Incipit: Abito in un condominio che si trova nella città di Reykjavík ed è l'ultimo di quattro palazzi tutti uguali. Il mio appartamento è quello del primo piano a sinistra, al numero 54, tre stanze più uno stanzino senza finestra, un balcone e una cantina. Davanti al condominio c'è un parcheggio e chi si affaccia alla finestra della nostra cucina verso sera o magari la domenica può vedere dall'alto la Trabant con il tetto rosso. Sul sedile davanti c'è una cazzuola.
Due combinazioni fortuite mi hanno portato verso questo romanzo: l'averlo ricevuto in regalo da una cara amica e aver deciso di partecipare a una lettura di gruppo su Instagram.
[a proposito, mi sto dedicando molto più di prima al mio profilo libri_a_vela, scoprendo un giro di lettori e lettrici molto bello e ampio, che invoglia a prenderne parte; se volete aggregarvi a #gennaioboreale, siete ancora in tempo]
Questo è il primo libro Iperborea che entra a far parte della mia biblioteca, ma anche la prima esperienza di lettura di un autore nordico.
Iperborea è una CE che pubblica ampiamente in questo formato oblungo, insomma facilmente riconoscibile. Mi piace anche la qualità delle copertine, l'effetto "tela" sotto le dita.
Leggere Crepitio di stelle offre l'opportunità di imbattersi in uno stile nuovo, "materico", ricco di quei valori tipici di un popolo nordico, in una scrittura piana e fluida, ma soprattutto in un racconto a più livelli. La narrazione è in prima persona, in un presente in cui un uomo racconta la sua infanzia, tornando idealmente, e poi fisicamente, nell'appartamento un tempo condiviso con i suoi genitori.
Non ne conosciamo il nome, non sapremo i nomi di coloro che appartengono alla sua cerchia familiare, solo quelli dei personaggi a corollario della storia. L'uomo è anche quel bambino, il narratore che ci offre i dettagli più malinconici degli anni della sua solitudine di figlio unico.
Se potessimo scorporare dal romanzo proprio la parte di quella infanzia, ne avremmo un quadro struggente, commovente. Il nucleo del racconto sono i pensieri e i ricordi di un'infanzia fatta di soldatini che prendono vita e di cose, tante cose ancora pienamente vive nel ricordo.
Una delle caratteristiche più originali di Stefánsson è proprio la vitalità che anima ogni elemento del racconto. L'invenzione di una realtà immaginifica in cui anche le parti di un corpo possono parlare ed esigere attenzione, come pure gli arredi, le cose di un appartamento nel quale dapprima scorrono suoni e visioni e poi tutto cambia, quando l'assenza di una madre comincia a gravare su persone e oggetti.
Il bambino è anche parte di una realtà fatta di bambini, giochi, amicizia, rumori che echeggiano nei cortili, il rapporto fraterno con il migliore amico Pétur, le vessazioni subite dal terribile bullo Frikki, i silenzi nei quali è immerso suo padre, quel suo modo di schiarirsi la voce prima di parlare.
Jón Kalman Stefánsson |
La donna che sbuca dalla camera da letto di suo padre un mattino muta improvvisamente le abitudini, i colori, gli odori. Il punto di vista del bambino che descrive una realtà alla quale non sa dare un nome, nuova e respingente, ci offre una visione ancora più struggente di questa storia.
Improvvisamente andiamo indietro, al tempo in cui suo padre conobbe sua madre, come la loro storia, una storia fatta di persone semplici, un'operaia e un muratore, si sviluppa e poi giunge a compimento. Questa madre perduta assume i contorni di una ragazza bellissima e dall'intelligenza vivace, con un potere seduttivo dinanzi al quale il giovane muratore capitola, pur cercando di trovare in sé una virilità e una posizione da maschio dominante. È un amore travolgente, inevitabile.
E poi c'è ancora un'altra storia, quella dei bisnonni. È il punto da cui tutte quelle vite hanno inizio, in quei primi anni del secolo in cui un giovane uomo cerca disperatamente una propria identità e un posto nel mondo, travolto dalle proprie passioni. La storia dei bisnonni a tratti ha il potere di assumere il ruolo di nucleo del romanzo, non è semplicemente una premessa essenziale, ma diventa la storia in sé.
I bisnonni sono due anime nettamente diverse, eppure inevitabilmente destinate a trovarsi e a ricongiungersi tutte le volte in cui lui cede alle proprie pulsioni e dissipa il poco che ha raccolto.
Lei è la donna fuori dall'ordinario, la moglie e madre e lavoratrice instancabile, paziente, forte e tenace, ma soprattutto la donna che sa perdonare.
Non entro in dettagli che possano svelare troppo della trama.
Le donne giocano un ruolo molto importante nel romanzo, pare anzi che Stefánsson mantenga questa caratteristica in tutte le sue trame. Ogni donna presente nell'intreccio diventa un perno attorno al quale ruotano le vicende, anche quando si ritaglia una posizione d'attesa.
Così, la madre del bambino, la sua bisnonna, la nuova donna di suo padre. L'uomo è attore della propria vita ma brilla di luce riflessa, necessita di approvazione o ha bisogno di trovare un'orma già tracciata nella quale accomodare la propria e trarne conforto.
Il racconto scivola lungo un percorso di ricordi in cui la memoria assume un valore imprescindibile. La memoria, pur contaminata dal punto di vista di chi la rievoca, permette la ricostruzione di un'identità, traccia un solco in cui la continuità dona conforto al narratore.
Le immagini del passato sembrano un insieme di frammenti passati a filo di lama, quasi come se si assistesse al montaggio di un film in cui i contorni del passato si ricompongono con una messa a fuoco indefinita, a campiture, a colpi di pennello.
Su tutto, la terra d'Islanda. Rievocata nelle strade della sua capitale, ma in particolare narrata in quell'ovest verso il quale i bisnonni andranno in cerca di fortuna. Stefánsson non preferisce abbandonarsi a troppe descrizioni, ci lascia intuire forme e colori, disseminando la narrazione di dettagli, fra i quali si affacciano tutta la bellezza e il mistero di questa terra.
C'è qualcosa di poetico in tutto il racconto, non stupisce che il suo autore si sia dedicato alla poesia prima che alla narrativa. Nella sua interezza il racconto è di fatto un viaggio poetico nel ricordo, con un andirivieni nel tempo che ci lascia ogni volta come attoniti, rapiti.
Reykjavík |
Avete letto qualcuno dei libri Iperborea? Conoscete Stefánsson o qualche altro autore nordico?
Stefánsson non lo avevo mai letto, ma io di autori nordici ho letto due autori horror entrambi svedesi: John Ajvide Lindqvist e Anders Fager. Entrambi, da quello che ho potuto comprendere amano parlare delle storture del loro paese sepolte sotto la facciata di benessere e di perfezione. Di Lindqvist in particolare ti consiglio il suo capolavoro "Lasciami Entrare" edito però da Marsilio, non da Iperborea e da cui hanno tratto anche un film, credimi ne vale la pena.
RispondiEliminaCiao.
Intraprendendo una strada verso questi autori nordici, non escludo di tenere conto anche del tuo consiglio. C'è un mondo da scoprire, c'è bisogno di nuovi orizzonti e punti di vista sul reale. Grazie per il consiglio, Nick.
EliminaCredo di avere uno o due libri di questa CE da qualche parte, ben imboscati nella mia libreria (attratto da qualcosa che non ricordo e, ovviamente, mai letti). Trovo però che quel bizzarro formato renda l'esperienza di lettura estremamente spiacevole...
RispondiEliminaPS: Ottima recensione! Sei riuscita a intrigarmi senza aver raccontato nemmeno un rigo di trama!
Iperborea mi ha sempre ispirato qualità, anche se non ho mai acquistato niente. Due libri, uno regalatomi e uno prestatomi. Il formato non fa impazzire neanche me, solo questione di abitudine. Credo che di qualsiasi cosa si tratti, imboscata chissà dove fra quegli scaffali, potrebbe piacerti.
EliminaGrazie per aver apprezzato lo stile della mia recensione. Mi diverte troppo scriverle ed era uno dei miei obiettivi intrigare senza raccontare. :)
Scoprii questo libro grazie a un post di Claudia (https://girodelmondoattraversoilibri.wordpress.com/2020/11/03/jon-kalman-stefansson-crepitio-di-stelle/) de Il giro del mondo attraverso i libri. Devo ammettere che mi ispira moltissimo. Il titolo italiano, tra l'altro, è un capolavoro.
RispondiEliminaAh quel titolo, l'onomatopea. Adoro. Dinanzi a questo piccolo libro, innanzitutto non puoi che lasciarti trascinare dalla curiosità alimentata dal titolo.
EliminaLeggerò quella recensione.
Sfondi una porta aperta. Ma sono preoccupato: per le tue finanze. Iperborea ha pubblicato un bel po' di libri di Jón Kalman :)
RispondiEliminaHo visto, come minimo 14 euro a librino. Però non lo temo, ho la mia Carta del docente da dedicare all'acquisto di libri. Ne ho già speso la metà (250 euro) fra libri per me e regali. E compro rigorosamente nelle librerie indipendenti.
EliminaNon conosco Stefánsson ma da oggi voglio assolutamente conoscerlo, magari anche incontrarlo :D
RispondiEliminaFinito qualche tempo fa "La leggenda della rosa di natale" di Selma Lagrlof. Non male, atmosfere particolari cui non ero abituata... Ma se scovo altro in biblioteca, ti aggiorno
Eh, ha un certo fascino, in effetti. Su Instagram ho avuto modo di seguire l'intervista fatta alla traduttrice fissa di Stefánsson, Silvia Cosimini, persona disponibilissima, che lo conosce da tempo e ne ha svelato anche lati inediti. Torme di lettrici invaghite di lui... ce ne sono. Lei lo considera quantomeno "indefinibile", un carattere molto particolare.
EliminaLeggiamo i nordici, Elena, sono certa che anche tu ne rimarresti avvinta. Attendo tue.
Anch'io non conosco questo autore, ma Iperborea è una casa editrice molto interessante. In Islanda, in totale, vivono 370 mila abitanti (più o meno). Ho due amici che vivono in Islanda e mi hanno detto che in media un Islandese compra e legge più di 10 libri in un anno (statistica aggiornata al 2020), nessuno come loro in Europa.
RispondiEliminaUn salutone
Popolo decisamente interessante e da scoprire. Io sto per iniziare Il pastore d'Islanda di Gunnarsson (pure questi nomi mi piacciono, li percepisco "solidi"), che oltretutto contiene una postfazione dello stesso Stefánsson. Librino semplice ma che a quanto dicono i più, contiene un racconto narrato in modo poetico e indimenticabile. Non vedo l'ora. Ho appena terminato 500 pagine di Tess dei d'Urberville, storia che mi ha levato la pelle (sto lavorando alla recensione, ma ne ho diverse in fila già pronte) e ho bisogno di leggerezza.
EliminaTi lascio il link a un post sul documento video del viaggio dei Sigur Ros, un gruppo musicale islandese, che consente inoltrarsi nella dimensione nordica con l’accomoagnamento musicale e i tempi lunghi più idonei https://www.estetica-mente.com/recensioni/dischi/sigur-ros-route-one-e-una-splendida-sperimentazione-e-anche-un-ricordo-per-johann-johannsson/75672/
RispondiEliminaSono andata all'indirizzo e... grazie, Giacinta.
EliminaSempre più penso che questo universo nordico abbia veramente tanto da svelare a noi "mediterranei". Uno degli obiettivi di questo nuovo anno potrebbe essere approfondire l'argomento.
P.s. Bellissima recensione:-)
RispondiEliminaGrazie, sono molto contenta che sia piaciuto questo approccio al testo.
EliminaNon è facile recensire questi autori per me nuovi. :)
https://m.youtube.com/watch?v=G54tllj-SKI
RispondiEliminaMa sai che non sapevo che Jóhannsson fosse scomparso? Avevo intuito solo che fosse islandese, dal nome. Mi è capitato di utilizzare diversi suoi brani per i miei lavori teatrali. In particolare l'album Orphée è bellissimo.
EliminaEcco, stavo per commentare: "Lo conosco perché degli autori nordici ne parla sempre, con dovizia, Marco Freccero nel suo blog", il nominato sta poco sopra. :D
RispondiEliminaI cartacei di Iperborea li ho visti l'ultima volta che sono potuta entrare in libreria, più di un anno fa, sigh sigh. Sono particolari, ma non so se mi sono comodi in lettura, forse serve uno di quei segnalibri da dito in legno per tenerli bene aperti.
Ho voglia di leggerne qualcuno, ma devo scegliere bene. O aspettare che il titolo scelga me.
Non nego che anch'io non amo particolarmente quel formato. Però durante la lettura non ci si pensa più. :)
EliminaIo andrò certamente su quello che consiglia Marina qui sotto, perché sto sentendo da molti che non si può perdere. Al momento però avrei "Il pastore d'Islanda", apprezzatissimo dallo stesso Stefánsson, piccolissimo e uno dei grandi classici a detta di molti da "attraversare".
Non so se lo dicevo a te o a Marco Freccero, ma conosco lo stile di Stefansson per averlo sperimentato con esito assolutamente positivo nella lettura condivisa di “Luce d’estate ed è subito notte”, un libro che a me è piaciuto tanto,per i personaggi, l’ambientazione, le atmosfere (se vuoi leggere ancora questo autore te lo consiglio). Ho letto solo questo, però. Adesso mi offri l’occasione per riprendere in mano un bell’Iperborea (che io, nonostante il formato per molti scomodo, adoro). E poi ho notato che tu e Marco vi siete dati l’appuntamento: anche lui ha scritto un post su questo romanzo. 😉
RispondiEliminaEcco, uno dei prossimi miei acquisti, allora.
EliminaSono contenta di poter condividere questa mia nuova passione con qualcuno di voi, amici belli. :)
Volevo solo dirti che sono tornato in pianta stabile sul blog (e comunque complimenti, hai un bel seguito con 22 commenti). Un salutone
RispondiEliminaOh, che buona nuova. :)
EliminaOgni volta che qualcuno ritorna sui propri passi e ricomincia a scrivere, è sempre una bella notizia. Scrivere è bellissimo, per me irrinunciabile. E non avrebbe alcun senso se non condividendo queste righe con chi vuole leggere.
Un salutone a te!
Bellissima questa recensione... come al solito del resto! :) E mi attira molto come hai descritto il tipo di scrittura dell'autore, molto poetica. Ho letto alcuni autori Iperborea, come "Il nano" di Pär Lagerkvist e "Il pomeriggio di un piastrellista" di Larf Gustafsson, ma confesso che non era scattato un vero feeling con la letteratura nordica. Chissà, magari non ho azzeccato i titoli giusti.
RispondiEliminaIo mi sono ritrovata dentro un gruppo di lettura, altrimenti forse questo mondo avrebbe continuato a restarmi ignoto. :)
EliminaSono attratta da Paasilinna, dicono che sia il migliore. E di fatto è il più venduto di Iperborea.
Grazie per il tuo gradimento, Cristina!