho scritto nel post: "esperienza vissuta del significato". Per non dire dell'aspetto puramente educativo, etico. Una macchina tenderebbe a processare una serie infinita di comportamenti e ad avere una risposta per ciascuno, ma gli umani, per fortuna, sono esseri troppo complessi per poter creare ogni volta una risposta perfetta. Insomma, sì, ma non credo sia un rischio vero e proprio un'applicazione come questa, l'umano ha bisogno dell'umano.
Interessantissimo post, complimenti (ma raramente su questo blog ho letto articoli meno che interessanti). Articolo che mi ha ricordato con dolore quanto io sia diventato incapace a scrivere in corsivo. Già la penna ormai non la uso più, dal momento che scrivo solo su PC e smartphone, ma quelle poche volte che per qualche motivo sono costretto a farvi ricorso mi viene naturale lo stampatello, col corsivo ho molte difficoltà. E la cosa ovviamente mi dispiace.
RispondiEliminaCuriosità mia: perché nel post hai scritto Italiano e Storia con le iniziali maiuscole e geografia con la "g" minuscola? Svista? Oppure la ritieni meno importante rispetto alle altre due?
Ciao Luz :-)
Grazie, Andrea, troppo buono. Sono sempre felice quando un articolo genera interesse in chi legge e può spingere a una riflessione. Anche tu fatichi a scrivere in corsivo? Oh no. Bisogna riconquistare la nostra capacità di scrivere "a penna". Pensa che ultimamente sto compilando un quaderno (bisogna avere pure una buona penna altrimenti non si scrive in bella grafia) con pensieri, riflessioni, propositi.
EliminaRiguardo a quelle maiuscole... molto semplice (wow, che occhio!). Magari non è neppure del tutto corretto, ma preferisco sempre così. Italiano e Storia sono parole che possono significare altro quando non intendono discipline scolastiche, mentre geografia è sempre geografia. :)
L'importante è far capire che non può prendere il posto del cervello. Deve essere un aiuto, allo stesso modo in cui una calcolatrice è un aiuto per fare i conti, però deve essere l'utilizzatore umano a impostare i dati per il tipo di elaborazione matematica che si vuole fare.
RispondiEliminaRiguardo l'uso in sostituzione della parte destra del cervello, ovvero AI usate per scrivere libri, sceneggiature, creare immagini artistiche, etc. purtroppo mi pare che già adesso certe fiction vengono scritte con una metodologia preimpostata e sanno di falso e di artificioso. Spero che il confronto con le AI stimoli i giovani a capire che in una narrazione o pittura o altra forma espressiva a volte il vero colpo di genio è seguire l'illogico anziché il ragionato a tavolino.
Sì, il pericolo è proprio anche sul fronte creativo. Il cinema, le fiction televisive, sempre meno saranno costruiti da impronta umana. Perfino narrazioni in libri. Solo i classici ci potranno salvare. E anche le illustrazioni. Che poi che brutte quelle costruite con l'IA. Non è difficile sgamarle. Quella perfezione ha qualcosa di osceno.
EliminaArgomento interessante, anche perché siamo agli albori della questione e chissà quali scenari futuri si apriranno.
RispondiEliminaMi concentro però sulla prima parte del tuo post, quella scolastica tout-court, e devo dire che apprezzo il tuo metodo. Mi capita, per lavoro, di finire nelle scuole (per ora elementari e medie) e sì, osservo le stesse problematiche. Oggi una ricerca è impensabile, nei termini che ci appartenevano (biblioteca, domande, spulciare ovunque...), e l'AI rischia (e qui mi ricollego alla seconda parte del post) di generare notizie false. Purtroppo l'ho notato anche io: l'AI pesca del web e se non sa, inventa di sana pianta. E sembra anche che abbia la presunzione di dirti "stacci, è così".
Bisogna far capire ai ragazzi che l'AI può aiutare in tanti modi, perché comunque è giusto che si usi la tecnologia ed è altrettanto giusto che la vita possa semplificarsi, ma bisogna poi stare attenti, incrociare i dati.
Forse è questa la vera nuova sfida: non tanto la ricerca in sé, oramai immediata, quanto la verifica delle fonti. Che quindi presuppone un qualcosa di nuovo ma di attivo, per fortuna.
Etica a parte, quello è un discorso che dovrebbero risolvere a monte...
Brava tu che fai ancora scrivere, copiare, usare quaderni e poco tablet. Farei anche io così.
Moz-
Chi, come te, fa esperienza all'interno della scuola, anche solo all'interno di progetti provenienti dall'esterno, si rende ben conto del calo di abilità e impegno nei ragazzi. Ecco, la mia preoccupazione è che l'uso dell'IA vada ad aggravare un quadro già di per sé preoccupante. Oggi queste tecnologie rappresentano scappatoie, facilitano il compito, nient'altro. A meno che non si tratti di scuole tecniche dove studiare l'IA e le sue infinite possibilità sia all'interno di un percorso didattico.
EliminaIn realtà devo dire che il calo di abilità generiche l'ho notato anche per via dell'uso costante dei cellulari, scritture meccaniche e chat. Ma questo già da dieci anni a questa parte. Forse purtroppo le cose non possono che peggiorare, adesso...
EliminaMoz-
Mi risulta che in alcuni concorsi pubblici scrivere in stampatello non sia proprio ammesso, anche se (in questo caso per fortuna) si sta passando a concorsi con strumenti informatici. Che succede infatti se chi corregge l'elaborato non interpreta correttamente la scrittura?
RispondiEliminaFai per altro bene a richiedere sia la scrittura a mano che il corsivo, nonché a limitare l'uso degli schermi, perché ci sono studi recenti che mostrano le nuove tecnologie non ci stiano affatto aiutando, in quanto a competenze basilari. Nei paesi nordici, stanno tornando indietro, via i tablet e sotto col quaderno di carta.
"L'IA è capace come noi umani di parlare, ragionare e creare." Questa frase è tecnicamente errata. L'IA, anche quella che spacciano per generativa, non genera un fico secco.
Si tratta di un complesso algoritmo che elabora risposte partendo dalle istruzioni ricevute e dalla percentuale delle ricorrenze in cui una risposta è valida oppure no. Di fatto, non genera niente (proprio perché non ha un "vissuto"). Copia e incolla da miliardi e miliardi di dati/testi che sono stati usati per il suo training (e senza riconoscere il copyright di quei contenuti, per altro). Uno dei giochini più in voga al momento tra gli sviluppatori è mettersi là a cambiare le risposte, "convincendo" l'AI che quel che scritto è sbagliato. Ed è pure facile.
Al momento è in corso anche una diatriba a livello europeo, perché l'AI Act lascia fin troppo spazio alle aziende Tech di fare il ballo ma soprattutto cativo tempo con i contenuti di proprietà intellettuale altrui (vale per i testi, ma anche per tutta l'arte in generale, dato che si possono "generare" con lo stesso meccanismo anche illustrazioni e video). Di fatto, l'AI Act compara l'accesso delle AI ai contenuti per il loro training al "fair use" americano, cioè il diritto di informazione e di critica senza la richiesta preventiva alla proprietà intellettuale e/o il pagamento dei diritti dovuti. Peccato che il "fair use" sia limitato (non è mai consentita l'intera opera) e controllato dovendo sempre riportare la fonte originale. L'AI nella sue risposte non riporta mai la sua fonte originale (volutamente, per farci credere che sia "generativa" invece che "copiativa").
Perciò, se mella ricerca scientifica la potenza dell'AI può essere utile all'umanità (la potenza di calcolo è decisamente maggiore e può "leggere" contenuti enormi e ricercarli in poco tempo - si pensi alla ricerca in ambito medico), per tutto quello che è arte e creazione di contenuti è un bel problema legale.
C'è anche la questione dell'environment: le server farm che ospitano i super computer delle AI consumano troppa energia e molta acqua per il raffreddamento. Se siamo preoccupati delle nostre bollette e del surriscaldamento climatico, questo è niente in confronto a quello che ci costerà l'AI se continua la sua ascesa (anche se resto dell'idea che sia più una speculazione finanziaria che altro, come con la bolla delle Dot-Com degli anni Duemila). Rischierà anche di costarci in termini del mercato del lavoro, perché già oggi alcune aziende si fanno scrivere i testi dall'AI e non più da impiegati, addetti stampa, pubblicisti, copy editor, ecc.
Potrebbe sostituire a un certo punto tutto il terzo settore, tutto il lavoro impiegatizio.
Quindi... ci troveremo tutti senza stipendio e torneremo a zappare la terra?!
ecco... a riprova che io non uso AI e ho lasciato diversi errori di "stumpa" XD
EliminaBarbara, tu ampli il mio ancora modestissimo panorama, lavori nell'ambito dell'informatica e ne sai certamente di più, ergo il tuo commento è particolarmente prezioso. Che l'IA non generi ma in definitiva si limiti a rielaborare ci permette di fare il punto, perlomeno di partire dalla consapevolezza che sebbene possa essere pensata come macchina "dai poteri illimitati" abbia anche i limiti imposti da chi ne stabilisce di base i parametri su cui deve lavorare. Conoscere questo argomento, sapere ciò di cui si parla, è fondamentale per chi insegna, chi educa, per orientare i ragazzi verso un uso onesto e consapevole.
EliminaTorno qui perché proprio ieri ho letto questa riflessione di un professore universitario di filosofia e la sua lotta con gli studenti che usano, seppur vietata, l'IA. E ti ho pensato. :)
Elimina"𝐈𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐯𝐨 𝐚𝐠𝐥𝐢 𝐬𝐭𝐮𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢. 𝐎𝐫𝐚 𝐛𝐞𝐜𝐜𝐨 𝐢 𝐭𝐫𝐮𝐜𝐜𝐡𝐢 𝐝𝐢 𝐂𝐡𝐚𝐭𝐆𝐏𝐓."
https://thewalrus.ca/i-used-to-teach-students-now-i-catch-chatgpt-cheats
Ti riporto alcuni stralci tradotti.
"Come ormai quasi tutti sanno, strumenti di intelligenza artificiale come ChatGPT e Google Gemini rendono possibile ottenere saggi universitari con poco più sforzo di quello necessario per schioccare le dita.[...] 𝐈 𝐝𝐨𝐜𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐠𝐞𝐧𝐞𝐫𝐚𝐭𝐢 𝐝𝐚𝐥𝐥'𝐢𝐧𝐭𝐞𝐥𝐥𝐢𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐚𝐫𝐭𝐢𝐟𝐢𝐜𝐢𝐚𝐥𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐨 𝐬𝐨𝐟𝐢𝐬𝐭𝐢𝐜𝐚𝐭𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐟𝐚𝐜𝐢𝐥𝐢 𝐝𝐚 𝐢𝐧𝐝𝐢𝐯𝐢𝐝𝐮𝐚𝐫𝐞, 𝐬𝐞, 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐚, 𝐬𝐚𝐢 𝐜𝐨𝐬𝐚 𝐜𝐞𝐫𝐜𝐚𝐫𝐞. 𝐈𝐧 𝐭𝐞𝐫𝐦𝐢𝐧𝐢 𝐬𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐬𝐢𝐧𝐭𝐚𝐬𝐬𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐢 𝐭𝐨𝐧𝐨, 𝐬𝐮𝐨𝐧𝐚𝐧𝐨 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐨 𝐦𝐞𝐧𝐨 𝐮𝐠𝐮𝐚𝐥𝐢. 𝐌𝐨𝐥𝐭𝐨 𝐧𝐞𝐮𝐭𝐫𝐢, 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐩𝐢𝐝𝐢.[...] A giudicare dal numero di articoli che ho letto il semestre scorso, chiaramente generati dall'IA, molti studenti sono entusiasti di questa ultima innovazione. Si scopre anche che questo entusiasmo non è affatto smorzato, ad esempio, da una chiara dichiarazione nel programma di studi che proibisce l'uso dell'IA."
"Sono gli studenti che dicono: 𝐻𝑜 𝑠𝑐𝑟𝑖𝑡𝑡𝑜 𝑖𝑜 𝑖𝑙 𝑝𝑎𝑝𝑒𝑟, 𝑚𝑎 ℎ𝑜 𝑢𝑠𝑎𝑡𝑜 𝑙'𝑖𝑛𝑡𝑒𝑙𝑙𝑖𝑔𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑎𝑟𝑡𝑖𝑓𝑖𝑐𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑢𝑛 𝑝𝑜' 𝑑𝑖 𝑒𝑑𝑖𝑡𝑖𝑛𝑔 𝑒 𝑟𝑖𝑓𝑖𝑛𝑖𝑡𝑢𝑟𝑎. Oppure: 𝐿'ℎ𝑜 𝑢𝑠𝑎𝑡𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑖𝑢𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑟𝑖𝑐𝑒𝑟𝑐𝑎.[...] Sono gli studenti che, dopo aver fatto tali proteste, non sono in grado di rispondere alle domande più basilari sull'argomento o sul paper che presumibilmente hanno scritto. Gli studenti che ti supplicano di riconsiderare lo zero che hai dato loro per non perdere la loro borsa di studio. (Vorrei dire loro: 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑏𝑜𝑟𝑠𝑎 𝑑𝑖 𝑠𝑡𝑢𝑑𝑖𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑑𝑜𝑣𝑟𝑒𝑏𝑏𝑒 𝑎𝑛𝑑𝑎𝑟𝑒 𝑎 𝐶ℎ𝑎𝑡𝐺𝑃𝑇? )"
"Gli studenti ti guardano sconcertati. 𝑁𝑜𝑖 𝑖𝑛𝑠𝑒𝑔𝑛𝑎𝑛𝑡𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑠𝑡𝑢𝑑𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑜𝑔𝑔𝑖 𝑠𝑎𝑟𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑖𝑛 𝑔𝑟𝑎𝑑𝑜, 𝑒 𝑐𝑖 𝑠𝑖 𝑎𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑎̀ 𝑐ℎ𝑒 𝑢𝑠𝑖𝑛𝑜 𝑙'𝐼𝐴 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑒𝑟𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑛𝑒𝑙 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜? 𝑆𝑐𝑟𝑖𝑣𝑒𝑟𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑒̀ 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑐𝑜𝑠𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑙𝑒 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑜𝑣𝑟𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑓𝑎𝑟𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑜𝑡𝑡𝑒𝑛𝑒𝑟𝑒 𝑢𝑛 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜.
O almeno così mi hanno detto alcuni di loro. Ecco perché, sostengono, costringerli a scrivere al college non ha senso. Quello sguardo perplesso non svanisce, anzi, a volte si intensifica, quando rispondo dicendo: 𝐺𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎, 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑒 𝑓𝑜𝑠𝑠𝑒 𝑣𝑒𝑟𝑜, 𝑑𝑒𝑣𝑖 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑟𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑚𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑝𝑖𝑎𝑛𝑜 𝑙'𝑖𝑠𝑡𝑟𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑒 𝑙𝑎 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑓𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒.
𝐶𝑜𝑠𝑎 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑛𝑑𝑖? potrebbero allora chiedere.
E io dico: 𝑛𝑜𝑛 𝑚𝑖 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑒𝑠𝑠𝑎 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑡𝑢𝑜 𝑓𝑢𝑡𝑢𝑟𝑜 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜. 𝑉𝑜𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑝𝑟𝑒𝑝𝑎𝑟𝑎𝑟𝑡𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎."
Ma questa è la parte peggiore:
Elimina"𝐈 𝐦𝐢𝐞𝐢 𝐬𝐭𝐮𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐢 𝐩𝐥𝐚𝐬𝐦𝐚𝐭𝐢 𝐝𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐜𝐮𝐥𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐡𝐚 𝐚 𝐥𝐮𝐧𝐠𝐨 𝐝𝐮𝐛𝐢𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐯𝐚𝐥𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐫 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚𝐫𝐞 𝐞 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐬𝐞́ 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐢, e che è sempre più convinta del potere di una macchina di fare entrambe le cose per noi. Di conseguenza, quando si tratta di scrivere i propri elaborati, semplicemente lo ignorano. Considerano gli insegnanti che impongono tali divieti come irritanti anacronismi, reliquie di un'epoca passata, pre-ChatGPT."
"Potrei essere d'accordo con tutte le persone che mi hanno detto: 𝑛𝑜𝑛 𝑒̀ 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑖𝑡𝑜 𝑡𝑢𝑜 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑟𝑖𝑛𝑔𝑒𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑒 𝑎 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒 𝑣𝑖𝑟𝑡𝑢𝑜𝑠𝑒. 𝐿𝑎𝑠𝑐𝑖𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑖𝑚𝑏𝑟𝑜𝑔𝑙𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑖𝑚𝑏𝑟𝑜𝑔𝑙𝑖𝑛𝑜. 𝐴 𝑙𝑢𝑛𝑔𝑜 𝑎𝑛𝑑𝑎𝑟𝑒, 𝑓𝑎𝑟𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑚𝑎𝑙𝑒 𝑎 𝑠𝑒 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑖, 𝑛𝑒𝑔𝑎𝑛𝑑𝑜𝑠𝑖 𝑙𝑎 𝑣𝑒𝑟𝑎 𝑖𝑠𝑡𝑟𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑝𝑜𝑡𝑟𝑒𝑏𝑏𝑒𝑟𝑜 𝑟𝑖𝑐𝑒𝑣𝑒𝑟𝑒 (𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑙𝑎 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑒, 𝑑𝑜𝑝𝑜𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜, 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑜 𝑖 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑔𝑒𝑛𝑖𝑡𝑜𝑟𝑖 𝑠𝑡𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑝𝑎𝑔𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑢𝑛 𝑏𝑒𝑙 𝑝𝑜' 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑙𝑑𝑖).[...] Ma non ci riesco.[...] Per prima cosa, mentre è vero che gli imbroglioni stanno imbrogliando se stessi privandoli di un'istruzione, non ne consegue che stiano danneggiando solo se stessi.[...] Alcuni dei miei studenti scrivono ancora i loro elaborati. Fanno ancora le letture. Vogliono imparare.[...] 𝐒𝐚𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐮𝐧 𝐠𝐫𝐚𝐯𝐞 𝐞𝐫𝐫𝐨𝐫𝐞 𝐩𝐫𝐞𝐦𝐢𝐚𝐫𝐞 𝐞𝐪𝐮𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐞𝐧𝐭𝐫𝐚𝐦𝐛𝐢 𝐢 𝐠𝐫𝐮𝐩𝐩𝐢 𝐝𝐢 𝐬𝐭𝐮𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢, 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐫𝐢𝐧𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐬𝐭𝐮𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐨𝐧𝐞𝐬𝐭𝐢 𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐞𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐢, 𝐛𝐨𝐫𝐬𝐞 𝐝𝐢 𝐬𝐭𝐮𝐝𝐢𝐨, 𝐚𝐦𝐦𝐢𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐚 𝐬𝐜𝐮𝐨𝐥𝐞 𝐝𝐢 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢𝐳𝐳𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐬𝐮 𝐮𝐧 𝐩𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐩𝐚𝐫𝐢𝐭𝐚̀ 𝐜𝐨𝐧 𝐜𝐨𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 "𝐠𝐮𝐚𝐝𝐚𝐠𝐧𝐚𝐭𝐢" 𝐢 𝐯𝐨𝐭𝐢 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐧𝐭𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐢 𝐥𝐨𝐫𝐨."
Conseguenza di tutto questo?
Elimina"Naturalmente, se questo imbroglio dovesse continuare a essere diffuso, 𝐬𝐞𝐦𝐛𝐫𝐞𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐢𝐧𝐞𝐯𝐢𝐭𝐚𝐛𝐢𝐥𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐞 𝐥𝐞 𝐥𝐚𝐮𝐫𝐞𝐞 𝐮𝐧𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐢𝐭𝐚𝐫𝐢𝐞 𝐯𝐚𝐫𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞𝐫𝐨 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐨 𝐦𝐞𝐧𝐨 𝐞 𝐟𝐨𝐫𝐬𝐞 𝐜𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞𝐫𝐨 𝐝𝐢 𝐨𝐟𝐟𝐫𝐢𝐫𝐞 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐬𝐢𝐚𝐬𝐢 𝐯𝐚𝐧𝐭𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨.[...] Man mano che vado avanti, mi accorgo che gran parte del tempo, dell'energia e delle risorse che ho per l'insegnamento sono dedicate ad affrontare questo problema. 𝐒𝐭𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐦𝐞𝐧𝐨, 𝐞 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐟𝐚𝐜𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐢𝐥 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐳𝐢𝐨𝐭𝐭𝐨. A volte cerco di ricordare l'ultima volta che non vedevo l'ora di entrare in una classe. È passato un po' di tempo."
"È un po' un circolo vizioso. 𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐚𝐫𝐜𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐟𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐛𝐮𝐨𝐧𝐞 𝐬𝐜𝐞𝐥𝐭𝐞, 𝐫𝐢𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐨 𝐚𝐢 𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐬𝐭𝐮𝐝𝐢 𝐨 𝐚 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐬𝐢𝐚𝐬𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐚 𝐜𝐨𝐬𝐚, 𝐬𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐡𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚 𝐫𝐢𝐜𝐞𝐯𝐮𝐭𝐨 𝐠𝐥𝐢 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚𝐫𝐞 𝐢𝐧 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐜𝐫𝐢𝐭𝐢𝐜𝐨? Come possiamo aspettarci che capiscano cosa significa istruzione quando noi, come educatori, non abbiamo ancora iniziato a riparare gli anni di danni cognitivi e spirituali inflitti da una società che tratta la scuola come un mezzo per un lavoro ben pagato, forse un po' di status sociale, ma niente di più? O, peggio, per vederla come se non avesse alcun valore, come se fosse una specie di trucco, un'elaborata mistificazione?"
Uno dei corsi che insegna Troy Jollimore è etica sanitaria a studenti che diventeranno infermieri, dottori, farmacisti o tecnici di medicina d'urgenza. E che si troveranno ad affrontare dilemmi etici per i loro pazienti, alcuni dei quali strazianti. E' il motivo per cui hanno anche un corso di filosofia nel piano di studi.
Come paziente, non sarei molto tranquilla di affidare al mia vita ad un medico che ha barato con l'Intelligenza Artificiale durante gli studi. Sicuramente l'IA può dare una mano nella ricerca, ma in ambito etico preferirei quasi sopportare un errore umano che rischiare una decisione analitica.
Condivido tutta la prima parte in toto: non si può sentire che a scuola si scriva in stampatello e il tuo metodo è perfetto: compiti in classe, spirito critico a seguito di letture fatte sempre in classe e soprattutto esercizio orientato alla scrittura in corsivo (che è assurdo che si debba ritenere necessario, quando dovrebbe rappresentare la norma). Capisco anche le preoccupazioni legate all' avvento (per me una sciagura) dell'IA, ma per un semplice motivo: semplificare tutto non sempre porta vantaggio, vedi tutti sti ragazzi che si affidano all'intelligenza artificiale per dimezzare le ore di studio (e lo dico perché ho una nipote che mi racconta di libri non letti e poi riassunti dall'IA o di idee per temi partoriti dal computer sulla base di un banale input). Sarà sempre più difficile, a mio avviso, per voi insegnanti gestire l'uso di questo diabolico strumento e non basterà spiegare o indirizzare: i giovani devono capire quanto sia avvilente non riuscire a fare lavorare il proprio cervello e non asseconderanno mai volentieri le iniziative della scuola, finché la vivono come antagonista o come ostacolo da aggirare e raggirare. Il fatto è anche che questa IA diventerà sempre più indispensabile in molti ambiti e ciò porterà i programmatori a potenziarla ancora e un giorno, forse, anche a scuola non esisteranno più i professori in carne e ossa, sostituiti da macchine perfette, onniscienti, ma senza vissuto da trasmettere. Sono catastrofica? Sì. L'ho detto che vivo l'IA come una sciagura vestita con l'abito delle feste 😅
RispondiEliminaIo me la immagino questa IA tutta imbellettata vestita in abito da sera. XD
EliminaLo snodo è lì. Insegnare diventa più complicato perché deve comprendere anche trasmettere il senso dell'etica, dell'onestà. È vero che esistono anche dispositivi in grado di riconoscere la mano umana e distinguerla, ma da quanto vedo in rete i ragazzi hanno imparato ad aggirare anche quella. Molti di essi studiano (anche ore e ore di applicazione) come ridurre il peso dei compiti. Io ho immaginato ormai un mestiere che si svolge essenzialmente come lavoro in classe, con tanto di cellulari ceduti sulla cattedra. Dobbiamo fare i gendarmi, sorvegliare. E questo è davvero molto triste.
Scrivere in corsivo è un esercizio di scrittura ma concede anche il tempo di pensare a quello che si scrive, é come un momento di riflessione, quindi fai bene a pretenderlo dai tuoi alunni può essere molto istruttivo.
RispondiEliminaRiguardi ai quesiti credo che l’essere umano si distingua dall’IA per la coscienza, l’intenzionalità e la capacità di provare emozioni autentiche. Forse può simulare l’empatia, ma non ha una reale esperienza emotiva.
La scuola può insegnare il pensiero critico, aiutando gli studenti a distinguere tra informazioni generate dall’IA e fonti affidabili. Promuovere l’uso etico dell’IA, sensibilizzando sulle implicazioni morali e sociali delle tecnologie L’obiettivo non è sostituire l’educazione tradizionale con l’IA, ma usarla in modo intelligente e consapevole per migliorare l’apprendimento e preparare gli studenti al futuro.
Sì, è molto giusto quello che scrivi. Diventa tutto più complicato oggi, perché il tempo materiale per l'applicazione a casa, per uno studio serio, di ore con poche e brevi interruzioni, ormai pare impossibile a molti. Considera che 8 ragazzi su 10 partecipano ad attività agonistiche anche 3/4 volte a settimana. Dopo una mattina a scuola, studiare per loro è l'ultimo dei pensieri. C'è un calo generalizzato ovunque, sento una certa insofferenza in istituti d'eccellenza come i licei, fino a una decina di anni fa molto più competitivi e selettivi. L'IA è una scappatoia, un modo perfetto per arginare i compiti e ridurli e comprimerli. Insomma, non esiste più l'applicazione vera a casa se non ormai per un numero ristretto di studenti. Forse la scuola deve ripensare se stessa in maniera totale, ma come si fa a immaginare un percorso di studi senza compiti a casa (alla maniera degli studenti stratunitensi, ma lì stanno a scuola almeno fino alle 16 ogni giorno, in scuole molto attrezzate)?
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