Incipit: In mattinata il generale si soffermò a lungo nella cantina del vigneto. Vi si era recato all'alba insieme al vignaiolo perché due botti del suo vino avevano cominciato a fermentare. Quando finì di imbottigliarlo e fece ritorno a casa, erano già le undici passate. Ai piedi delle colonne, sotto il portico lastricato di pietre umide ricoperte di muffa, lo attendeva il guardacaccia, che porse una lettera al padrone appena arrivato.
Un bell'inizio del nuovo anno voltare l'ultima pagina di questo romanzo, per me una rivelazione, al momento fra i più letti e noti nel circuito di lettori abituali o "forti" che dir si voglia (a proposito, le statistiche ci restituiscono un resoconto annuale a dir poco scoraggiante, meriterà un approfondimento).
Intreccio e stile godibilissimi, scrittura lucida, ferma, elegante quella di Márai, che si rivela un narratore meritevole di essere conosciuto più di quanto non lo sia già fra coloro che ne hanno apprezzato anche altri romanzi (ho già La donna giusta e non vedo l'ora di leggerlo).
Le braci, scritto nel 1942 e pubblicato per la prima volta in Italia nel 1998, è la storia, soffertissima, di una resa dei conti. Se guardiamo a tutto l'intreccio con una visuale larga, ci appare all'inizio come un affresco affascinante dell'alta società ungherese ai tempi del grande Impero austro-ungarico, puntellata di gentiluomini in alta uniforme con un grande senso dell'onore e del servizio verso la patria. Il panorama comprende anche la grande pianura ungherese, la puszta, nel quale si muove il padre del protagonista - un ufficiale della guardia che sposa una fragile gentildonna parigina, sofferente nell'immensa solitudine del castello immerso nell'aspro territorio cui i suoi occhi non sono avvezzi. Da costoro nasce Henrik, il generale col quale il romanzo ha inizio, un protagonista nel quale scopro essersi celata molta parte del carattere dello stesso Márai.
Henrik è ormai giunto alla fine di una lunga vita divisa tra i fasti della giovinezza, nella quale si muove con il garbo e l'amabilità del giovane e ricco ufficiale, e l'età matura, segnata da un destino che non gli risparmia una grande sofferenza.
In tutta la prima parte assistiamo alla descrizione di un'amicizia profonda, il perno su cui gravita l'intera giovinezza di Henrik, il suo legame con Konrad. Fra Henrik e Konrad si instaura un rapporto di fratellanza, l'uno ha nell'altro la possibilità di un completamento, l'altra faccia di se stesso e per diversi aspetti il proprio opposto. Come Henrik è ricco e socievole, così Konrad è povero e introverso, solo per citare gli aspetti più evidenti della differenza fra i due. Eppure sono legatissimi in un'amicizia suggellata dal padre di Henrik, che individua in Konrad un aspetto cui Henrik giungerà solo molto più tardi.
Sándor Márai (1900 - 1989) |
L'ideale "luogo" nel quale i due non hanno alcuna possibilità di trovarsi è la musica, un linguaggio che per Konrad è vitale e per Henrik solo un dovere.
Lasciamo i due giovani nel loro bel mondo intriso di valori e li ritroviamo vecchi, l'uno dinanzi all'altro, seduti accanto a un camino in cui si consumano le braci di un fuoco dapprima vivido, poi lentamente morente durante la notte in cui, quarantuno anni dopo il loro ultimo incontro, Henrik mette Konrad dinanzi alla rivelazione sofferta di una vita trascorsa nel desiderio di quella resa dei conti. Non svelerò altro per invogliarvi a leggerlo, perché davvero se ne esce soddisfatti.
Potrei definirlo un romanzo sull'amicizia, forse sul tradimento, oppure sulla solitudine, probabilmente sul destino di chi si avvolge nel ricordo di eventi che non riesce a strapparsi dalla memoria.
Non potremmo però immaginare Henrik diversamente da quello che è e che si svela nel lungo monologo-soliloquio che rivolge all'amico. Probabilmente perché parte vivissima della storia è proprio l'ambiente solitario e severo del castello immerso in quella piana, lontano dal fragore delle città, un luogo in cui i ricordi si ingigantiscono anno dopo anno e ne sono parte integrante, riecheggiano risolutamente fra le pareti tappezzate della magione ed esigono di non cadere nell'oblio, perlomeno fino a quando l'ultimo degli "attori" di questo dramma resta vivo.
Certo è che il lungo intervento di Henrik è un piccolo trattato sulla vita, sulle relazioni umane, sull'ineluttabilità della sorte. Ci sono domande, ma non avranno risposta, e questa sospensione è necessaria, non se ne resta insoddisfatti da lettori, perché fa parte dell'amalgama misterioso dell'esistenza umana.
La postfazione sulla biografia di Sándor Márai, morto suicida nel 1989, svela quanto l'autore abbia in comune col suo protagonista. Scrittore misconosciuto se confrontato con in grandi nomi del Novecento, troppo ai margini di un secolo nel quale invece si pone con altissima dignità. Da scoprire.
L'ho letto diversi anni fa e ne ho un ricordo così forte e bello che "Le braci" è diventato il libro che regalo più di frequente:-)
RispondiEliminaL'intreccio è essenziale ma, forse proprio per questo, ogni pagina ha una densità tale da metterti di fronte a tutte le questioni nodali dell'esistenza .
L'ho letto diversi anni fa e ne ho un ricordo così forte e bello che "Le braci" è diventato il libro che regalo più di frequente:-)
RispondiEliminaL'intreccio è essenziale ma, forse proprio per questo, ogni pagina ha una densità tale da metterti di fronte a tutte le questioni nodali dell'esistenza .
L'ho letto diversi anni fa e ne ho un ricordo così forte e bello che "Le braci" è diventato il libro che regalo più di frequente:-)
RispondiEliminaL'intreccio è essenziale ma, forse proprio per questo, ogni pagina ha una densità tale da metterti di fronte a tutte le questioni nodali dell'esistenza .
ciao! ( Giacinta del cavallo di Brunilde )
( non sono riuscita come al solito a commentare con il mio account.. )
Ciao Giacinta e buon anno (anche di letture).
EliminaIntreccio essenziale, il tutto palpita all'interno di quella resa dei conti. E' come se l'autore avesse preparato un terreno per poi cominciare a scrivere il nucleo della storia. So che ne è stata fatta una riduzione teatrale che mi piacerebbe vedere.
Anch'io ho letto Le braci quest'anno, dopo un sacco di tempo che aspettava il suo turno in libreria. Devo ammettere che la storia non mi è rimasta troppo impressa: l'ho trovata così delicata, quasi ricoperta degli stessi strati di polvere che ricopre le stanze inutilizzate di Henrik; eppure mi è piaciuta tantissimo la prosa di Màrai, mai meno che poetica. Infatti ho sottolineato e trascritto molte frasi. Concordo con te, infine, nella sensazione che quella mancanza di risposte sul finale, dopo tanta attesa, non lasci insoddisfatti. Al contrario, sembra dare ancor più valore alle pagine precedenti.
RispondiEliminaAnch'io ho trovato molto bella la sensazione di un'affinità fra le parole, la storia, il luogo. Quel castello... le sue stanze. Sembra possibile entrarci nel momento in cui immagini la cena così bene organizzata da Nini, lo scenario che Henrik riserva al suo ospite.
Eliminaromanzo con un posto d'onore nella mia libreria. mi fa piacere che lo abbia amato anche tu. fu il regalo graditissimo di un amico e ancora a volte ne parliamo insieme, sebbene siano passati diversi anni. quando un libro è potente fa questo effetto
RispondiEliminaDeve essere bello condividerne la lettura con qualcuno che lo ha particolarmente amato. Grazie, Mac!
EliminaSono bastate le prime righe di questo articolo, unite all'accostamento proposto da Maria all'opera di Roth e alle sue atmosfere, per convincermi a inserire questo libro in lista. I miei interessi sono sempre più calamitati dai fasti dell'impero austro-ungarico e verso le testimonianze del loro affievolirsi: trovo che la letteratura e l'arte generate in questo clima abbiano qualcosa di unico nel modo in cui parlano a chi legge e osserva.
RispondiEliminaConcordo. La storia ce ne ha restituito gli eventi storici, ma c'è un intero mondo culturale che va dalla letteratura alla musica all'arte che dovremmo comprendere sempre di più. Questa è una di quelle occasioni in cui mi rendo conto di quanto siano limitati i testi scolastici.
EliminaChe godibile recensione Luana! Márai è uno di quegli scrittori di nicchia tra i lettori: se ne sente sempre parlare ma poco e male e mi sono stupita per la grande differenza di anni tra la pubblicazione originale e quella in Italia.
RispondiEliminaMi ricorda "Altezza Reale" di Mann, ma questo di Márai sembra più coinvolgente e ricco. Grazie per il consiglio.
Grazie per il tuo apprezzamento.
EliminaNon ho mai letto Mann, più sopra si cita Roth, devo mettermi al passo con tutto ciò che finora non ho approfondito. Il punto è che le cataste di libri cominciano a farsi veramente ingestibili. :)
Questa è una lacuna da colmare, dunque. Molto interessante, molto.
RispondiEliminaTi piacerebbe senz'ombra di dubbio, Max.
EliminaL'ho letto, molto bello e suggestivo. Esprime meravigliosamente nostalgia per un'epoca che non esiste più.
RispondiEliminaSì, ha anche questo sapore.
EliminaEcco spiegato l'enigma misterioso del tuo ultimo commento sul mio blog, dove fai la tua allusione a questa coppia, Henrik e Konrad. E io che mi scervellavo, cercando il nesso. No, non conosco Sándor Márai, ma da come me ne parli tu mi sembra uno scrittore interessante, un po' a circolo chiuso, ma leggibile. Cosa che farò, perché c'è una sorte di affinità con un mio racconto di tanti anni fa, e me lo hai ricordato tu con questa tua recensione.
RispondiEliminaMi farebbe piacere un confronto fra pareri se leggerai questo mirabile piccolo romanzo. :)
EliminaLo farò. Penso di farmi un viaggetto in Italia a marzo o inizio aprile. Ogni volta che vado soggiorno diverse ore in un paio di librerie udinesi. Lo prendo, lo leggo, poi confronteremo le nostre sensazioni.
EliminaIo resto comunque a tua disposizione nel caso ti venisse voglia di farmi la prima domanda, da cui poi ti lasci ispirare per le successive. Così mi hai detto.
Ciao Lu.
Quell'intervista arriverà. Deve passare gennaio, sono immersa fra lavoro e teatro (debutto dello spettacolo Finding Anne Frank, 6 spettacoli fino a fine mese), da febbraio decisamente più libera.
EliminaUna segnalazione di pregio scritta con grande abilità. Grazie per la segnalazione, ho sentito parlare di Le braci ma non l'ho ancora letto. Lo farò al più presto. Intanto auguri di un anno felice
RispondiEliminaCiao carissima Luz, buon anno! :-D
RispondiEliminaPensa che a settembre ero andata all’Umanitaria ad ascoltare Paola Calvetti che presentava questo libro. Decisi subito di acquistarlo appena finito l’incontro – mi aveva colpito molto un passaggio sulla insondabilità dei sentimenti umani - ed è qui nella mia libreria, ancora intonso.
Ora apro il tuo blog e ne leggo la recensione: pare sia giunto il momento di leggerlo, dunque!
Tra l’altro, ho saputo che Jeremy Irons l’aveva portato in scena, a Londra, una decina di anni fa e, più recentemente, il compositore Marco Tutino ha ricevuto l’approvazione di Adelphi per adattare il romanzo in un’opera musicale.
Ciao Clementina, buon anno a te!
EliminaDecisamente allora è arrivato il momento di leggerlo. Conosco Paola Calvetti mediante Facebook e ho un suo libro, che ancora non ho letto.
Sapevo di quella piéce teatrale, direi che Irons è perfetto nel ruolo. Credo che sia un intreccio adattissimo anche a diventare un film.
Ho letto Marai sull'onda della sua riscoperta, detto in senso letterario.
RispondiEliminaHo iniziato con "L'eredità di Eszter", che pure ho apprezzato, e ho proseguito proprio con "Le braci", che ho trovato molto originale nell'impianto narrativo e avvincente sotto il profilo della tensione emotiva. Dopo questi due romanzi, ho provato a leggerne altri, ma con minore soddisfazione ed un crescente senso di ripetitività narrativa, se così si può dire, finché non mi sono imbattuta ne "La donna giusta", che è un libro unico, forse non immediato, ma il cui percorso di lettura è come un gioco di scatole cinesi: te lo consiglio.
Ciao Sabina, benvenuta.
EliminaPenso di leggere tutti i suoi romanzi, almeno quelli più noti, perché davvero mi piace moltissimo come scrittore. Al momento sto leggendo proprio "La donna giusta", travolgente. Uno di quei libri che non vedi l'ora di tornare a casa per metterti sul divano libera da impegni e leggere.
Passerò poi a "L'eredità di Eszter" credo proprio.
L'ho letto alcuni anni fa e ne conservo ancora un ottimo ricordo. Non dubito del fatto che un certo tipo di rancore possa nascondersi sotto le braci per tutta una vita. Ci sono offese che è impossibile dimenticare, anche se risalgono ai tempi della cosiddetta "stupidera".
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