Pagine

venerdì 30 maggio 2025

Il mago delle parole - Giuseppe Antonelli

Incipit: Quando entrò non ci fece una grande impressione. Aveva i capelli pettinati tutti precisi, con la riga da una parte. Giacca nera, pantaloni neri, cravatta nera sottile sulla camicia bianca. Neanche stesse andando a un matrimonio. Oggi direi azzimato, ma all'epoca non l'avrei saputo dire. È una delle tante parole che ho imparato dopo, comunque grazie a lui. Tu lo sai che vuol dire azzimato? Ci scommetto di no. Però ora non ho tempo di spiegartelo: magari appena hai un attimo vai a guardare sul vocabolario. Bisogna sempre avere a disposizione un buon vocabolario da consultare. Ormai basta pure un cellulare. Anche se, certo: leggerlo, il vocabolario, è un'altra cosa. Meglio quasi di un romanzo. Ma anche questa è un'altra storia: adesso voglio raccontarti della prima volta che è apparso in classe quello strano personaggio che negli anni successivi avremmo sempre rievocato come il mago delle parole.  

Maggio è per me un mese folle, frenetico e stracolmo di cose da fare. Ho raccontato l'avventura della grande chiusura dell'anno di laboratorio - e potete immaginare tutto il lavoro dietro - ma non scherzano neppure gli impegni scolastici. 
Maggio è il mese della chiusura anno scolastico, quindi il mese delle ultime verifiche, test di uscita, bilancio della progettazione annuale, scelta dei testi per l'anno successivo, collegio docenti, consigli di classe e ultime riunioni dei gruppi di lavoro per l'inclusione. Metteteci pure la formazione, con ore in presenza oppure online di aggiornamento riguardante i temi più disparati, ed è fatta. 
Un delirio di impegni. Oggi, chiudendo l'ultima settimana del mese, sono stremata, ma anche desiderosa di parlarvi di un piccolo romanzo/saggio che ho finito di leggere poco fa. 
A proposito, le mie letture del mese, vogliamo accennarne? 
Rubo qualche oretta buca, qualche ora mentre i ragazzi fanno compito in classe (se ho corretto i precedenti), le ore di attesa fra lezioni e riunioni pomeridiane. Tornata a casa, dopo un pranzo veloce, sono solita stendermi sul divano e farmi mezz'ora/un'ora di lettura prima di crollare nella siesta (che in questo periodo non ti rigenera granché) e poco altro. 

Ecco perché ho letto in fondo poco, rinunciando ancora una volta ad avventurarmi in tomi che attendono sullo scaffale da un pezzo e preferendo restare sulle 200 pagine e poco più. 
C'è da dire che maggio è stato anche il mese di una lettura condivisa con Marina Guarneri, Barbara Businaro e Darius Tred, ma non è stata una gran bella avventura. 😅
Ne parleremo. 
Nelle nostre scuole si ride troppo poco. L'idea che l'educazione della mente debba essere una cosa tetra è tra le più difficili da combattere. 
Gianni Rodari
Veniamo a questo librino di appena 174 pagine in cui si condensa una storia delicata e significativa, scritta con l'intento di svegliare un interesse attorno alle parole. Sì, perché il suo autore, Giuseppe Antonelli, non è un romanziere, ma un noto professore, docente di Storia della Lingua italiana all'Università di Pavia e curatore del Museo multimediale della lingua italiana. 
È anche molte altre cose, non ultima il fatto di essere autore di grammatiche per la scuola, autore di programmi per Raitre, curatore di rubriche di linguistica su vari giornali. 
Come è accaduto in passato, ho saputo del professor Antonelli dal delizioso programma televisivo Quante Storie, Raitre, che guardo quando ho orario più breve a scuola e riesco a beccarlo in tempo. 
Vero, si può recuperare su Raiplay, bisogna mettersi di buona lena e dedicarcisi.
In questo libro, Antonelli immagina che uno stravagante professore di Lettere si presenti alla sua nuova classe e faccia per un intero anno scolastico lezioni sui segreti della lingua italiana, riuscendo a coinvolgere e a generare negli alunni una fervida curiosità verso il lessico e gli usi della lingua. 
Nei vari capitoli ce n'è per tutti i gusti: etimologia, regionalismi, dialettismi, giochi di parole, nonsense, usi del volgare e perfino una specie di "setta" che gli alunni mettono su ispirati dal prof. 


Il primo vocabolario dell'Accademia della Crusca, 1612

Vi ricorda qualcosa? Ebbene sì, i riferimenti al professor Keating de L'attimo fuggente sono evidenti, come disse nella stessa intervista. Antonelli ci vuole dire che oggi, per coinvolgere gli alunni è necessario uscire dagli schemi e andare in un'altra direzione, è evidente. È come un sottotesto al piacevole intreccio, che è anche inverosimile sotto molti aspetti: il professore parla in un italiano troppo "alto" per acchiappare alunni delle medie, e gli alunni stessi mostrano capacità che come minimo si trovano in studenti del quinto superiore - ma quelli bravi bravi - per velocità e destrezza coi vari esercizi di stile. 
Insomma, intreccio molto improbabile, ma tutto sommato carino, anche solo per quella società segreta, l'Accademia d'arte grammatica che gli alunni mettono su all'insaputa del prof (sulla falsariga come dicevo della Setta dei Poeti estinti del bellissimo film con Robin Williams), nella quale gareggiano usando parole del vocabolario, detti, equivoci, anglicismi, ecc. 
Il bizzarro professore di Lettere prende le sue ore e le trasforma in ore di grammatica senza bisogno di libri, è tutto nella sua mirabile testa di "mago delle parole", crea un ambiente di apprendimento in cui gli alunni si sentono attratti perché stimolati nella loro curiosità, e si sentono capaci, tutti, di ragionare attorno alla straordinaria lingua italiana, insomma anche un grande esempio di inclusione
È il noto principio dell'istruire divertendo, ne ho accennato anche nel post sull'intelligenza emotiva. 
Dimmi e dimentico,
mostrami e ricordo
coinvolgimi e imparo.
Il prof, che non utilizza la smartboard ma costruisce con gessetti e pennarelli il suo percorso (dunque in tutto un analogico), non esclude dalle sue lezioni il mondo della comunicazione via social, dagli sms ai meme, alle abbreviazioni, ai neologismi. Non manca di ricordare ai suoi studenti che i più grandi grammatici non escludono i nuovi linguaggi, anzi li studiano con grande interesse, partendo dal presupposto innegabile che la lingua è in continua trasformazione, non è mai statica. I puristi, pertanto, tradiscono l'idea stessa di una lingua in evoluzione (ma sicuri che non si tratti di involuzione?). 
Nella storia trova posto anche la citazione di Luca Serianni come fervido assertore della metamorfosi della lingua, anche in accordo con i nuovi linguaggi della comunicazione veloce. 
Antonelli ci dice di non escludere nulla, di stare anzi attenti alla realtà che attorno a noi trasforma anche il nostro modo di approcciarci ai linguaggi. Anche se storciamo il naso dinanzi a forme nuove del parlare - per non dire dello scrivere brani rap ai limiti dell'oscenità aggiungerei - prendiamo in considerazione come questi fenomeni riescano a penetrare l'immaginario, quale sia il loro potenziale, cosa si è rotto perché abbiano il potere di arrivare alle masse. 
O semplicemente, ci insegna questo prof bizzarro, mettiamoci in ascolto senza dubitare che la lingua italiana madre, questa complessa struttura che abbiamo la fortuna di conoscere, resti imperiosa al suo posto almeno nel suo asse portante, perché nessun fenomeno di costume può seriamente minacciarne l'impalcatura. 


Scarabeo

Chiudo chiedendovi: quanti di voi sono appassionati dalla ludolinguistica da tavolo?
Io per esempio amo Scarabeo e Taboo in generale tutti i giochi di conoscenza del lessico e di abbinamento di senso - sulla falsariga della "ghigliottina" nel gioco televisivo de L'eredità
[In una settimana di sospensione delle attività didattiche ho dato agli alunni il compito di portare tante scatole di Scarabeo (ho scoperto essere un gioco molto diffuso nelle case) e in classe divisi in gruppi hanno giocato da veri appassionati. Segno che gli alunni amano giocare con le parole.] 
Per non dire la Settimana enigmistica! Ogni estate, libera dagli impegni di lavoro, mi tuffo letteralmente nei cruciverba - di tutti i tipi, da quelli comuni a quelli crittografati ecc. - e lo scorso anno ho scoperto di essere bravina anche in quelli senza schema, me n'è venuta una passione. 
A voi la parola è il caso di dire, vi leggerò come sempre volentieri. 

12 commenti:

  1. La conoscenza delle parole e più in generale gli aspetti di linguistica sono anche tra i miei interessi. Ma, poiché i miei interessi spesso tracimano, non sono riuscito ad approfondire come vorrei l'argomento. A lungo ho addirittura vagheggiato di leggermi un buon vocabolario etimologico della lingua italiana (!!!!!). Ma comunque, nei limiti delle mie possibilità, ho spesso spulciato qua e là testi che trattano in vario modo questi aspetti. Il primo e più importante è forse stato Esercizi di Stile di Raymond Queneau, nell'effervescente traduzione del rimpianto Umberto Eco. Qui, più che nella scelta di singoli termini, la trovata geniale è raccontare per 99 volte in modo diverso un semplice spunto di base, dando delle interpretazioni sempre diverse. Detto che non mi faccio mancare anche l'enigmistica, contraccambio la tua preziosa segnalazione suggerendo a te e ai frequentatori del blog due testi recenti che ho messo nel mirino: Le Parole Fanno il Solletico di Daniel Pennac, con l'adattamento in italiano di Stefano Bartezzaghi, sui modi di dire e sul loro effetto surreale se presi alla lettera e L'orso Bianco Era Nero: Storia e Leggenda della Parola di Roberto Vecchioni.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Stefano, dal tuo prezioso commento scaturisce questa risposta entusiastica: conosco il testo di Queneau (non poteva mancare sui miei scaffali), che acquistai dopo aver visto a teatro una sua splendida trasposizione con il bravissimo Francesco Pannofino. Un caleidoscopico susseguirsi di scene in cui il cambiamento di registro del racconto della stessa storia mutava assieme a scenografie mobili e cambi di costume velocissimi. E immagina anche voci, postura, tutto. Insomma una gran genialata. E poi... proprio ieri ho preso in libreria l'ultimo testo che citi, quello di Vecchioni! E proprio a Quante Storie pochi giorni fa lo avevo sentito parlare di questo suo libro sulle origini di tante parole. Di Vecchioni mi piace il taglio "professorale" in senso buono delle sue argomentazioni e a parte lo scivolone di qualche mese fa, lo ascolto sempre molto volentieri. Intanto metto in lista il tuo suggerimento su Pennac (di ho letto tutta la saga di Malausséne - che ricordo meraviglioso!, Diario di scuola, Grazie, Come un romanzo).

      Elimina
  2. Un giorno ero sul divano sfogliando il vocabolario e alla mamma che mi chiedeva cosa stessi facendo risposi: "semplice, leggo tutti i libri del mondo" ;) ..ma non smetterò mai di consigliare Centuria di Giorgio Manganelli, un testo universale di letteratura, magheggio, intrattenimento e ludolinguistica applicata.. ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un testo che devo assolutamente recuperare dopo aver conosciuto il genio di Manganelli nella sua analisi critica di Pinocchio!

      Elimina
  3. Sono appassionata di Settimana Enigmistica da decenni ma acquisto solo quella edita Da Bresi, quella originale per capirci, dove cerco il Bartezzaghi per cimentarmi con le parole crociate più complesse. La compilo tutta, trovo che sia il passatempo più bello e rilassante, perfetto per una vacanza o un momento di relax. Amo meno i giochi di parole ma c'è da dire che ho perso l'abitudine ai giochi da tavolo già da tempo. Adoro invece i libri sia sul linguaggio, l'ultimo che ho letto, credo di non sbagliarmi, è Grammamanti di Vera Gheno, ma resto sempre piacevolmente colpita dalla narrativa che usa parole o forme sintattiche che non conosco e che completano la mia conoscenza della lingua. Le parole sono in generale la mia passione. Credo che accomuni molti di noi...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho ascoltato ultimamente Bartezzaghi, che gran personaggio che è, quale padronanza del lessico, della lingua e di tutte le amenità a questi connesse. Grammamanti è uno di quei libri della Gheno che mi prefiggo di leggere. :)

      Elimina
  4. Un doveroso pensiero va al povero prof. Serianni, che in casa mia era molto stimato, dopo essere entrato personalmente in contatto con i miei figli (per un progetto al liceo). Le parole, che meraviglia! La lingua italiana, che meraviglia! Un'altra grande linguista ne parlava con un trasporto coinvolgente: Donata Schiannini, di cui ho un libro che mi è stato regalato e ho letto con molto interesse. Anch'io ho sempre amato i giochi che "giocano" con le parole. Mi hai pure fatto ricordare la mia cara amica Daniela (che, purtroppom, non c'è più): studiavamo insieme per gli esami di avvocato e quando finivamo ci facevamo partitone di Scarabeo fino all'ultima tessera. Bei tempi! E ho amato in passato (ma ci giocherei ancora) il Paroliamo, quello con i dadi con le lettere. Adesso non passa giorno che io non sfidi qualcuno a Ruzzle, via web. Con me sfondi una porta aperta, cara Luana.
    (A proposito, io sono ancora al capitolo 13 di quel romanzetto condiviso con Barbara e Darius: non riesco a farmelo piacere, sigh!)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quando il prof. Serianni morì in quelle circostanze tragiche mi dispiacque immensamente. Molti colleghi e colleghe hanno avuto la fortuna di laurearsi proprio con lui e ne conservano un ricordo nostalgico e molto intenso. Che fortuna deve essere stata. Sono contenta che anche i ragazzi abbiano potuto conoscerlo. Anni fa teneva alcuni corsi in asincrono, quando fiorirono decine di percorsi di formazione online, sono ancora una bellissima risorsa.

      Elimina
  5. C’è stato un periodo della mia vita in cui dedicavo parecchio tempo libero, nelle serate invernali con gli amici, ai giochi da tavolo. Taboo era uno dei giochi più gettonati. Guardo spesso l’Eredità ma ho sempre giocato poco con la settimana enigmistica, anche se mi sono cimentata spesso con i cruciverba in passato, soprattutto qualcosa erano proposti da alcune riviste (non ricordo se era Sorrisi e canzoni o qualcosa di analogo tipo tutto tv…)
    E poi c’era il gioco del vocabolario, forse ne ho parlato in un mio post, oltre al famoso gioco “città, animali, cose ecc”
    Con le parole è sempre piacevole giocare

    RispondiElimina
    Risposte
    1. I giochi da tavolo hanno una bellezza particolare, ci ricordano sempre i momenti in cui ci siamo aggregati (e ancora la facciamo) attorno a un gioco e per il fine di stare insieme. Anch'io mi ricordo di Taboo, era divertentissimo.

      Elimina
  6. Giochi da tavolo con le parole no, in effetti non ne ho mai avuti. Da noi andavano più le classiche carte trevigiane o, tipico delle feste natalizie, il Monopoly dove gli zii battagliavano anche per 3 ore di fila, tra passaggi, case, alberghi, tasse e accordi commerciali. Però le persone più pazienti della famiglia sì, le ho sempre viste con La Settimana Enigmistica in tasca, che ogni momento era buono per loro (e forse una scusa per isolarsi in pace). Io mi ci sono avvicinata da adulta, mi piace più Il Mese Enigmistico, solo perché è colorato, con le pagine più resistenti e soprattutto mi dà un mese di tempo per tentare di completarlo!
    Talvolta me lo porto in vacanza, ma ahimè è qualcosa che mi toglie tempo alla lettura. Quindi tocca scegliere e decido a seconda dell'umore.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In estate capita anche a me di acquistare Il Mese Enigmistico ma continuo a preferire la Settimana. Adoro che abbiano lasciato l'impaginazione di tanti anni fa, mi sa proprio che ci dedico un post prima o poi. :)

      Elimina